18 Ottobre 2022
Professor Alessandro Sterpa
Alessandro Sterpa, costituzionalista, è professore di istituzioni di diritto pubblico nell’Università degli Studi della Tuscia. Ha svolto incarichi istituzionali nazionali e locali e ha pubblicato numerosi studi in materia di diritto regionale, istituzioni e sicurezza.
Come e da chi è nata l’iniziativa di fare una scuola di politica ai ragazzi dai 20 ai 30 anni?
«Semplicemente, lo hanno chiesto loro. Durante le elezioni politiche ho incontrato tantissimi giovani, alcuni già impegnati in partiti ma molti del tutto estranei al circuito della militanza, interessati ad avere più strumenti per comprendere i processi politici italiani e europei. È incredibile come la loro voglia di comprendere non trovi ordinariamente sedi dove acquisire conoscenze adeguate. La politica non può essere compresa e vissuta solamente da chi studia all’Università Scienze politiche. Per alcuni di loro è davvero importante avere strumenti per capire cosa accade intorno a loro e la solita litania per cui i giovani non si impegnerebbero in cose serie ma sarebbero assorbiti dalle vicende effimere della rete in balia degli influencer è semplicemente falsa. Loro hanno fame di sapere e si impegnano quando comprendono l’importanza delle battaglie da fare. Saranno loro la classe dirigente di domani, se non costruiamo adesso qualcosa la qualità della classe dirigente di domani sarà scarsa. E gli “scarsi” già li abbiamo visti all’opera in questi anni. Direi basta.»
I ragazzi cosa si dovranno aspettare e quali materie affronterete?
«Quando l’Associazione reatina che ha organizzato mi ha chiesto consiglio su come procedere ho parlato proprio con i giovani e abbiamo proposto una serie di temi: dalla guerra in Ucraina, al Pnrr e la salute, fino alle riforme costituzionali con l’ipotesi dell’introduzione del Sindaco d’Italia o di forme semipresidenziali. L’idea è quella di abituare i giovani alle mille transizioni ossia al fatto che il cambiamento è una matrice che riguarda tutti i settori della vita sociale e pubblica.»
Quali relatori saranno ospiti?
«Sarà una due giorni con un mix di politici e tecnici, dal collega e amico Giovanni Guzzetta, costituzionalista dell’Università di Roma Tor Vergata e protagonista di molte stagioni referendarie ad Alessandra Sartore, oggi sottosegretario al Mef e già protagonista del risanamento finanziario della Regione Lazio dal 2013. Ci sarà Alessio D’Amato assessore della Regione Lazio alla Sanità a Bogdana Nosova, collega dell’Università di Kiev con la quale, insieme al Gen. Rossi già sottosegretario alla Difesa, parleremo del conflitto in essere. Ci sarà anche Antonio Bartolini che oltre ad essere Professore universitario a Perugia è stato assessore regionale in Umbria. E molti altri ancora. Tecnici, politici e accademici, un gruppo qualificato per rendere scientifica e al tempo stesso accessibile la trattazione dei temi.»
Se la cosa funzionerà, crede ci possano essere altre occasioni? Magari su scala più ampia.
«Questa iniziativa intende essere una tappa per costruire il gruppo che formerà la “Scuola di politica del Terminillo” che abbiamo lanciato qualche settimana fa. Insomma a Greccio il 22 e 23 ottobre mettiamo le basi, allarghiamo, condividiamo e ci confrontiamo anche per i passi successivi. A quel punto ci auguriamo che un certo spontaneismo faccia emergere queste iniziative in tutta Italia. In fin dei conti Greccio è il Paese delle rievocazioni e da qui si è diffuso nel mondo il presepe francescano. Perché non da qui potrebbe diffondersi l’attenzione al desiderio di politica dei giovani.»
È un falso mito che i ragazzi siano distanti dalla politica?
«Si è un falso mito. Sono poco interessati alle vicende dei partiti, alla conflittualità fine a se stessa tra persone e correnti, alle beghe del protagonismo. Una cosa che mi ha colpito sia me che loro in queste elezioni è stato sentire parlamentari uscenti rifiutare una candidatura perché il collegio non era certamente vincente. Come fanno persone che cercano “collegi sicuri” a comprendere la perenne incertezza di chi vive la realtà attuale a vent’anni? I giovani sono molto interessati alle scelte pubbliche, alle policies insomma agli aspetti concreti che sono la parte nobile della politica. Da queste elezioni del 2022 hanno votato i diciottenni per il Senato ma i partiti più grandi hanno lasciato l’elettorato passivo a 40 (25 alla Camera) impedendo a molti giovani di candidarsi. Se pensiamo che la quasi totalità degli eletti viene già dal Parlamento il resto è detto: i giovani hanno una barriera all’ingresso evidente. Permettetemi di segnalare che i giovani che hanno chiesto di partecipare provengono da partiti diversi o non sono militanti attivi. Questa è la conferma di quanto ho appena detto.»
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