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Palazzo Strozzi a Firenze dedica ad Anish Kapoor una grande mostra con opere specifiche

La star dell'arte contemporanea britannica tra oggetti vuoti e oscurità piene

15 Ottobre 2023

Palazzo Strozzi a Firenze dedica ad Anish Kapoor una grande mostra con opere specifiche

E' uno degli appuntamenti culturali più importanti della stagione. Irrompe nel Palazzo del Primo Rinascimento la dimensione della star mondiale Anish Kapoor: per la prima volta l’artista britannico si confronta con un edificio come Palazzo Strozzi, simbolo della cultura umanistica e museo che orienta la scena culturale della città nel contemporaneo . «Palazzo Strozzi è simmetrico. La successione degli ambienti è strutturata e rigorosa. Nelle sale opere storiche, recenti, e una nuova produzione ideata specificatamente per essere “in rima” con l’architettura del cortile rinascimentale. Da qui la mostra può iniziare o terminare, dal Void Pavilion VII (2023): struttura formale vuota, dove quello con cui si ha a che fare sono i volumi, l’assenza e la tensione verso feritoie rettangolari di nero abissale, dove lo sguardo precipita nell’inconscio. Poi, le opere sul colore: “Il colore in Kapoor non è semplicemente materia e tonalità, ma diventa un fenomeno immersivo, dotato di un proprio volume, spaziale e illusorio allo stesso temposcrive Arturo Galansino, sono immersioni nel pigmento, visto come potenza ultraterrena – il giallo, il rosso (anche: i colori della sua Bombay), il blu astronomico. E c’è il nero, il nero di cui Kapoor ha acquistato i diritti, il Vantablack, il materiale in nanotubi di carbonio usato in ambito aerospaziale capace di intrappolare quasi la totalità della luce che lo colpisce, capace di privare di contorno qualunque forma. Ci sono poi il corpo e il sangue, materiali carnosi di silicone e pittura, un grosso feto uterino in acciaio e resina, immagini grondanti e pesanti, suggestionanti, evocative di una dimensione quasi sensuale, fin dai titoli. Ma è con Svayambhu (2007) che si apre la mostra al Piano Nobile, opera di enorme impatto, anche dal punto di vista del dialogo con l’architettura che la ospita: un massiccio blocco di cera rossa si imprime in un portale muovendosi impercettibilmente da una stanza all’altra e perdendo materia, interagendo con lo spettatore sia fisicamente che sensorialmente. Il termine sanscrito Svayamhu definisce ciò che si genera da sé, che “è sorto da sé”, è il corrispettivo delle immagini acheropite cristiane create senza l’intervento di una mano umana ma impresse miracolosamente su un supporto. Secondo Kapoor «La forma si è fatta da sé» e in quest’opera è infatti assente l’intervento dell’artista, qui sostituito dal motore – invisibile – che fa muovere il grande blocco plasmabile attraverso una porta.

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