Sabato, 06 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

I racconti di Giulio. Capitolo IV: Hi-Fi

Abitare in una casa dignitosa, riempirla con tutte le cose che ci appartengono e che rappresentano la nostra storia, è un’ambizione più che legittima, un diritto sacrosanto. all’interno di quei pochi metri quadri ci sentiamo nel nostro regno, padroni assoluti. almeno dovrebbe essere così... Il quarto capitolo de "I racconti di Giulio - Frammenti"

16 Luglio 2022

I racconti di Giulio. Capitolo IV: Hi-Fi

fonte: pixabay

Abitare in una casa dignitosa, riempirla con tutte le cose che ci appartengono e che rappresentano la nostra storia,
è un’ambizione più che legittima, un diritto sacrosanto. all’interno di quei pochi metri quadri ci sentiamo nel nostro regno, padroni assoluti. almeno dovrebbe essere così, quando l’invadenza degli altri lo consente. Giulio non aveva mai amato vivere in un condominio, inscatolato insieme con altre, spesso anonime, famiglie, tra pilastri di cemento e inconsistenti pareti divisorie. Questo tipo di convivenza forzata, questa condivisione di suoni, rumori, voci, passi, condita spesso dagli olezzi di improbabili cucine, offensive per l’olfatto, non facevano proprio per lui. Giulio aveva bisogno di spazi aperti, di silenzio, di riservatezza, esigenza diventata priorità assoluta e incondizionata dopo la nascita della figlia. Per lei, soprattutto per lei, aveva bisogno di un ambiente isolato, sano, dove farla crescere tra piante, fiori e aria pulita. E soprattutto nel silenzio.

Pertanto Giulio, che da quasi un anno era diventato padre, iniziò la ricerca di un’abitazione che avesse precisi requisiti: possibilmente avrebbe dovuto trovarsi fuori dal caos della città, sulla costa o magari in collina, dove poter spaziare con lo sguardo senza ostacoli e senza partecipare alla vita di anonimi vicini, magari con un piccolo giardino dove poter sfogare la sua passione per le piante e dove far crescere e far giocare sua figlia. Quella che il suo amico d’infanzia Roberto possedeva sulla costa, dove in passato Giulio era stato spesso ospite, vissuta sempre più raramente, avrebbe potuto fare proprio
al caso suo; era una villetta costruita qualche anno prima, su due piani, spaziosa e luminosa e con un pezzo di giardino che Giulio immaginava già arricchito di piante e dalla voce della figlia. Comoda da raggiungere dal centro città, aveva il solo svantaggio di essere una delle tante abitazioni che facevano parte di un complesso residenziale; ovviamente non mancavano i vicini, le cui case, però, erano a distanza ragionevole e non rappresentavano una presenza eccessivamente sentita, in compenso il complesso era fornito di una piscina e un campo da tennis proprio di fronte casa. Questa soluzione rappresentava un giusto compromesso alle sue esigenze.

Roberto non se lo fece chiedere due volte, ben felice di avere come inquilino il vecchio amico e la sua famiglia, tanto da mettergli immediatamente a disposizione la casa. ai primi di ottobre, Giulio iniziò con l’aiuto di un paio di robusti operai della sua azienda, il trasferimento delle sue masserizie nella nuova abitazione e, in pochissimi giorni completò il trasloco; adesso doveva solo attendere il ritorno della moglie che, con il suo buon gusto e la sua maestria, avrebbe dato un tocco personale, creando un ambiente accogliente e confortevole per tutta la famiglia. il clima era ancora quasi estivo e le giornate luminose, in questo contesto la nuova abitazione accolse il resto della famiglia, entusiasta per la scelta di Giulio. Con l’arrivo dell’autunno il condominio di seconde case si andava spopolando dei suoi ospiti stagionali, restavano solo poche famiglie quelle che erano solite trascorrervi non solo l’estate; gente tranquilla, discreta e amichevole con la quale Giulio aveva già stabilito dei rapporti di buon vicinato e che già adoravano la figlia. il giardino, riparato dal vento e già addobbato con piante e fiori e un bel prato all’inglese, era un perfetto parco giochi per adele, che da poco aveva iniziato a camminare e a esplorare quel piccolo
mondo verde. La bimba cresceva bene, le rigide regole di vita che la madre, di origine inglese, le aveva imposto, davano i lori frutti; orari precisi regolavano la sua vita, senza nessuna deroga o eccezione; bandite le serate a casa di amici con la bambina al seguito, egoismi di altri genitori che si traducevano in disagio e stress per i loro figli. inderogabili e teutoniche regole che Giulio aveva accettato e condiviso sicuro della loro validità per l’educazione di adele. L’inverno, sempre mite da quelle parti, passò velocemente e la bella stagione richiamò nuovamente gli inquilini stagionali. all’inizio della prima settimana di giugno,
la villetta accanto, che era rimasta disabitata per tutto l’inverno, accolse i suoi occupanti per la stagione estiva; una coppia giovane, senza figli, anonima e poco comunicativa, con la quale Giulio aveva un rapporto molto formale; c’era qualcosa nel loro comportamento, che non piaceva né all’uomo né tanto meno alla moglie, una sensazione di estraneità e di sufficienza che gli altri vicini non possedevano. tuttavia, fino a quel momento, i coniugi Dagnino ne avevano apprezzato la discrezione e la poca rumorosità. La prima settimana trascorse senza che i nuovi vicini facessero notare la loro presenza, si vedevano raramente, andavano via di primo mattino e tornavano per l’ora di cena, se capitava d’incontrarli, Giulio si limitava a un cortese ma
formale saluto, ricambiato con eguale distacco. 

nella nuova casa la vita di adele aveva ormai ritmi e orari ben precisi; le ore dedicate al sonno, importantissime
per la sua crescita e per il suo carattere, erano rispettate senza deroga alcuna e la sera, dopo la sua cena fissata per
le diciannove, subito a letto per un sonno ininterrotto che la accompagnava fino alla mattina dopo, con il risultato che
adele cresceva serena, con un carattere dolce e sempre sorridente. Giulio non ricordava un capriccio, nessuno di quei
pianti isterici e strazianti che spesso i bambini stressati utilizzano per attirare l’attenzione o per manifestare il loro disagio. adele non ne aveva bisogno, era circondata dalle premure e dall’amore di tutti. La prima domenica successiva l’arrivo dei nuovi vicini, Giulio si risvegliò improvvisamente, infastidito da una brutta sensazione; un suono indecifrabile e una cupa vibrazione gli arrivavano dal vialetto davanti casa, facendo vibrare i vetri delle finestre. Quel rimbombo svegliò anche la moglie accanto a lui, la cui espressione interrogativa diventò ben presto di disappunto. Spinto dall’occhiataccia inequivocabile e imperiosa della moglie, lasciò di colpo il letto, passò nella piccola camera di adele, verificò se quel suono avesse svegliato anche lei, poi uscì sul terrazzo che dava sul vialetto e scoprì la causa di quel suono che adesso riconosceva come il motivo di una canzone neo melodica napoletana! Era troppo! oltre al disturbo sonoro, ciò che lo fece veramente imbestialire fu quella musica di così basso
livello, a dir poco offensiva. La cacofonia proveniva dallo spropositato impianto stereo del fuoristrada del vicino occupato a insaponare amorevolmente la carrozzeria del suo gioiello superaccessoriato. Giulio, ancora in pigiama e affacciato alla ringhiera del terrazzo, iniziò a fare ampi gesti con le braccia, lo chiamò urlando, cercando in ogni modo di attirare l’attenzione del terrorista musicofilo, ma senza esito; il tipo, sommerso dai decibel che il suo impianto pompava, non si rendeva affatto conto del fastidio arrecato agli altri abitanti del comprensorio.

Giulio rientrò in casa accolto dai rimbrotti della moglie, che nel frattempo aveva lasciato il letto, e dal suo perentorio invito a scendere in strada per porre fine a quel concerto non desiderato, altrimenti ci avrebbe pensato lei…il deterrente, conoscendo il carattere polemico e aggressivo della moglie, gli bastò per fargli inforcare al volo un paio di jeans e uscire da casa per affrontare l’uomo. L’uomo aveva un’indole più conciliante, odiava le polemiche e i litigi e le sue diatribe cercava di risolverle sempre con il ragionamento, senza mai lasciarsi andare ad atteggiamenti battaglieri e, soprattutto, non trascendendo mai i canoni della buona educazione. Si concedeva soltanto qualche battuta sarcastica, a volte incomprensibile al suo interlocutore. il vicino, intento a ripulire gli interni con un altrettanto rumoroso aspirapolvere, non si accorse della presenza di Giulio fin
quando questi non gli diede una leggera pacca sulla spalla facendolo trasalire. il tizio riemerse dai sedili sui quali si era appoggiato, guardò interrogativamente il vicino, poi spense l’aspiratore. Giulio, presentandosi, sfoderò il suo miglior falso sorriso, pronunciò qualcosa che il volume dello stereo coprì, poi, gesticolando, fece cenno al vicino di ridurre la potenza dell’Hi-Fi.

“Buongiorno” esordì seccamente Giulio quando il volume rese possibile la comunicazione, “vorrei cortesemente 37 chiederle se può evitare di usare l’impianto della sua auto a un volume così alto; le faccio notare che sono appena le otto e trenta e credo che, la domenica mattina, la gente abbia il diritto di riposare un po’ di più, la ringrazio… buona giornata”. il vicino non replicò alla richiesta di Giulio, l’espressione del suo viso, piuttosto che d’imbarazzo, manifestava invece il fastidio per quell’intromissione, negli occhi gli passò un lampo d’indignazione, come se Giulio stesse impedendogli di esercitare un suo sacrosanto diritto. in ogni caso ridusse ancora di più il volume, mentre biascicava parole che Giulio volle interpretare come delle forzate scuse. Rientrato in casa, trovò ad attenderlo la moglie con la sua logorroica critica alle abitudini primitive dei meridionali. Giulio inghiottì l’offesa, ormai rassegnato a certi attacchi, ed evitò accuratamente ogni possibile replica che
potesse innescare una diatriba razziale. La giornata e il suo umore erano, in ogni caso, già stati compromessi. La settimana passò velocemente e il nuovo week-end stava ripopolando il condominio. Giulio ripensò al suo vicino non senza una punta d’ansia, ricordò quella sua espressione riottosa della domenica prima, quando gli aveva ricordato i suoi doveri di condomino. Quell’ultimo sguardo, infatti, gli era rimasto impresso; ne aveva riconosciuto il significato recondito, la minaccia che nascondeva; aveva capito che quella era gente con la quale non era possibile ragionare, convinti delle loro presunzioni, abituati a risolvere le loro questioni solo con malandrina prepotenza. Giulio sapeva che quella domenica ci sarebbe stato un confronto, era certo che il vicino avrebbe reiterato la sua abitudine, questa volta, per sfida e con studiata provocazione.

Doveva prendere delle contromisure, usare le sue stesse armi, fargli capire chi era il più forte e determinato, senza
accendere un conflitto dialettico che sarebbe certamente sfociato in un litigio. Giulio avrebbe usato la sua fantasia,
avrebbe escogitato qualcosa per mandare al vicino un messaggio inequivocabile sulla sua ferma volontà di non subire
la sua maleducazione. il duello, aveva deciso, si sarebbe svolto usando le stesse armi del vicino!

Giulio da sempre amava la musica in tutte le sue espressioni e questa sua passione l’aveva portato a costruire nel
tempo una cospicua e ricercata collezione di dischi in vinile, un campionario che spaziava dalla musica pop, alla
classica, dove il blues e il jazz erano giustamente rappresentati, così come altre tendenze musicali. non amava la
musica dozzinale, quella costruita per essere consumata velocemente, che non lasciava traccia alcuna nella memoria
e che spesso era soltanto una cacofonia dai ritmi ossessivi. ovviamente per l’ascolto dei vinili usava un’attrezzatura
quasi professionale, un potente impianto Hi-Fi capace di erogare una consistente potenza di suono e dei diffusori in
grado di sopportare e riprodurre fedelmente i segnali che arrivavano dall’amplificatore.

La domenica mattina Giulio si svegliò di buon’ora. il condominio ancora sonnecchiava pigro e silenzioso, così
come moglie e figlia. Scese al piano inferiore, in cucina preparò il caffè, uscì in giardino a fumare una sigaretta e per
riempirsi i polmoni con l’aria salmastra che arrivava dal mare vicino. adesso era arrivato il momento di mettere in
atto le contromisure che aveva studiato per contrastare il suo vicino; finita la sigaretta rientrò in casa, raggiunse l’ampio salone con la vetrata che si affacciava direttamente sul vialetto prospicente, sollevò con cura le pesanti casse acustiche che dispose all’esterno sul ballatoio rivolte in direzione della stradina, scelse dalla sua collezione un album live di Frank Zappa che conteneva un lungo, acido e assordante assolo di chitarra, lo collocò sul piatto pronto a essere avviato…e attese. L’attesa non fu tanto lunga, alle 08,37, infatti, dalla strada iniziarono ad arrivargli i primi segnali di attività del suo vicino; sbirciò dalle persiane chiuse, notò l’uomo che armeggiava, fornito di secchio, spugna e strofinacci vari, attorno al suo fuoristrada; Giulio si chiedeva se si sarebbe limitato a ripulire l’auto, rispettando così le regole della buona convivenza o, incurante delle buone
maniere, avrebbe sfrontatamente ripetuto la procedura della domenica precedente. Dopo qualche tempo, durante il quale il vicino si era dato da fare per insaponare tutta la carrozzeria con cura certosina, Giulio si era quasi convinto che quella mattina si sarebbe risparmiata l’offesa acustica della settimana precedente. Che avesse capito, si chiedeva, che vivere in un condominio comportava il rispetto di regole ben precise? Forse…un forse che, più passava il tempo, più diventava una certezza. Giulio sorrise tra sé e sé, soddisfatto per il risultato ottenuto, si rilassò con un’altra tazza di caffè e uscì nel giardino retrostante a fumarsi un’altra sigaretta. La soddisfazione, però, durò ben poco, giusto il tempo che il tizio, posate spugne e secchio, aprisse il pesante sportello del fuoristrada, vi s’infilasse dentro e accendesse lo stereo dando inizio a un bombardamento a
tappeto di vomitevoli gorgheggi partenopei. Giulio fu colto di sorpresa, trasalì per la violenza di quelle onde sonore,
pensò immediatamente alla figlia e alla moglie al piano di sopra, traumatizzata la prima, sicuramente incazzata nera
la seconda! Bruciò le scale in quattro salti, il pianto di adele lo accolse sulla porta della sua cameretta e, in quella matrimoniale, lo sguardo di fuoco della moglie. Rincuorò la figlia nel tentativo di calmarla mentre, con un gesto della
mano, faceva capire alla moglie di risparmiarsi altre invettive verbali che tanto ci avrebbe pensato lui. adagiò adele
nel lettone e con altrettanta velocità ridiscese le scale. Era tutto pronto, doveva solo schiacciare il pulsante on dell’impianto, attendere qualche secondo affinché i circuiti si alimentassero, sollevare il braccio del giradischi e adagiare lentamente la preziosa testina elettronica sul primo solco del disco che già ruotava alla giusta velocità. il pezzo che aveva scelto era tratto dalla registrazione di un concerto dei primi anni ottanta, una lunga kermesse da vivo con un lungo assolo chitarristico, dal ritmo incalzante e dalle sonorità dissonanti e, a volte, sperimentali, che iniziava con un attacco violentissimo di batteria, alla quale si andavano aggiungendo gli altri numerosi strumenti. La chitarra di Zappa esordiva dopo qualche battuta, un’irruzione aggressiva e lancinante, fin quasi troppo violenta per le umane orecchie. La puntina iniziò a percorrere diligentemente il solco
scavato nel vinile… i primi rumori di fondo, che facevano già vibrare i diffusori, si tramutarono nell’urlo esplosivo e inquietante delle migliaia di spettatori presenti che acclamavano l’ingresso dell’artista sul palcoscenico, urlo, sovrastato poi dal cupo e ritmico pulsare della batteria che dava inizio alla performace. La potenza di quel suono, il suo volume, le vibrazioni che produceva, sommersero e cancellarono quello che proveniva dalla strada, diffondendosi per tutto il condominio. Le prime note della chitarra di Zappa, acutissime e taglienti come lame, investirono l’udito del cafone con una tale violenza che Giulio, che osservava attento da dietro le persiane, lo vide sobbalzare, assumere un’espressione che trasmetteva meraviglia e sofferenza per quel fastidio insopportabile; lo vide poi cercare con lo sguardo l’origine di quei suoni, fino a vederlo posare gli
occhi sui diffusori ben in vista. a quel punto Giulio uscì allo scoperto, si affacciò sul ballatoio proprio mentre Zappa dava fondo a tutti i suoi watt e alla sua follia creativa, incrociò lo sguardo del vicino, gli fece un sorriso saturo di sfottente ma dissimulato sarcasmo e lo salutò con un gesto della mano. L’uomo, forse stordito dal volume, forse preso alla sprovvista, rispose impacciato al saluto, e sporgendosi all’interno dell’abitacolo, fece cessare l’emissione di ogni suono dal suo Hi-Fi palesemente sconfitto. Si ritrovarono a guardarsi negli occhi a distanza, come fossero i protagonisti di un duello nel far west, qualche momento di tensione, poi Giulio mosse la testa come per ringraziarlo, agitò la mano in segno di saluto e rientrò in casa, afferrò la manopola del volume ruotandola verso sinistra fin quasi alla fine. Zappa c’era sempre, era lì, in sottofondo ma prontissimo a riesplodere con tutta la sua veemenza. L’arrivo della moglie lo risucchiò dal mare di soddisfazione nel quale si stava crogiolando; stranamente non parlava, muta, con la bimba in braccio che, coinvolta dal tutto quell’incomprensibile trambusto, adesso rideva divertita, ma con stampato sulla faccia un grande punto interrogativo.

Giulio non attese che quel punto interrogativo si trasformasse in una cataratta inarrestabile di parole, il cui scopo, lo sapeva, era sempre di evidenziare a ogni occasione le cattive abitudini dei meridionali e ribadire l’insofferenza di dover vivere “ai confini del mondo”. afferrò, invece, adele che gli tendeva le braccia e che gli si aggrappò come avesse mille braccia, guardò la moglie e con un cenno eloquente e inequivocabile le fece capire che ogni altra discussione avrebbe potuto turbare di più la bambina. Con questo deterrente tacitò la moglie, rassicurandola che aveva sistemato tutto con il vicino e che le per le prossime domeniche avrebbe rispettato il silenzio. L’espressione dubitativa che era spuntata in faccia alla donna non cambiò,
infatti, non riusciva ancora a comprendere quanto era accaduto e come il marito era riuscito a mettere un freno all’invadenza maleducata del vicino senza azzuffarsi. “Cose da siciliani, cose che non puoi capire”, disse alla moglie tacitandola definitivamente e accompagnando la frase con un’espressione in faccia tipica dei mafiosi, mentre in cuor suo si godeva quella doppia vittoria. 

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x