31 Ottobre 2021
Il tempo è quello della Parigi del 1830, la viglia di Natale. Le soffitte sono fredde e la miseria quotidiana ha il potere di svuotare la tavola e il caminetto. Nelle strade piene di gente la festa, i venditori di giocattoli e locali affollati. In mezzo a questo l’amore e l’amicizia. L’amore di un poeta e una ricamatrice. Rodolfo e Mimì.
Così, in questa calda, magica ed intima atmosfera, il sipario di un teatro si apre nuovamente alla bellezza dell’arte. Proprio nel cuore della Riviera Ligure di Ponente, alle spalle del mare, sotto lo sguardo antico del Priamar. Il sipario è quello del Teatro Chiabrera di Savona. Ad aprirlo, per il secondo anno consecutivo, è l’Opera Giocosa di Savona che continua a perseguire l'obiettivo di valorizzazione del patrimonio lirico della tradizione artistica italiana.
Dopo i successi della Traviata di Giuseppe Verdi e Maria de Buenos Aires di Astor Piazzolla dell’estate appena conclusa la scelta ricade ora su La Bohème di Giacomo Puccini con la magistrale regia di Renata Scotto, la direzione d’orchestra del Maestro Giovanni Di Stefano e l’elegante direzione di scena di Emilia Di Stefano.
“Finalmente, dopo anni di buio e limitazioni riabbracciamo il nostro pubblico” – commenta in occasione della prima Giovanni Di Stefano, Presidente e Direttore Artistico dell’Opera Giocosa di Savona – “Vogliamo condividere la bellezza dell’arte e del lavoro svolto nel segno di una rinascita alla completezza della vita”.
Adriana Iozzia veste i panni di Mimì affiancata da Matteo Desole, grande tenore emergente, nel ruolo di Rodolfo, Luca Galli in quello di Marcello insieme a Greta Doveri, giovanissima Musetta. Tutti loro hanno permesso di trasformare La Bohème in un meccanismo perfetto in grado di coinvolgere gli spettatori in un’aura di intima magia.
Capolavoro del genio pucciniano, La Bohème è una delle opere più rappresentate al mondo e una delle più amate dal pubblico. Quattro atti di vita che raccontano gli amori e le vicissitudini di un gruppo di giovani artisti con pochi soldi per mangiare ma dall’anima milionaria, pieni di “sogni e di chimere”. Giovani per i quali Puccini stesso trovò ispirazione nel suo passato, negli anni da studente, per la prima rappresentazione dell’opera nel 1896.
Il tempo è quello della Parigi del 1830, la viglia di Natale. Le soffitte sono fredde e la miseria quotidiana ha il potere di svuotare la tavola e il caminetto. Nelle strade piene di gente la festa, i venditori di giocattoli e locali affollati. In mezzo a questo l’amore e l’amicizia. L’amore di un poeta e una ricamatrice. Rodolfo e Mimì.
Un amore che nasce nel freddo di Parigi, nel gesto cortese di scaldare una “gelida manina”. Un amore capace di attraversare i momenti di festa e di dolorosa sofferenza del II e III atto prima di giungere, infine, alla morte dell’atto finale. Una morte struggente e inconsolabile che ha avuto la forza di imporsi al centro dell’intera storia del melodramma.
E in questa Prima entusiasmante, piena di fiducia e di speranza, dopo lunghi mesi di fatiche per i teatri di tutto il mondo, per l’arte e per coloro che con l’arte vogliono trascorrere una vita intera, la morte di Mimì, in maniera estremamente attuale e del tutto rivoluzionaria, si riempie di vita.
Ed è proprio in questo che si cela il senso e l’eccezionalità di questa Prima teatrale dell’Opera Giocosa. Il suo essere un messaggio pieno di speranza, di fiducia verso il futuro. Una luce che sia l'inizio di una rinascita alla fine di questo lungo, drammatico tempo doloroso.
Perché alla domanda “Come vivo?” con cui Rodolfo, candido e innamorato, si dichiara alla sua Mimì, in questo tempo instabile, solo con l'arte si può pensare di poter tornare, infine, a rispondere come lui semplicemente: “Vivo”.
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