28 Maggio 2022
SCRITTI PANDEMICI
Ho accusato il colpo, lo ammetto. Un conto è esser facile profeta e scrivere che la Corte Costituzionale si farà beffa dei nostri diritti; un altro è avere davanti una sentenza come quella pubblicata il 26 u.s. e commentata a caldo su questo giornale a firma del Presidente Giuliano Amato e del Relatore Augusto Barbera.
L’amarezza accumulata in questi due anni e mezzo per il sistematico tradimento dei valori fondanti della nostra società, per le continue violazioni dei nostri diritti umani e costituzionali è indicibile. La misura è colma, dove fuggire?
Traditi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da tutta la classe politica, con rarissime e come tali ancor più lodevoli eccezioni (l’Onorevole Pino Cabras su tutti), dalla magistratura inquirente, che è inerte davanti a reati di gravità inaudita: oltre sei milioni e duecentomila morti causati da un virus chimera, un consistente numero di morti causati da reazioni avverse a una vaccinazione obbligatoria che ha dimostrato (non da oggi) di essere stata autorizzata in via d’urgenza negli Stati Uniti e in via condizionata qui in Europa sulla base di dati di pura fantasia e ora anche dalla magistratura giudicante di massimo grado.
L’impegno politico nella dissidenza è un imperativo morale. Questa è l’ultima chiamata, poi ci saranno mille anni smarriti nel metaverso, innamorati di un ologramma.
Chi non lo capisca è un povero essere umano in balia della storia, poco più di quell’ologramma.
In notti come questa, i pensieri tristi si affastellano rapidi e mi riempiono, mi soffocano, mi spingono a cercare qualcosa di nobile, di elevato, di elegante da leggere. A volte è sufficiente perdermi in una novella di Stefan Zweig (ho sempre accanto a me la sua Novella degli scacchi, La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth e Le notti Bianche di Fedor Dostoevskij)… E’ quasi l’alba, la luce dietro la collina inizia a raggiungere la sponda del lago. Ascolto l’Arabesque numero 1 di Claude Debussy e cerco il Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei. Dopo il furbo cavillo del Dottor Sottile e del suo complice Augusto Barbera, voglio leggere le parole di un giurista, non di un uomo del potere.
“… la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità”.
“…la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso d’asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso d’angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso d’angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica”.
Gente come il Presidente Sergio Mattarella, come il Premier Mario Draghi, come il Presidente della Consulta Giuliano Amato ci toglie la libertà.
Questa è l’ultima chiamata per la dissidenza. Può darsi che sia inutile. Anzi, è quasi certo che sarà inutile. Proprio per questo, impegniamoci, ciascuno nel proprio ambito, al meglio delle nostre possibilità.
“Perché battersi solo se la vittoria è certa… Più bello quando è inutile.” (Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac).
di Alfredo Tocchi
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