17 Marzo 2022
Apollo e Dafne, Bernini, Galleria Borghese - Roma, 2018. ©Aurelio Amendola
Scoppiettante, vulcanico, diretto e tagliente questo toscano appare ancora come un ragazzo impertinente ed acuto nei confronti della vita che tanto gli ha regalato o meglio si è conquistato. L’amicizia che mi lega da anni mi ha permesso di frequentare la sua bella dimora, un casale padronale circondato da un altrettanto storico giardino nelle colline pistoiesi città ove ebbe i natali molti anni fa e nella quale i padroni sono tutte le opere degli artisti che ha frequentato, ritratto e con i quali ha stretto amicizia e non le immagini dei suoi ormai storici scatti.
Oggi invece siamo nel suo nuovo e luminoso studio in città a Pistoia intorno ad un tavolo subissato in maniera disordinata da una moltitudine di cataloghi e libri di mostre delle sue fotografie tenutesi intorno al mondo che la dolce e paziente Francesca figlia ed archivista di Aurelio tenta faticosamente di ordinare.
La mia curiosità parte dagli albori della sua avventura per scoprire che la fotografia non nasce dalla famiglia ma Aurelio mi dice che: “ Dopo la guerra bisognava inventarsi per mangiare per sopravvivere e produrre ed il caso fu che dovetti sostituire un amico, come assistente, ed andare a Rimini per un servizio fotografico. Dopo poco tempo mi misi in proprio “ .
Sai dai ventidue anni in poi la mia vita è stata un sogno. Affrontai la macchina fotografica dialogando con l’obbiettivo senza insegnanti o maestri ma solo attraverso l’esperienza quotidiana, eravamo tutti autodidatti io, Mulas, Berengo e molti altri diventando così fotografi.
L’avventura iniziò per un caso ma la stella di Aurelio comincia a brillare e l’incontro con Marino Marini lo catapulta nel curioso, strano ed affascinante mondo dell’arte. L’artista toscano già consacrato internazionalmente dopo aver visto le prime fotografie richieste raffiguranti le sue sculture chiese al fotografo di: Far parlare la scultura. Ecco è qui che a mio parere nasce Aurelio Amendola.
Seguendo i consigli dell’artista che, mi dice Aurelio rincorrendo il fiume in piena dei suoi ricordi, mi consigliò: “ Se stai a Pistoia ti conoscono a Pistoia se a Firenze ti conoscono a Firenze ma se sei a Milano ti conoscono in tutta Italia”.
Così a metà degli anni sessanta eccomi portato da Marini a Milano ove conobbi Henry Moore, lo storico d’arte Mellini e dove ebbi casa con Novello Finotti fino al 1968, il mondo milanese era Brera, ove Mulas coinvolgeva nel suo studio di Piazzetta Guastalla gli artisti, si andava alle esposizioni e di poi a mangiare al Rigolo e a volte pure dalla mitica Bice.
Quando hai compreso che il tuo futuro era nell’immagine ?
In base alle richieste, ricevevo committenze dalle più prestigiose riviste italiane quali Ad, Oggi, Vogue e molte altre che pubblicavano le mie fotografie il cui soggetto erano gli Artisti: era Milano.
Nacque così il tuo - Ritratto d’artista - nel quale sai scavare l’uomo e fai conoscere la simbiosi che vi è tra l’uomo e la sua arte.
Cominciasti a viaggiare nel mondo e mi chiedo se hai trovato differenze tra gli artisti europei e quelli americani ?
-Certo alcune ma direi che le più evidenti sono gli europei più umani mentre gli americani più commerciali, ricordo la semplicità con cui mi ricevette Warhol o Schnabel e l’entusiasmo di Lichtenstein, tutti felici e consci di avere in Europa un tam tam del loro essere artisti. Facendo un bilancio delle tante amicizie nate qui ed al di là dell’oceano i miei rapporti di maggiore fiducia, collaborazione ed intimità sono stati sicuramente prima Marino Marini e poi Alberto Burri con i quali posso affermare vi fu pure vera amicizia, la cosa che più li accomunava era che per entrambi non era importante il denaro ma il lavoro. Il mio lavoro aumentava sempre più ed il negozio di fotografie e servizio di matrimonio che avevo inaugurato i primi degli anni settanta a Pistoia terminò nel 1985, troppi erano gli incarichi fuori Pistoia.
Quando nacque il tuo rapporto così intenso con il bianco nero ?
E’ nato in camera oscura, io ancora oggi stampo da solo. Negli anni novanta mi fu commissionato un libro sull’opera scultorea di Michelangelo con un testo introduttivo del Professor Paolucci e così iniziò il ciclo dei grandi libri, fotografie in bianconero raffiguranti La Pietà, i lavori di Bernini o quelli di Canova o le affascinanti architetture di San Pietro, luogo che mi permise di creare un intenso rapporto con i vertici dello Stato Vaticano.
La scultura con i suoi volumi ti regala emozioni differenti quando scatti nei confronti di una figura umana ?
Sì è la mia grande passione.
Cosa provi quando ti trovi davanti ad un soggetto che è immobile e che gestisci con il tuo obbiettivo ?
Non faccio ragionamenti lo scatto nasce grazie ad un’intuizione o forse è solo tanta esperienza.
Michelangelo. Donatello, Bernini dei grandi dell’antichità chi ami maggiormente ?
Il Divino cioè Michelangelo, indubbiamente la sua arte mi ha regalato tanto ma pure io sono stato umilmente utile ho mostrato la sua scultura alla gente che ha lo ha così scoperto ed ha imparato ad amarlo.
Immenso è il tuo archivio, come è composto ?
Tutto il mio lavoro è archiviato per anni, argomenti ed eventi, impossibile sarebbe averne informazioni, indispensabile è il supporto di mia figlia Francesca senza la quale l’archivio sarebbe vedovo.
Oggi sono molteplici le edizioni e le mostre di Aurelio Amendola nei Musei ma commercialmente un tuo scatto viene proposto in che misure e con che tiratura ?
Tutte le mie immagini sono proposte in nove esemplari e con tre differenti dimensioni.
Cosa consiglieresti a chi sogna oggi di diventare nel 2022 fotografo ?
Di cominciare dalla camera oscura di cui non ne sanno nulla. Il digitale appiattisce tutto.
So che ami il pensiero che sul tuo lavoro Bruno Corà scrisse: “ Aurelio Amendola è pura poesia “ ed ora io aggiungerei quello di Daniele Crippa: “ Il bianconero di Aurelio Amendola è puro caravaggismo contemporaneo “. Il prossimo progetto ?
Sono stato chiamato all’ Ermitage il Museo di San Pietroburgo per fotografare le sinuosità di Amore e Psiche di Canova, appena finita la pandemia parto.
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