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“L’allieva” di Mario Sironi, quando l'opera del "notissimo sconosciuto" riportò l’ordine nel futuro

Di Sironi, da alcuni definito un “notissimo sconosciuto”, e del suo talento dimenticato ed ignorato in Italia, Picasso scriveva: “Avete un grande artista, forse il più grande del momento, e non ve ne rendete conto”. Ancora oggi le sue opere presenti nei palazzi ministeriali a Roma vengono con precauzione nascoste dietro grandi teloni

16 Dicembre 2023

Quando “L’allieva” di Mario Sironi riporto’ l’ordine nel futuro

"L'allieva", di Mario Sironi

“L’allieva” è un dipinto olio su tela di 171.5 x 137.5 cm realizzato tra il 1922 e il 1923 dal pittore italiano Mario Sironi (Sassari, 12 maggio 1885 – Milano, 13 agosto 1961) ed attualmente conservato in una collezione privata. L’opera è stata esposta per la prima volta nel 1924, alla XIV Biennale di Venezia, dove il gruppo milanese “I Sette Pittori del Novecento”, di cui Sironi era fondatore, avevano ottenuto un proprio spazio espositivo. In quella occasione le opere di Sironi, compresa questa, vennero totalmente ignorate da critica e pubblico.

Mario Sironi, indubbiante uno dei più grandi artisti del novecento, è stato definito un “notissimo sconosciuto”.

“Avete un grande artista, forse il più grande del momento, e non ve ne rendete conto” scrive però Pablo Picasso parlando di Mario Sironi e del suo talento dimenticato ed ignorato in Italia. L’oblio dura fino agli anni Ottanta del secolo scorso, quando Jean Clair sceglie come immagine simbolo della mostra parigina tenuta tra il dicembre del 1980 e l’aprile del 1981 al Centre Pompidou “Les réalismes. 1919-1939” proprio una sua opera: “L’allieva”, per l’appunto.

Mario Sironi è il secondo di sei figli. Nella sua famiglia vi sono architetti, artisti, musicisti

La formazione di Sironi avviene a Roma, dove la famiglia si trasferisce un anno dopo la sua nascita.

Nel 1902 si iscrive alla facoltà di ingegneria, ma l'anno successivo è colpito da una crisi depressiva, primo sintomo di un disagio esistenziale che lo accompagnerà tutta la vita. Abbandona quindi l'università e, incoraggiato dallo scultore Ximenes e dal pittore Discovolo, si iscrive alla Scuola Libera del Nudo in via Ripetta sempre a Roma. 

Durante la prima guerra mondiale combatte nel Genio Civile, dopo aver seguito i corsi per Ufficiali Fotoelettrici a Torino e a Padova. È in prima linea fino al 1918. 

Successivamente Mario Sironi si iscrisse al partito fascista ma che cosa questa partecipazione significhi se giustapposta al nome di Mario Sironi è una questione complessa, considerato ancora oggi un tabù. Sironi aderisce al fascismo nel 1919 e nel corso della propria vita ha un’ interlocuzione diretta con Benito Mussolini. Non occorre calarsi nei meandri del suo carteggio con Mussolini per capire che Sironi crede, anzi, confida nel fascismo con intensità maggiore a quella degli altri futuristi.

L’8 settembre 1943 Sironi aderisce alla Repubblica di Salò, seguendo con crescente angoscia l'evolversi degli eventi.

Il 25 aprile 1945 rischia anche di essere fucilato: esce in strada fra gli spari, a Milano, e viene fermato a un posto di blocco da una brigata partigiana. Sarebbe stato ucciso se Gianni Rodari, che faceva parte della brigata e l'aveva riconosciuto, non gli avesse firmato un lasciapassare.

Ancora oggi i suoi grandi dipinti presenti in alcuni dei palazzi che ospitano i ministeri della nostra Repubblica sono coperte con precauzione dietro altrettanto grandi tele oscure.

Se il valore principe di Marinetti e dei suoi è la velocità, e dunque il movimento, per Sironi è quel che in pittura contraddice la velocità, ovvero il volume. La volumetria è un valore classico, il valore della stabilità, dell’eterno, del monumento; se non che Sironi dipinge antimonumenti volumetrici, spettri di fabbriche, esoscheletri di cisterne, la matematica delle ciminiere.

Non solo Mario Sironi infiltra la sua tristezza disillusa nel movimento delle maree multicolori e polifoniche, ma contraddice pittoricamente tutto quello che i capolavori dei suoi colleghi hanno testimoniato; dipinge l’irremovibilità degli edifici, la costrizione statica. In Sironi il vento non è amico del ciclista, è massa d’aria che oppone resistenza al movimento della bicicletta; Sironi non dipinge il muscolo, ma la fatica.

“L’allieva” è oggi unanimemente considerato uno dei manifesti del “ritorno all’ordine”, inteso come una netta ripresa della tradizione classica e rinascimentale. Nel primo caso, è facilmente riscontrabile nel dipinto la presenza di una statua antica, insieme a quella di oggetti che richiamano il mondo greco (anfora) e il suo amore per la geometria (squadra, piramide). La classicità   rappresentata nella tela è un sogno vagheggiato, una meta imprendibile, a dimostrazione della vana ricerca di un rigore ormai perduto dopo l’esperienza del primo conflitto mondiale. Il quadro è accostabile, per la posa e per la malinconica espressione, ai ritratti di dame del Quattro-Cinquecento; allo stesso modo la luce metafisica del dipinto e i rapporti cromatici che ne scaturiscono richiamano la pittura di Piero della Francesca. Tutto questo avviene senza rifiutare le esperienze delle avanguardie storiche. Il risultato di questa poetica è un realismo privo di fini sociali, una sorta di sublimazione del quotidiano.

Di Giovanni Conticelli.

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