12 Marzo 2024
E’ per me un onore e un piacere essere qui questa sera a dialogare con la nostra ospite e con voi. Da dissidente liberale, soffro la solitudine. In Italia il pensiero liberale è sempre stato confinato ai margini del dibattito culturale e politico al punto che, quando per la prima volta il Partito Liberale Italiano superò in un’elezione politica il 2% dei consensi, il Segretario Giovanni Malagodi, persona spiritosissima, domandò ai suoi più stretti collaboratori: “Troppi voti. Dove abbiamo sbagliato?” È una regola di vita da tenere sempre ben presente: “Chi è elitario non può essere popolare”. Elena Basile è una persona che avrebbe potuto continuare a scrivere i suoi romanzi, pubblicati da casa editrici importanti e letti anche all’estero, ma che invece ha avuto il coraggio di esporsi personalmente, prendendo posizioni che le sono costate attacchi personali da parte di inqualificabili colleghi giornalisti. Un liberale è tale quando crede fermamente che il fondamento della società umana sia il contratto sociale. Non crede nelle ideologie, nel diritto naturale, detesta il pensiero dogmatico perché crede nella negoziazione permanente, nello scambio di idee come linfa vitale della società. Non mi stupisce osservare che nel nostro paese - dove l’ideologia liberale non ha mai attecchito a causa dell’ingombrante presenza delle due parrocchie, quella cattolica e quella marxista - la maggior parte dei giornalisti attacchi i portatori di idee non ortodosse sul piano personale, cosa che è la negazione assoluta della mentalità liberale. Nel caso di Elena Basile, attaccare la persona è stata una necessità oggettiva, perché confutare le sue idee avrebbe richiesto una cultura generale, un approfondimento dei problemi e un costante aggiornamento su temi complessi come la geopolitica e l’economia che erano molto al di là della competenza media di un giornalista italiano. Non faccio nomi, ma non basta portare le bretelle ed avere il passaporto americano per essere autorevoli. Elena Basile è l’incarnazione dell’intellettuale dissidente che ha risposto a un imperativo di coscienza. Potrei citare molti altri nomi, ugualmente autorevoli, ma preferisco tentare di identificare i tratti distintivi di questi esseri umani che in un momento in cui il buio della mistificazione dei media mainstream era intollerabile hanno contribuito, ciascuno nel suo ambito, a tenere accesa una luce. Il primo è la cultura: mai come in questi quattro anni ci siamo accorti del baratro culturale in cui è caduto il nostro Paese. Qualche giorno fa, il filosofo Massimo Cacciari ha terminato un suo scritto rimpiangendo gli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini. Li rimpiango anch’io, ma il punto, oggi, non è tanto la mancanza di un Pier Paolo Pasolini: il punto, piuttosto, è che oggi a Pier Paolo Pasolini verrebbe impedito di scrivere e di esprimere opinioni sui media nazionali. Memorabile il caso di Enrico Mentana che si rifiutò di ospitare chiunque mettesse in discussione la narrativa governativa sulla pandemia e sui vaccini. Elena Basile è una donna di vasta cultura e con alle spalle un’importante carriera diplomatica. Cultura quindi, abbinata a grande competenza specifica in materia geopolitica. Il secondo tratto distintivo è il coraggio. In un mondo è dominato dalla paura, dove chiunque si sente all’altezza di prendere posizione – soltanto sui social, dove al massimo si rischia di essere bannati - su temi di cui nulla conosce, occorre coraggio per confutare apertamente, dalla televisione nazionale, la mistificazione dominante sui media nazionali. Spesso, si paga un prezzo. Molti di noi lo sanno bene, discriminati perché free Vax, pacifisti e critici nei confronti della politica, che ormai è una foglia di fico insufficiente a coprire la verità scandalosa: l’Italia è una colonia americana, un Paese a sovranità limitata, poco più di una porta aerei che si allunga nel Mar Mediterraneo, geograficamente perfetta per fungere da base militare. Naturalmente, ci abitano gli italiani. Convinti di abitare in un paese democratico, di esercitare la sovranità quando vengono chiamati alle urne, disposti a difendere la democrazia ad ogni costo, senza nemmeno sapere cosa significhi democrazia in concreto in questo momento storico particolare. E qui torno al prezzo che molti di noi dissidenti hanno pagato: in democrazia, la maggioranza non esercita la dittatura sulla minoranza. Non può definirsi democratico chi violi i diritti umani e costituzionali di chi non la pensa come lui. Quale democrazia dunque? È vero, non siamo ancora al carcere, alla tortura e all’omicidio dei dissidenti. Eppure, esistono segnali di allarme. Rammento spesso una frase di Ernst Junger: ““Le masse, nel nostro Paese almeno, si trovano in una situazione che impedisce loro di rendersi conto delle violazioni della Costituzione. La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità, per esempio quando il partito al potere si assicura una maggioranza favorevole a modificare la Costituzione. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferreranno mai questa contraddizione”. (Ernst Jünger, Trattato del ribelle).” Il terzo e ultimo tratto distintivo di noi dissidenti è la curiosità. Mentre la maggior parte dei nostri connazionali si ritiene aggiornata perché ha ascoltato i dibattiti televisivi, noi passiamo le nostre serate davanti ai nostri computer. Abbiamo imparato a conoscere John Mearsheimer, Jeffrey Sachs, Douglas McGregor, Andrew Napolitano, Scott Ritter e molti altri protagonisti del dibattito politico nord americano. Leggiamo i libri del professor Klaus Schwab, di Yuval Noah Harari, di Boni di Castellane, di Davide Rossi e di molti altri. Leggendo il saggio di Elena Basile, ritroviamo le idee di John Mearsheimer e Jeffrey Sachs, idee che come Elena Basile condividiamo, così come condividiamo le critiche alla politica espansionistica della Nato dettata dai Neocons americani. È un piacere leggere Elena Basile, non soltanto perché è una di noi, una persona coraggiosa che la pensa come noi sui temi più importanti di questo distopico presente, ma soprattutto perché è una scrittrice ed è stata capace di riassumere concetti complessi in maniera ordinata, perfettamente comprensibile e godibile. Di questo la ringrazio, le auguro tutto il successo che si merita (il saggio è già il secondo posto nelle classifiche dei libri più regalati) e spero che gli attacchi personali, le bassezze di coloro che hanno cercato di screditare la persona perché non erano in grado di confutare le sue opinioni, non la facciano desistere dal suo impegno civile e politico. Concludo con una frase di Claudio Magris: “Una società liberale deve permettere a un individuo quasi tutto – le sue idee, i suoi piaceri, i suoi desideri, le sue manie – e vietargli categoricamente quelle poche cose che possono fare di lui un aguzzino, grande o piccolo, di altri individui.” Milano, 11 marzo 2024 Avv. Alfredo Tocchi, LL.M.
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