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Anthony e Rachel hanno perso in un incidente stradale Nathan, loro figlio. Con il gemello di Nathan, Elliot, la coppia lascia gli Stati Uniti per fare ritorno nella vecchia casa di famiglia di Anthony in Scandinavia e precisamente in Finlandia. C’è il desiderio di tornare a vivere in serenità, per seppellire il passato. A prima vista appare come una grande e confortevole dimora di campagna. Ma le cose non stanno così. Rachel si sente straniera agli usi e costumi locali e si rivela ansiosa e iperprotettiva, quasi soffocante verso Elliot l'unico figlio. Elliot inizia a comportarsi stranamente e dice alla madre di non essere Elliot, ma Nathan. Rachel vive in un incubo e cerca aiuto da un'anziana e saggia donna del luogo che sembra saperla lunga e le parla di demoni e di possessione. La regia Taneli Mustonen focalizza la parte materna che, posta di fronte al dramma intenso della perdita di un figlio, riversa la sua agitazione e la sua insicurezza sul gemello ancora vivo del quale vuole sempre e ossessivamente sapere dove si trovi e come stia. Questo senso di disagio e incertezza è ulteriormente acceso e accelerato dal disorientamento e l’estraneità che la donna prova nel ritrovarsi in un ambiente che le è straniero e che sente ostile, nei suoi aspetti di ritualità pagana e arcaica che le sembrano oscuri e malefici. Il racconto affastella via via suggestioni soprannaturali che vanno dalle tipiche manifestazioni spettrali alle strane leggende che circondano una misteriosa roccia sacrificale che consentirebbe la realizzazione dei desideri, in un clima che si fa sempre più paranoico. L'isolamento di Rachel è dipinto con tratti decisi e spesso riusciti, sottolineando come invece il marito si trovi perfettamente a suo agio nel suo ambiente d'origine e suggerendo quasi una sorta di sua connivenza con l’anima ostile e larvatamente demoniaca che permea l’area, con una implicita ripresa esistenziale della luttuosa vicenda vissuta dalla protagonista. Alla riflessione sul “paganesimo” locale segue una generale atmosfera di vaga caratterizzazione, oscillante tra l’incubo e la realtà, la pellicola propone infatti un pregevole mix tra fotografia e sequenze di scena sul set: oniriche, ben confezionate e concretizzate dalla macchina da presa. Buono l'uso, alle soglie della pittura, della campagna finlandese. In definitiva la pellicola diretta da Taneli Mustonen risulta di buona atmosfera di genere, sviluppa sufficientemente la tensione interna alla plot, se un difetto c’è risiede nel, talvolta, eccessivamente ritmicamente lento sciogliersi del racconto nella pellicola a forma di imbuto sino alla fine in modo prevedibile. Buono l’accreditamento di Teresa Palmer nel ruolo della madre dall’anima claustrofobica. Discrete le prove sul set all’ombra della sceneggiatura di Steven Cree, Barbara Marten e Tristan Ruggeri.

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