31 Maggio 2025
Rivoluzione nel mondo della scuola. Il governo Meloni ha infatti approvato un disegno di legge sul cosiddetto "percorso gender", ossia una serie di attività scolastiche incentrato su "affettività, identità sessuale e diritti civili". I genitori dovranno esprimere il loro consenso esplicito e informato per far sì che i figli possano seguire questo percorso, allo scattare della prima media, anche se è in lavorazione un emendamento per posticipare la scelta alla terza media. Il problema? Per fornire questi insegnamenti, ore di altre materie curricolari verranno sacrificate per la propaganda woke.
Il governo ha approvato in Commissione Cultura un disegno di legge che introduce la possibilità, a partire dalla prima media, di attivare percorsi legati "all’identità di genere" per gli studenti, previa autorizzazione dei genitori. Una misura che ha immediatamente acceso il dibattito politico e culturale, spaccando maggioranza e opposizione.
Secondo il testo, i genitori potranno decidere se avviare i figli a un percorso definito “gender”, ossia un ciclo di attività extracurricolari incentrato su "tematiche di affettività, identità sessuale e diritti civili". Queste attività, da svolgersi in orario scolastico, dovranno essere coperte sacrificando ore di altre materie, individuate dai singoli istituti. Per chi non aderisce, sarà prevista un’offerta alternativa.
Un emendamento, approvato in extremis da una parte della maggioranza, stabilisce che i percorsi possano essere attivati non dalla prima ma dalla terza media, con l’argomento che a 13-14 anni gli studenti siano “più maturi per affrontare temi così complessi”. La norma finale dovrebbe consentire alle famiglie di scegliere liberamente tra le due soglie di età, creando però ulteriore confusione applicativa.
Le opposizioni hanno duramente contestato il provvedimento. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle parlano di “censura preventiva” e di “abbandono degli studenti più fragili, esposti a bullismo e discriminazioni”. Per i dem, la legge rappresenta “un passo indietro culturale che riduce la scuola a terreno di scontro ideologico”.
Dalla maggioranza, invece, arriva un coro di sostegno. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha rivendicato la misura come “attuazione dell’articolo 30 della Costituzione, che attribuisce ai genitori il diritto di educare i figli”. Il leghista Rossano Sasso ha salutato la norma come “un argine contro l’indottrinamento gender nelle classi”.
Il dibattito si annuncia infuocato anche in Aula, dove associazioni per i diritti LGBTQIA+ promettono mobilitazioni di piazza. Intanto le scuole restano nell’incertezza: il rischio concreto è che ore di scienze, storia o educazione civica vengano sottratte a favore di percorsi decisi dalle famiglie, acuendo la frattura tra chi sostiene una scuola aperta e inclusiva e chi rivendica una scuola sotto controllo familiare.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia