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La magistratura tra etica e politica

15 Novembre 2024

La magistratura tra etica e politica

Claudio Togna - Coordinatore del Comitato giustizia del C.I.S.

La tensione tra le forze di governo e la cosiddetta magistratura "politicizzata" di sinistra sta raggiungendo il limite massimo sopportabile.

Individuare le origini della tensione tra magistratura e politica risulta determinante per rettificare alcuni luoghi comuni.

Dal 1992 con quel processo che venne mediaticamente definito come "Mani Pulite" (che già nel nome evoca le finalità etiche e che ha comportato l'azzeramento di una intera generazione politica e l'annientamento dei partiti novecenteschi non di sinistra) la magistratura si è ritrovata a riempire il vuoto  lasciato dalla politica.

Vuoto reso ancora più grave dalla rinuncia della politica, umiliata e decimata, anche a quel presidio costituzionale costituito dall'autorizzazione a procedere che fu voluto dai padri costituenti quale guarentigia della politica nei confronti dell'invadenza della magistratura. E da qui bisogna partire.

Oggi, essendo stata abolita la autorizzazione a procedere e non essendo più richiesta l'autorizzazione per l'arresto o il mantenimento in detenzione di un parlamentare in esecuzione di una sentenza irrevocabile, è possibile che le Camere si vedano private di un loro componente e vedano, quindi, alterata la loro composizione per l'ordinario decorso di un processo. Non solo ma con la riforma del 1993 veniva apportata una modifica al primo comma dell'art. 68 stabilendo che i membri del Parlamento non possono essere "chiamati a rispondere delle" (invece che "perseguiti per le") opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. 

Con tale modifica non solo è venuto meno il principio che le decisioni parlamentari fossero atti politici assolutamente discrezionali e non soggetti ad alcun controllo di tipo giuridico ma con la sentenza della Corte Costituzionale n. 1150/88 è stato affermato il principio che la deliberazione delle Camere in materia di insindacabilità possa essere sottoposta al controllo della magistratura in sede di conflitto di attribuzione sollevato dai giudici ordinari in modo da rendere verificabile il corretto utilizzo della prerogativa da parte del Parlamento.

E' di tutta evidenza che il numero dei conflitti di attribuzione richiesti dalla magistratura ordinaria risulta esponenzialmente aumentato.

Perchè i padri costituenti introdussero uno strumento di guarentigia a favore della politica nei confronti della magistratura?

Per il motivo noto a tutta la storia occidentale, ed in particolare alla Francia, della tentazione costante della magistratura ad assumere non solo la struttura di un potere dello Stato ma finalità "etico politiche".

Vi è sempre stato negli ordinamenti giudiziari europei usciti dalla rivoluzione francese il ricordo ancestrale di una magistratura "etica" che assume quale propria funzione non il perimetro normativo dello "ius positum" delineante le fattispecie di reato bensì la funzione di guida "etica"  che, indipendentemente ed oltre la fattispecie giuridicamente delineata, indirizzi e possa perseguire comportamenti da essa magistratura non ritenuti "etici".

Tale tendenza risulta implementata dall'avvento di partiti populisti quale quello del Movimento 5 Stelle della prima era Grillo nella cui visione politica la giustizia, in particolare penale, costituiva l'elemento fondante di una rivendicata rivalsa sociale (spesso fondata sull'invidia e sul sospetto) nei confronti di un mondo politico, industriale, economico, finanziario, definito con dei concetti da protorivoluzionari di sinistra novecenteschi, decadente e corrotto.

"Il potere logora chi non ce l'ha" chiosava Andreotti e forse è vero e forse non è vero.

Ma è vero invece che il potere una volta assunto diventa dolorosissimo abbandonarlo.

Come già chiarito da autorevoli autori l'eticità può essere appannaggio di poteri o regimi teocratici od anche autocratici ma non di democrazie liberali che si sostanziano in uno stato votato alla laicità

Un potere quindi dello stato che, esondando dal proprio perimetro, fosse tentato dal perseguire i propri valori etico politici e non l'applicazione del diritto positivo nel suo invalicabile perimetro aggiungerebbe, di fatto, al potere costituzionalmente dato un potere non costituzionale ed auto attribuito  che, fatalmente, impatta con la carta costituzionale stravolgendola.

La riforma della giustizia risulta quindi necessaria proprio al fine di ripristinare e ribadire i principi stabiliti dalla nostra carta costituzionale di una nazione laica e non etica che ha già conosciuto, come altre nazioni d'Europa, gli orrori di un potere giudiziario con finalità etico-politiche.

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