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Il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi apre la stagione del Teatro alla Scala, tema: rapporto tra religione e potere

La religione che diventa potere permette purtroppo ogni tipo di efferatezza, perché il diritto passa dalla sfera naturale a quella soprannaturale e il soprannaturale è sempre imperscrutabile, soprattutto per chi, vivendo sulla terra, non ne ha mai potuto avere accesso

02 Dicembre 2023

Il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi

Fonte: Twitter, @RaiCultura

L’opera lirica di Giuseppe Verdi che aprirà la stagione del Teatro alla Scala il prossimo 7 Dicembre 2023, ripropone nella sua drammaticità, un tema di permanente attualità: il rapporto tra religione e potere.

Nel 1500, periodo in cui è ambientata l’Opera del Compositore, l’alleanza tra l’Imperatore Filippo II e la Chiesa Cattolica aveva creato un ferreo sodalizio di potere, in cui al primo era assegnata l’autonomia delle armi ed il governo del mondo, mentre al secondo era riconosciuta un’autorità assoluta in campo religioso, cui anche il Re doveva sottomettersi.

Il Tribunale dell’Inquisizione, originale ed autonoma struttura di comando, giudicava i sudditi tra fedeli ed infedeli. Per questi ultimi era generalmente prevista la pena di morte, che avveniva per impiccagione davanti ad una folla festante, che prediligeva queste macabre cerimonie.

Identica fine agghiacciante aveva colpito, nell’Opera Verdiana, anche il figlio dell’Imperatore spagnolo Carlo, il protagonista del dramma.

Impressionante è l’attualità di quel messaggio e di quella descrizione, riportate ai giorni nostri.

Sono cambiati soltanto i protagonisti.

Sgonfiatosi il potere temporale dalla Chiesa Cattolica, che accetta ormai ogni forma di diverso credo religioso, ritenendo ciò utile per la propria sopravvivenza, ci troviamo difronte ad un nuovo potere che uccide barbaramente e selvaggiamente in nome della fede, questa volta Coranica.

In Iran ed in Afghanistan, ciò è il risultato di una egemonia civile e religiosa integrata, come ai tempi dello Stato Pontificio, mentre in altre parti del mondo islamico i due poteri sono formalmente separati, anche se poi agiscono stabilmente insieme.

L’intuizione grandiosa del Tribunale dell’Inquisizione era stata quella di separare le due sfere decisionali. Quel Tribunale infatti decretava soltanto la natura eretica dell’incriminato, mentre a quello che veniva chiamato allora il “braccio secolare” laico, era poi demandata formalmente la definizione della pena, che già si sapeva essere quasi sempre la condanna a morte.

Questo lasciava però “formalmente” immacolata e linda la coscienza dell’Inquisitore: l’omicidio non era infatti addebitabile alla sfera religiosa!

Erano sottigliezze geniali, che soltanto un’Istituzione da cui è sorto l’Ordine dei Gesuiti poteva immaginare.

Nel mondo islamico, le procedure sono meno tortuose e sofisticate e lo abbiamo constatato ahimè in Israele il 07 ottobre scorso.

La fusione completa tra Inquisizione e Stato rende infatti oggi tali agghiaccianti procedure più immediate e meno formali. Uguale rimane comunque il consenso di popolo.

Il risultato è però alla fine sempre lo stesso: l’omicidio od addirittura la strage!

La religione che diventa potere permette purtroppo ogni tipo di efferatezza, perché il diritto passa dalla sfera naturale a quella soprannaturale e il soprannaturale è sempre imperscrutabile, soprattutto per chi, vivendo sulla terra, non ne ha mai potuto avere accesso.

Di Pierfranco Faletti.

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