24 Novembre 2023
“L.H.O.O.Q.” di Marcel Duchamp
L.H.O.O.Q.” nota anche come “La Gioconda con i baffi” è un “ready-made” di 19,7×12,4 cm realizzato nel 1919 dall'artista dadaista e scacchista, francese naturalizzato statunitense, Henri-Robert-Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 28 luglio 1887 – Neuilly-sur-Seine, 2 ottobre 1968). Per “ready-made” (in italiano “prefabbricato/pronto all’uso”) si intende un oggetto disponibile sul mercato del quale un artista si appropria così com'è, ma privandolo della sua originaria funzione utilitaristica. Aggiunge un titolo, una data, a volte un'iscrizione e opera su di lui una manipolazione (capovolgimento, sospensione, fissazione sul terreno o sul muro, ecc.). Quindi l’oggetto viene presentato al pubblico in modo da conferire ad esso lo status di opera d'arte.
Oggi “La Gioconda con i baffi” si trova a New York, parte di una collezione privata. L’ultima apparizione pubblica dell’opera risale al 2016 ed è avvenuta in Svizzera nell’ambito dell’ esposizione “Marcel Duchamp Dada e Neodada” presso il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona organizzata in collaborazione con lo Staatliches Museum di Scwerin (Germania) nel novero delle celebrazioni svizzere per il 100° anniversario dalla nascita del movimento Dada, fondato a Zurigo nel 1916.
Si tratta di una riproduzione fotografica della “Gioconda” di Leonardo da Vinci alla quale sono stati aggiunti provocatoriamente dei baffi e un pizzetto. Il titolo è sostanzialmente un gioco di parole, infatti le lettere “L.H.O.O.Q.” pronunciate in francese danno origine alla frase "Elle a chaud au cul ([el aʃ o o ky]), letteralmente "Lei ha caldo al culo", che significa "Lei si concede facilmente". Può essere letto anche come la parola inglese "look" (guarda). Come nel caso di altri “ready-made”, Duchamp ne ha realizzato diverse (6 per la precisione) versioni, tra le quali anche “L.H.O.O.Q. Shaved” del 1965 nella quale appare la Gioconda senza baffi e la scritta in francese "rasée L.H.O.O.Q.". Una versione realizzata nel 1964 è stata venduta ad un collezionista privato nell’ottobre del 2017 da Sotheby’s a Parigi per 631.500 euro.
L'opera può essere considerata un manifesto contro il conformismo. Dissacrando uno dei miti artistici più consolidati, Duchamp non intende negare l'arte di Leonardo ma onorarla, a modo suo, mettendo in ridicolo gli estimatori superficiali e ignoranti che apprezzano la Gioconda solo perché tutti dicono che è bella, conformandosi acriticamente così al gusto della maggioranza delle persone.
Il gesto trasgressivo dell’artista dadaista francese ha inteso anche reagire al nichilismo della modernità esplosa dopo il primo grande genocidio totale della storia (la Gioconda di Duchamp è del 1919 -è appena terminata la prima guerra mondiale-) con il nichilismo uguale e contrario dell’arte che si trasforma in “antiarte”.
«La Gioconda è così universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo. Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici.»
“L’opera d’arte non deve rappresentare la bellezza che è morta” affermava ancora Duchamp.
Secondo il critico d’arte Maurizio Calvesi la “Gioconda con i baffi” nascerebbe da una segreta e divertita allusione “ermetica” all’androginia dell’effigiata. L’androgino, come unione del maschile e del femminile (e quindi dei contrari) è infatti una figura simbolica ricorrente nei trattati alchemici e disegnare barba e baffi sul volto della Gioconda è in fondo mascolinizzare una figura femminile. La misteriosa sigla del titolo, L.H.O.O.Q., ci fornirebbe poi la chiave per decriptarne il senso. Calvesi ipotizza che Duchamp possa aver preso spunto per questa buffa associazione da una miniatura di Jean Perrel intitolata “La complainte de Nature à l’Alchimiste errant” (“Il lamento della natura per l’alchimista errante”) proveniente da un manoscritto alchemico del ‘500 dove si vede la personificazione della Natura-Alchimia (peraltro simile alla “Gioconda” nella posizione delle braccia e nello sfondo paesaggistico) che siede sopra ad un forno acceso in forma di tronco cavo ed ha, quindi, certamente caldo al sedere.
Di Giovanni Conticelli.
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