31 Dicembre 2024
Senza poterti salutare ancora, no, non lo accetto. Dannazione tu e la tua mania di sparire. Quelle tue lunghe latitanze, sempre troppo lunghe. Ingiuste. Senza senso. Neanche ti sei fatto sentire che avevo il cancro. E non è per il cancro, è per non averti sentito più che adesso piango. Per non poterti salutare mai più. Tu e quel tuo non risparmiarti mai, mai, testa di cazzo, sapendo che il cuore malandato non te lo consentiva. Dovevo morire prima di te, Dio sa quante volte ti ho cercato e adesso non potrò più sentire la tua voce, “ciao bell'uomo!”. Non lo sopporto. Non ti sopporto. Cosa cazzo sto dicendo? Scusami, sono sotto choc. È la cosa più difficile che abbia mai scritto questa. Stavi dietro, a suonare, a ricamare suggestioni mentre recitavo l'addio a mio padre. Quante volte, dappertutto. E ne avevo imbarazzo, perché troppo bravo eri, e lo sapevo. Troppo artista, troppo di tutto Paolo, di canzoni e di contraddizioni. Maledico tutti quei viaggi, quei palchi, quelle confidenze, quegli addii, quegli abbracci, quelle canzoni sentite prima di tutti, quelle latitanze, quelle confidenze. Perché eri il più bravo e non ho mai capito come facessi a stupirmi sempre, io che la musica la conosco, ma non riuscivo mai a immaginare la tua poesia, dove andava a parare. Era sempre meraviglia. Ed era sempre fatica, una pena. Io lo so la tua fatica, quel ripartire a notte fonda, quell'arrivar sempre convulso, quel correre sempre per lasciare indietro tutto, per agguantare una nuova intuizione e non ti risparmiavi, dannato che sei. Ma io lo so come è andata. Adesso che finalmente sfondavi, che ti veniva riconosciuto l'immenso talento, il premio Tenco, in Rai con Bollani, i dischi meravigliosi nuovi e le nuove vite dei dischi meravigliosi, tu hai deciso di darci dentro ancora di più. Col fatalismo dell'entusiasmo, ma sì, succeda quel che cazzo deve succedere. Ma io non lo accetto, così, senza poterti salutare ancora no, senza poterti rimproverare una volta ancora, “sei sparito, eh, cazzone, te ne sei fregato, hai fatto i soldi, eh?”, no, non ci riesco. Non me ne rendo conto che non potrò mai più, non mi faccio una ragione di aver perso tutto quello che ancora avresti dato. Non mi do pace che te ne vai quando finalmente cominci a sorridere. E non c'eri e non c'ero. Ero un tuo ammiratore, umilmente, anche adesso che non c'eri. Ma anche se non ci sentiremo più non per questo ti lascio stare. Tutti devono sapere che eri il migliore, resti il migliore e lo sai che non lo scrivo adesso, te l'ho sempre detto e l'ho sempre detto a tutti. E non lascerò spegnere la fiaccola del tuo amore, fatta di un'arte sublime e irripetibile. Che brutto anno, che mi muore tutto addosso, che anno di addii di vetro e non sono pronto. Non si è mai pronti ma non si va via così, all'ultimo dell'anno, senza salutare, anche se devo ammettere che questo è proprio da te. Magari non ti saresti fatto sentire più, Dio solo sa quante volte ho provato, ma non me ne frega niente, non è per quello che sono incazzato, posso anche capirlo, quello che non mi va giù è la distanza incolmabile ormai, la fine di tutto. Eri il migliore e sei uno stronzo. Scusa, sono sotto choc. Come si fa a piangere per uno che ti ha deluso? Ma così, senza abbracciarti l'ultima volta, senza sapere che è l'ultima, così no, perché sono passati troppi vortici dall'ultima volta e non ho neanche potuto raccontarti la paura e che ero morto anch'io. E adesso ti scrivo che non sono più io, credimi, ho solo in testa tutte le tue canzoni e una disperazione, una disperazione che non immagini. Di morti tante, ma è la prima volta che quando ne ho conoscenza mi rifiuto e penso, mi stanno solo pigliando per il culo, vogliono ammazzarmi a me, vogliono vedere come reagisco. Un'altra cosa che non posso reggere è che adesso tutti diranno che eri il migliore, ma io l'ho sempre saputo e te l'ho sempre detto. Sempre, sempre. “Ah, sei il migliore”, “ma che cazzo dici, il meglio sei tu”. Quante notti. Scusami, anche per questa merda di saluto, ma sono sotto choc, non so cosa sto dicendo, non riesco a parlare, figurati a scrivere. Riesco solo a piangere. E per favore non farmi quel sorrisino tra l'affettuoso e l'ironico, che proprio non è il caso. Sei morto, cazzo! Sei morto, se non lo sai. Se ti vedo esanime, con gli occhi aperti, quegli occhi che vedevano così lontano, così in fondo. Adesso che senso ha ascoltarti ancora, mettere su i tuoi dischi e ricordare quando nascevano? E ricordare tutte le strade e i palchi e le ammissioni e i pettegolezzi e gli abbracci e la distanza, la mancanza, e sei andato via e ci restavo male e adesso non posso più dirtelo? Scusa, questa è la cosa più assurda che abbia mai scritto e l'ho scritta per te. Fa schifo, ma non è colpa mia, è colpa tua. O di nessuno. Di niente. Non lo so. Non so più niente. Scusa, non riesco a parlare, figurati a scrivere. Non dimenticarti di me adesso che hai l'infinito da spendere. Vieni a trovarmi, ogni tanto, come puoi. Non lasciarmi ancora qui da solo.
Massimo
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