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Saturno e l’orchidea da Costantino a Nanni Moretti. Ventun sguardi d’ermeneutica trans-estatica: intervista all'autore Giacomo Maria Prati

Il Male apocalittico e l’ultimo Messia fino al Moretti ancestrale esprimono il pathos di uno spirito che vede oltre la materia, oltre le dinamiche geopolitiche ed economiche. Uno spirito che fissa il centro, la metafisica che soggiace alle manifestazioni umane

17 Dicembre 2025

Flagellatio Christi

Flagellatio Christi, 2025, olio su rame cm 47x37, autore: Claudio Magrassi

Saturno e l’orchidea da Costantino a Nanni Moretti. Ventun sguardi d’ermeneutica trans-estatica (QUI). È l’ultimo sforzo creativo di Giacomo Maria Prati, che porta a compimento La terra della talpa. 30 sguardi d’ermeneutica trans-estatica da Leonardo a Woody Allen. Si tratta della ventiquattresima pubblicazione che potrebbe chiudere il cerchio letterario dell’autore ma che potrebbe anche – come auspichiamo – costituire la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova fase creativa. Il Nostro esamina vari temi, che agli occhi dei più potrebbero sembrare non legati. I temi non sono generati da un processo stocastico ma sono intrinsecamente legati. Veri e propri salti pindarici. Ma è solo per chi si ferma alla superficie senza scendere nelle profondità. Il Male apocalittico e l’ultimo Messia fino al Moretti ancestrale esprimono il pathos di uno spirito che vede oltre la materia, oltre le dinamiche geopolitiche ed economiche. Uno spirito che fissa il centro, la metafisica che soggiace alle manifestazioni umane. Dal momento che siamo soggetti interiori con espressione corporea, tutto ciò che facciamo non è altro che la manifestazione fisica di una realtà metafisica. Le azioni seguono i giudizi e questi vengono formulati dall’intelletto - che appartiene al regno dello spirito - in base alla propria visione del mondo, incentrata su un principio metafisico, dal momento che, come ci ricorda Kurt Gödel, nessun sistema può dimostrare se stesso ma necessita di qualcosa o qualcuno che sia fuori dal sistema stesso. Il cosmo, con le sue leggi fisiche, non può spiegare il proprio inizio. Serve una metafisica. E qui il campo è conteso da due roccaforti del pensiero: il paradigma cristiano, incentrato sulla creatio ex nihilo, in contrapposizione a quello gnostico, che fa dell’emanazionismo il suo principio cardine. Ed ecco agli ultimi capitoli sulla gnosi, che si chiudono con il Nulla (con la N maiuscola). Da Dove si nasconde Filosofia approdiamo ai film di Moretti, declinazione ultima di quel processo emanazionista degradante tanto caro alla gnosi, la quale pervade gli intimi meandri dello spirito dell’attore-regista. Perché come ci ricorda Puech, la gnosi è un “atteggiamento”. È un abito, che sfocia nel Nulla, che Prati definisce come «la cecità del nostro ego con cui cerchiamo di occupare il posto di Dio ostinandoci a scacciarne il pensiero».

 

Perché Saturno e l'Orchidea? Cosa intendi per ermeneutica trans-estatica?

È il titolo di una mostra personale dell'artista italo-colombiano Giovanni Manzoni Piazzalunga, che curai a Milano l'anno scorso e che ho riutilizzato per questo libro per indicare due polarità che animano sempre il mio approccio interpretativo: "saturno" cioè la dimensione dell'essere, della stasi, delle forme e dei principi costanti; e l'"orchidea", cioè, le multiformi dimensioni dell'espressività estetica e narrativa. Ermeneutica "trans-estatica" è termine che prova a dire che lo sforzo di comprensione deve andare oltre l'immedesimazione emotiva e sensoriale. Bisogna sì entrare dentro la materia indagata ma anche saperne uscire fuori. Questo è possibile se non si hanno pregiudizi ideologici o retaggi riduzionistici. Quando nei miei saggi interpreto innovativamente Nanni Moretti (svelandone aspetti gnostici) e Woody Allen (sottolineandone carismi spirituali inediti) questi miei esiti vogliono restano fenomenologici: non interessa e non deve interessare se a me piace Moretti o Allen e chi mi legge potrà ancora amarli o apprezzarli, indipendentemente dalla mia ermeneutica e magari anche di più proprio grazie a queste mie nuove sottolineature.                                                                     

2) C'è un capitolo in cui parli del "trauma dell'ultimo Concilio". Qui ricordi le parole di Paolo VI, secondo cui "la religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) dell'uomo che si fa Dio". Perché questo compromesso tra cristianesimo e gnosi?

Una domanda molto forte e conturbante la tua quanto l'inquietante frase (molto rischiosa) che disse quel Pontefice. Un'asserzione che comunque ci aiuta a comprendere il reale attuale in quanto oggi non viviamo in una società priva di spiritualità e di religiosità nella sua sostanza ma viviamo in una società dominata da uno spirito magico-occultistico-neo-gnostico che propugna mentalità sì religiose ma di una religiosità neo-primitiva, selvaggia, rischiosa e poco umanistica se non proprio anti-umanistica oltre che anti-cristiana. 

3) Parliamo dell'enigma dei due Papi. Stranezza postmoderna o segno apocalittico? Benedetto XVI nel 2016 diceva di essere l'ultimo papa del vecchio mondo e il primo del nuovo mondo che ancora non era cominciato. Cosa voleva dire secondo te? E soprattutto, chi era Bergoglio se Benedetto era ancora Papa?

Ne parlo in un capitolo della mia nuova raccolta (che spazia tra tempi e temi differenti), cercando di sottolineare i paradossi di quell'immagine che fece il giro del mondo: Bergoglio che incontrava Benedetto XVI; entrambi vestiti da Pontefici. Un'immagine anomala e conturbante rispetto ad una Tradizione cattolica plasmata dal tomismo e dal senso del logos, per il quale non ci può essere lesione del principio di non contraddizione: il Papa può essere solo uno. Questo assunto deriva anche dall'insegnamento paolino sull'unità mistica-sacramentale della Chiesa (Efesini, 4,4-6). Oggi purtroppo i principi della logica sono mal sopportati, vivendo nel blob dell'emotivismo fluido di massa. 

4) Nell'ultimo libro-intervista “Benedetto XVI. Una vita”, Seewald, citando il libro di Agamben “Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi”, sostiene che il filosofo italiano “si dice convinto del fatto che la vera ragione delle sue dimissioni sia stata la volontà di risvegliare la coscienza escatologica... Le dimissioni sarebbero una prefigurazione della separazione tra «Babilonia» e «Gerusalemme» nella Chiesa. Invece di impegnarsi nella logica del mantenimento del potere, con la sua rinuncia all’incarico lei ne avrebbe enfatizzato l’autorità spirituale, contribuendo in tal modo al suo rafforzamento. ". Benedetto XVI continua: "A proposito delle parabole di Gesù sulla Chiesa, sant’Agostino disse che da un lato molti sono parte della Chiesa in modo solo apparente, mentre in realtà vivono contro di essa, e che, al contrario, al di fuori della Chiesa ci sono molti che – senza saperlo – appartengono profondamente al Signore e dunque anche al suo corpo, la Chiesa. Dobbiamo sempre essere consapevoli di questa misteriosa sovrapposizione di interno ed esterno, una sovrapposizione che il Signore ha esposto in diverse parabole. Sappiamo che nella storia ci sono momenti in cui la vittoria di Dio sulle forze del male è visibile in modo confortante e momenti in cui, invece, le forze del male oscurano tutto.". Possiamo pensare di essere alla fine dei tempi oppure che Benedetto XVI "non fosse più lui" – come disse qualcuno - e che quindi si sia sbagliato?

L'eskaton inizia con la resurrezione di Cristo, l'unica vera novità della e nella storia umana. Cristo che torna sulla terra, vivo nella sua umanità ormai glorificata per sempre, inaugura un nuovo teo-antropocentrismo rivolto verso il futuro, spezzando le concezioni antiche del tempo ciclico e dello sguardo rivolto verso il passato. Detto questo tutta la tradizione profetica (che prende un capitolo del mio zibaldone) parla poi di "ultimi tempi" dentro l'ultimo tempo in corso da duemila anni ma questo connotato ultimale va visto in positivo: tempi "ultimi" per gli idoli e il paganesimo, non per il Cristianesimo, la Chiesa e la fede cristiana. Si tratta di grandi e drammatiche prove che l'umanità periodicamente deve attraversare per crescere. Il problema è che questo spirito messianico-apocalittico-escatologico che è sempre esistito dentro il Cattolicesimo ora è confuso e intrecciato ad un'apocalitticità morbosa, ossessiva, emozionale, mondana che sembra esprimere un grave malessere spirituale e sociale che appesantisce l'umanità di oggi. E se lo spirito apocalittico non è compensato, metabolizzato e sublimato da passioni positive, creatività e da uno spirito di vitalità e vera fede diventa autodistruttiva "cupio dissolvi". Oggi è sempre più difficile intravedere e costruire scenari di sviluppo, di speranza, di collaborazione e condivisione per cui si tende ad evocare il tema del "giudizio" (umano o divino che sia) come se si fosse in attesa di un "grande evento" risolutore. La "separazione" dei giusti da Babilonia è un passo dell'Apocalisse di Giovanni (Ap. 18,4) e rinvia ad un'azione di Dio. Non può essere opera umana.

5) Quindi, in che "tempo" siamo scritturalmente?

Certamente in un tempo di a-nomìa, cioè di dissoluzione di ogni regola morale e di evaporazione di ogni razionalità. Un tempo quindi oscuro e molto simile a quello profetizzato da San Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi e nella seconda lettera di Timoteo e da San Pietro nelle sue lettere. Un tempo che rischia di preparare e anticipare i peggiori esiti per l'umanità. Non era mai successo nella storia della Chiesa che perdurassero così a lungo dei dubbi sulla legittimità dei Papi e contemporaneamente perdurino dei gravi rischi di scismi contrapposti striscianti (sia tradizionalisti che progressisti) Interpretare ciò che ci piace o ci interessa con libertà e creatività come tento di fare serve anche a questo: a reagire a quest'oscurità con tutto noi stessi, con la parte più profonda e autentica del nostro cuore.   

 

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