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Caso Resinovich, rivelazione di Alfonso Buonocore, ex titolare di pizzeria: “Liliana mi chiese 2 sacchi neri, mi disse di non parlarne con nessuno”

L’uomo racconta di aver incontrato Liliana davanti alla sua pizzeria: "Mi chiese se potevo venderle uno di quei sacchi neri. Ne ho recuperato uno e lei lo ha messo in borsa prima che arrivasse il marito". Il giorno successivo, la donna sarebbe tornata. "L'ho fatta entrare nel locale perché faceva freddo, le ho offerto un caffè e le ho dato un altro sacco. Mi voleva pagare 50 centesimi, ma le ho detto che l'avrei messo in conto a Sebastiano. Lei mi ha chiesto di non parlarne con nessuno"

24 Novembre 2025

Cadavere trovato a Trieste, si tratta di Liliana Resinovich: il fratello l'ha riconosciuta

fonte: Twitter @storie_italiane

La rivelazione di Alfonso Buonocore, ex titolare di una pizzeria, aggiunge un nuovo elemento al caso Resinovich. L’uomo riferisce che “Liliana mi chiese 2 sacchi neri, mi disse di non parlarne con nessuno”. Una circostanza che colloca l’incontro nei mesi precedenti alla scomparsa della donna. La testimonianza è ora stata messa a disposizione degli inquirenti. Il racconto di Buonocore entra così nell’incidente probatorio in corso.

Caso Resinovich, rivelazione Alfonso Buonocore, ex titolare di una pizzeria: “Liliana mi chiese 2 sacchi neri, mi disse di non parlarne con nessuno”

Buonocore, residente a Trieste da oltre quarant’anni, ha spiegato di aver deciso di parlare dopo aver seguito in televisione un programma dedicato alla vicenda. L’audio del colloquio avuto con Sebastiano Visintin, marito della donna e unico indagato, sarà consegnato alla Squadra mobile.

L’uomo racconta di aver incontrato Liliana davanti alla sua pizzeria mentre stava gettando l’immondizia. "Mi chiese se potevo venderle uno di quei sacchi neri. Ne ho recuperato uno e lei lo ha messo in borsa prima che arrivasse il marito", ha dichiarato. Il giorno successivo, la donna sarebbe tornata. "L'ho fatta entrare nel locale perché faceva freddo, le ho offerto un caffè e le ho dato un altro sacco. Mi voleva pagare 50 centesimi, ma le ho detto che l'avrei messo in conto a Sebastiano. Lei mi ha chiesto di non parlarne con nessuno".

Buonocore ha aggiunto di conservare ancora sacchi identici, acquistati da una ditta della zona di Grado, pur precisando di non avere certezza che si tratti dello stesso materiale trovato sul corpo della donna. Ha anche riferito che, all’epoca, un amico carabiniere gli avrebbe consigliato di "stare fuori da quella storia", motivo per cui sarebbe rimasto in silenzio fino a oggi. Ora sostiene di aver parlato "per contribuire a fare chiarezza".

La testimonianza si intreccia con uno degli aspetti più analizzati del caso: i due sacchi neri che avvolgevano il corpo di Liliana Resinovich, ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022 nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste. Gli inquirenti effettueranno una verifica di compatibilità tra i sacchi forniti da Buonocore e quelli repertati.

I sacchi sono oggetto dei nuovi accertamenti disposti dalla gip Flavia Mangiante, che ha nominato tre periti: Paolo Fattorini, Chiara Turchi ed Eva Sacchi. Si tratta della terza serie di analisi, dopo il rigetto della richiesta di archiviazione da parte del gip Luigi Dainotti.

Secondo la polizia scientifica, i reperti sono “sacchi dell’immondizia di cellophane di colore nero”, uno da 106x75 centimetri e l’altro da 100x70. Le analisi non hanno evidenziato impronte digitali, nemmeno della stessa Resinovich. Presenti tracce del suo Dna. Un segno individuato su uno dei sacchi, inizialmente interpretato come “impronta guantata”, è stato poi riconosciuto come la trama dei jeans della donna. Sul cordino che teneva uniti due sacchetti leggeri infilati sul capo era stata rilevata una traccia biologica maschile, risultata incompatibile con il Dna di Visintin e di altre persone esaminate.

Sul versante legale, l’avvocato Nicodemo Gentile, che rappresenta il fratello della vittima, Sergio Resinovich, ha commentato la decisione della Cassazione sul ricorso dei legali di Visintin: “La verità e il nome dell’assassino sono già nelle carte: ora si vada fino in fondo”. E aggiunge: “Ora l'attenzione deve spostarsi su elementi probatori chiave, come il cordino repertato e i video GoPro del 14 dicembre, su cui permangono dubbi per presunte alterazioni e tagli già segnalati agli inquirenti”.

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