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Siena, il Reliquiario di San Galgano restaurato in mostra alla Cripta del Duomo

L’esposizione, prodotta grazie alla collaborazione tra l’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa- Montalcino e l’Opera della Metropolitana, con il contributo di Opera Laboratori e Sillabe, si terrà nella Cripta del Duomo dal 2 marzo al 5novembre 2023

01 Marzo 2023

Reliquiario di San Galgano

Reliquiario di San Galgano

Siena e il suo Museo del Seminario Arcivescovile furono protagonisti nel lontano 1989 di un furto clamoroso. Al centro di questa vicenda, una croce liturgica, due pissidi, cinque calici e soprattutto un capolavoro della produzione orafa senese del XIV secolo, il Reliquiario di San Galgano, oggetto mirabile e di intensa devozione popolare. Su di esso, decorate finemente in preziosi smalti traslucidi, sono raffigurate le scene della vita del Santo e della sua spada.  Più di trent’anni dopo, grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale, il ritrovamento ed il restauro  eseguito nei Laboratori dei Musei Vaticani. Al centro di questa vicenda c’è la mostra “Dalla Spada alla Croce. Il reliquiario di San Galgano restaurato”, prodotta grazie alla collaborazione tra l’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa - Montalcino e l’Opera della Metropolitana, con il contributo di Opera Laboratori e Sillabe, si terrà nella Cripta del Duomo dal 2 marzo al 5 novembre 2023. Secondo la tradizione, Galgano sarebbe nato nel borgo senese di Chiusdino. Cavaliere appartenente alla piccola nobiltà locale, si convertì alla vita ascetica ed eremitica dopo le visioni dell’Arcangelo Michele, come rappresentato nelle sei scene del Reliquiario. Condusse la sua vita monastica nell’Eremo di Montesiepi, da lui edificato su una collina vicina al luogo dove sarebbe sorta l’Abbazia. Morì, secondo le fonti, il 30 novembre 1181. Appena quattro anni dopo, a seguito dei doverosi accertamenti canonici, papa Lucio III lo proclamò Santo nel 1185. A Galgano è attribuito nella sua rappresentazione iconografica, il celebre segno della spada conficcata nella roccia che diventa una croce davanti alla quale inginocchiarsi e pregare. La sua fama, tuttavia, si afferma sullo sfondo della diatriba fra Papato e Impero sulle “investiture” e nel contesto dell’espansione dell’Ordine Cistercense grazie all’opera di San Bernardo di Chiaravalle. Lo stato di conservazione delle preziose oreficerie al momento del recupero purtroppo era critico. L’accurato intervento di restauro, grazie alla proficua collaborazione instauratasi con i Musei Vaticani nella persona della Direttrice, la dr.ssa Barbara Jatta, è stato condotto dal Laboratorio di Restauro Metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani ed ha comportato una campagna di indagini scientifiche che hanno supportato le scelte metodologiche dell’intervento: protagonista del lavoro conservativo il Reliquario di San Galgano, integralmente smontato alla presenza del referente dell’Arcidiocesi di Siena, don Enrico Grassini, che ha seguito sin dall’inizio l’intera vicenda, con la contestuale messa in sicurezza delle settantaquattro reliquie presenti. Numerosi i danni subiti in seguito al furto. Fra questi i più evidenti erano la frattura del fusto dal piede, le deformazioni delle guglie e la perdita del primo rocchetto esagonale in smalto di giunzione con il piede, ricostruito attraverso una scansione da un’immagine di archivio. Altri piccoli elementi mancanti sono stati realizzati in resina con stampante 3D. Le facce del recto e del verso, decorate con smalti, sono state pulite e consolidate ed infine trattate con il plasma. La croce apicale, anch’essa perduta, è stata riprodotta dal maestro orafo Giovanni Raspini su modello di opere coeve. L’allestimento, già ideato per la mostra tenutasi dal 7 dicembre 2022 al 18 febbraio 2023 nella Sala XVII della Pinacoteca dei Musei Vaticani, è stato progettato e realizzato da Opera Laboratori, e pensato fin da subito anche per l’esposizione nella Cripta del Duomo a Siena. Il catalogo è edito da Sillabe, Livorno. Con questa mostra viene così restituita alla Chiesa senese, alla Città e ai molti visitatori della Cattedrale, una significativa testimonianza dell’identità culturale, artistica e spirituale della città.

Ed è con questo spirito, dopo la doverosa realizzazione dell’esposizione nei Musei Vaticani, che il Consiglio di Amministrazione dell’Opera della Metropolitana di Siena ha deciso di accogliere nella Cripta del Duomo – afferma il prof Giovanni Minnucci, Rettore dell’Opera della Metropolitana di Siena – dopo aver previamente avuto l’assenso da parte del competente Soprintendente  arch. Gabriele Nannetti,  che qui voglio pubblicamente ringraziare – i dieci pezzi recuperati e brillantemente restaurati: essi sono plasticamente testimoni di un a elevatissima competenza artistica e di una non minore fede cristallina che hanno da sempre contraddistinto la storia della nostra Chiesa e del suo territorio. Gli oggetti esposti (oltre ai due pezzi sopra rammentati vi sono un ulteriore reliquiario del XIV secolo proveniente dalla chiesa di Santa Regina, nonché calici e pissidi dal XIV al XIX secolo), infatti, non sono esclusivamente opere d’arte – il che costituisce di per sé un valore –, ma sono contestualmente testimoni di una storia di fede che attesta il culto, la vita quotidiana, il modo di vivere dei nostri progenitori nel corso dei secoli. Il culto delle reliquie dei santi, ad esempio – di cui abbiamo nella nostra Mostra un esempio magistrale – che ha lungamente caratterizzato, soprattutto a partire dall’Alto Medio Evo, la fed e dell’intero Continente europeo, continua a ricevere, ancora oggi – sebbene abbia rappresentato, dall’età moderna, uno degli elementi di divisione con le confessioni riformate – una appropriata attenzione da parte del legislatore canonico (can. 1190 CJC) e dal competente Dicastero delle cause dei Santi. Tutto ciò testimonia da parte della Chiesa – e questa sottolineatura non appaia superflua – un’attenzione e una cura che ne attestano ancora oggi l’importanza. La Mostra che ora si inaugura, e che avrà termine il prossimo 5 novembre, costituisce il punto di arrivo di un lungo percorso che ha visto partecipi le numerose istituzioni cui ho fatto sopra riferimento, a testimonianza che la proficua collaborazione fra i vari soggetti può concretamente contribuire al recupero di beni indebitamente sottratti, al loro restauro ed alla loro restituzione alla comunità, affinché quest’ultima possa essere partecipe di una incommensurabile bellezza che si è palesata, nel corso dei secoli, con la realizzazione da parte dei nostri padri di raffinatissimi oggetti di culto e di devozione.

Dopo oltre trent’anni, dal furto del luglio 1989 - afferma Augusto Paolo Card. Lojudice Arcivescovo Metropolita di Siena - Colle di Val d’Elsa – Montalcino - tornano a Siena dieci delle undici suppellettili artistiche che furono trafugate d all’allora Museo del nostro Seminario di Montarioso, opere di diverso  valore e utilizzo liturgico, che abbracciano l’arco di storia di oltre sei secoli, dal romanico d’Oltralpe della Croce di Casciano delle Masse, al gotico trecentesco, fino a tutte le stagioni successive alla Controriforma,  ravvisabili nelle pissidi e nei calici più moderni.  Per l’immenso valore, come già sottolineato dagli studi di insigni accademici e storici dell’arte della nostra Università degli Studi, spicca certamente il reliquiario proveniente dall’antica abbazia cistercense di San Galgano, nel territorio di Chiusdino, monumentale testimonianza della raffinatezza che l’arte senese, anche nelle sue espressioni collaterali alla grande pittura e scultura, aveva raggiunto nel XIV secolo. Bellezza d’arte e di storia, ma anche bellezza di espressioni della fede che oggi, dopo turbolente e traumatiche vicende, torna a Siena, per essere ammirata d ai credenti e dai tanti studiosi e visitatori che potranno nuovamente godere di questi tesori nel loro contesto territoriale. Essi tornano, dopo fin troppo lungo te mpo, in un luogo particolarmente si- gnificativo: la Cattedrale, segno identitario e unitario  di tutte le comunità cristiane dell’Arcidiocesi di Siena - Colle di Val d’Elsa - Montalcino. Fra le tante particolarità infatti di queste opere è interessante la lo ro provenienza, che abbraccia una larga parte del territorio della diocesi: tesori provenienti per la maggior parte d a borghi e piccole chiese, oggi magari fuori dai grandi itinerari turistici, ma che racchiudono la testimonianza di una storia ricca e feconda di opere d’arte, a testimonianza del profondo senso di fede che ha generato il linguaggio della bellezza di questi oggetti. È duplice infatti la riflessione che queste opere suscitano: la ricchezza del piccolo e del particolare, che caratterizza in maniera eccezionale il territorio della nostra Chiesa diocesana, ma anche il ricordo grato, stimolante per noi contemporanei e pungolo all’evangelizzazione, di come nel passato si comunicasse anche nei piccoli centri un profondo linguaggio di fede, attraverso la bellezza dell’arte. Le vicende del furto, del ritrovamento e del difficile restauro di queste opere ci pone anche il problema della loro conservazione, nel pieno rispetto della loro tutela, ma anche col sincero desiderio di valorizzarle, poiché proprio la loro conoscenza e la consapevolezza del loro valore, non solo da parte degli st u- diosi, ma anche delle comunità che le custodiscono, è il modo migliore per difenderle dalla dispersione  e dall’alienazione indebita.

 

 

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