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“Sessanta novelle popolari montalesi”, il dialetto come mezzo di espressione: preservare il vernacolo nel mondo del globalismo sfrenato e insensato

Il patrimonio dialettale sia una vera e propria ricchezza da preservare, più che mai oggi, al tempo di un disarmonico globalismo che sembra atto non a valorizzare la cultura di ciascuno, ma anzi a forzare verso un’insana uniformità e piattezza

12 Maggio 2025

“Sessanta novelle popolari montalesi”, il dialetto come mezzo di espressione: preservare il vernacolo nel mondo del globalismo sfrenato e insensato

Il patrimonio dialettale è sicuramente emblematico. Credo che con l’andare avanti nel tempo acquisirà sempre maggiore rilevanza, questo per l’importanza di mantenere vivo il patrimonio culturale. Ci si chiede inoltre se l’intelligenza artificiale, oggi sempre più preponderante, sarà in grado di imitare perfettamente i dialetti, come già fa per l’italiano corrente. Io dico che no, non ce la farà, e per questa ragione il vernacolo potrà forse rifugiarsi in una certa sacralità e autenticità.

In tal senso, ci sono tante opere letterarie che meritano di essere trattate. Un piccolo capolavoro, seppur poco conosciuto, è “Sessanta novelle popolari montalesi” di Gherardo Nerucci, scritto in dialetto toscano, più precisamente pistoiese, una raccolta di fiabe pubblicata nel 1880. Italo Calvino ne selezionò poi sedici per includerle nella sua celebre antologia “Fiabe italiane”. Lo scrittore ligure apprezzò particolarmente lo stile narrativo di Nerucci, lodandone la vivacità espressiva e la naturalezza con cui sapeva rendere il linguaggio popolare in forma scritta.

Una silloge di circa cinquecento pagine, letta in un’edizione Rizzoli del 1977, curata da Roberto Fedi, con sessata storie di fantasia, tutte da leggere. Tra queste c’è anche “Fanta-Ghirò, persona bella”, proprio a questa si rifà la celebre miniserie televisiva del 1991, diretta da Lamberto Bava.

"Che mal ci sarà egli a provarmi, babbo? Vedrete, che non vi farò disonore, se mi mandate."

"Volse il Re provare anche lei, e al servitore gli diede i medesimi comandamenti: 'ntanto Fanta-Ghirò si vestì da guerrieri, colla su' spada, le pistole, la montura; pareva un bel dragone valoroso. Montano a cavallo e via, coll'assercito dreto. Passano il canneto, passano la palaia, e Fanta-Ghirò zitta. Arrivati al confino, Fanta-Ghirò si volse abboccare col Re nimico, che era un bel giovinotto sderto.

Proprio lei, la donna emancipata e guerriera, che alla fine, nonostante tutto, saprà guadagnarsi l’amore e il rispetto del re, qui dove possiamo assaporare il delicato dialetto montalese, intriso della sua naturale eleganza e ironia.

Un libro insomma da leggere in modo disteso, grazie anche a un vernacolo facilmente comprensibile e che non per questo perde la sua raffinatezza. Un volume che dimostra come il patrimonio dialettale sia una vera e propria ricchezza da preservare, più che mai oggi, al tempo di un disarmonico globalismo che sembra atto non a valorizzare la cultura di ciascuno, ma anzi a forzare verso un’insana uniformità e piattezza.

Di Stefano Duranti Poccetti

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