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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

La miseria umana che festeggia l'omicidio dell'attivista americano Kirk non è patologica, è endemica

Non cambiano, non possono cambiare: sono sempre gli stessi dei compagni che sbagliavano, per dire che non sbagliavano affatto

12 Settembre 2025

Charlie Kirk

Nessuno più disumano degli umanitari di mestiere. Ammazzano un attivista trumpiano ed è il tripudio, foto di lui a testa sotto, sarcasmi e illuminazioni degli imbecilli in fama di intellettuali, dai cantantucoli da una sola canzone, le solite banalità degli sciacalli da tastiera, “se l'è cercata”, “chi semina vento...”, uno, una, gender in carriera che voleva fare il sindaco e il parlamentare allude, molti alludono alla responsabilità della vittima, di se stessa, del suo modo di pensare, che gli ha guadagnato la giusta punizione. Odiare ti costa! Sì, ma solo agli altri. Pochi giorni fa un trans pentito fa una strage di ragazzini in una scuola siccome odia Trump, i cristiani e soprattutto se stessa, qualsiasi cosa sia diventato, ma anche in questo caso pietà l'è morta a sinistra, i soliti discorsi fetidi, il solito compiacimento infame. Nessuna sorpresa, la sinistra è questa e non può cambiare. Ci cresce, ci viene allevata, il manifesto dell'odio settario, moderno, lo ha scritto Marx sul quale si sono allevate generazioni e generazioni di ossessi. Che si diceva del terrorismo rosso? Compagni che sbagliano, ma per dire che non sbagliavano affatto, che erano nel giusto. Che dicevano i brigatisti assassini ai giudici? “Io sparo al simbolo, alla divisa, se dentro c'è un essere umano che colpa ne ho?”. Il delirio, ma un delirio coltivato, condiviso.

Che dicono oggi quelli del movimento neomarxista Black Lives Matter? Che il balordo schizofrenico che ha trucidato una giovane rifugiata ucraina sulla metro di Charlotte “ha diritto alla violenza come tutti noi”. Non hanno diffuso il video “per non turbare”, hanno mentito, in realtà perché non gli conveniva, ma quello di Kirk che cascava stecchito per una fucilata in gola, quello non smettono di riprodurlo e si eccitano, si esaltano. Dicono che la colpa è sua, delle armi che sparano da sole, ma l'identikit del sicario è inconfondibile: fluido, antifà, capriccioso, imbelle. Uno che non si accettava, un fallito che cercava un bersaglio e sul mitra scriveva le parole di “Bella ciao”. Uno che da noi voterebbe, militerebbe per i partiti umanitari di Salis, di Lella o di Travaglio. Ma i guerriglieri di paglia fingono di niente e insistono coi loro mantra inconsistenti, col cinismo dei miserabili, distorcono la realtà delle cose: “Era figlio di uno sceriffo”, per dire uno con armi in casa. Quindi a far cantare le armi sono loro, i Tyler Robinson pacifisti, gli antimilitaristi per il pianeta? Il disprezzo ora compiaciuto, ora peloso dei giornali estremi dal Domani al Manifesto, da l'Unità al Fatto, è rivoltante e lascia intendere: attenti voi dalla parte sbagliata, che presto vi tocca. Marxismo terroristico in purezza.

Non cambiano, non possono cambiare. Il regista dell'orrore Stephen King ha diffuso la balla della vittima come uno che inneggiava all'olocausto per i gay, ciò che avrebbe abbondantemente legittimato la sua esecuzione, poi si è scusato, ha detto di essere stato indotto in errore. Davvero? Da chi? Settarismi e fanatismi sono la linfa che nutre la mala pianta dell'uomo, tutta, ma a sinistra questa linfa è l'unico nutrimento. Più sono umanitari e più sono inumani perché la loro comprensione, la loro condivisione va solo ai violenti, ai farabutti, ai cannibali che adottano e dei quali giustificano, condividono ogni abiezione: agiscono anche per loro, che così non si sporcano le mani. La coscienza in compenso è una diarrea. Tutto si tiene. Che abbiamo visto in tempi pandemici? La furia da gulag, da laogai per chi difendeva la libertà, la delazione sovietica, la meschinità di quelli che “rubavano” i tavolini ai novax, la miseria di chi si eccitava “tirando fuori il greenpass”, il razzismo militante diffuso dai giornalisti ai preti, dai falliti sedicenti artisti ai politici invasati, gli appelli alle deportazioni, ai treni piombati, alle punizioni fisiche, alle torture, allo sterminio di chi non si vaccinava, per chi voleva uscire, sottrarsi alla reclusione di massa. Oggi gli stessi cosa dicono? Che l'attivista Kirk si è meritato la sua morte perché era un “novax”.

Non cambiano, non possono cambiare e sono sempre pronti. L'odio demenziale per l'attivista Maga, per la ragazza bianca, per i ragazzini della scuola, per i cristiani, per gli etero, per chi diffida dell'integrazionismo scriteriato, per chi non lo vede tutto quest'Islam dialogante, per chi non è allevato alla scuola dell'abominio estremista di sinistra, non è episodico, va letto nell'ottica dell'eterno ritorno dello Stato autoritario, totalitario. Che dicevano i potenti decaduti alla presentazione del libercolo di Speranza? Siamo stati troppo morbidi, dicevano, troppo comprensivi, ma la prossima volta non faremo errori, la prossima volta nessuno potrà parlare, sottrarsi, nessuno si salverà. E si capiva a cosa pensavano: agli arresti sistematici, al tso abituale, ai pestaggi nei sotterranei delle caserme. Quegli stessi invasati oggi vanno in estasi alla visione di uno psicopatico che macella una ragazza, di un attivista conservatore sfondato da una fucilata. Danno le solite letture desolatamente superficiali, le più facili e stupide, ma quando si viene a sapere che a sparare è stato uno dei loro, un “Bella ciao” universitario trans e militante, come la giudice di colore seguace di Kamala Harris che aveva lasciato libero il cannibale Decarlos Brown Jr dietro promessa di “fare il bravo”, cambiano musica, si rifugiano nel vittimismo da “odiare ti costa”. Ma a odiare sono loro e solo loro. Quando Trump venne ferito da un colpo di fucile che gli portò via mezzo orecchio, in campagna elettorale, si sprecarono le battute, i sarcasmi: sono capaci di prendere in giro uno mezzo accoppato e nello stesso tempo di sostenere che ha fatto tutto da solo, che ha organizzato l'attentato a se stesso. È la paranoia comunista di chi pensa male perché vive male, è cattivo e disperato. Ma sì, fatevela con Greta, quella che voleva ucciderci tutti perché le toglievano il futuro, perché non facciamo tutto e solo quello che vuole lei. Il vescovo di Milano, Delpini, l'ha definita “inviata da Dio”. Capitò anche con Mussolini, con Hitler, con Stalin, sempre qualche porporato a trovarci la provvidenza nei peggiori figuri della Storia. Ma se qualcuno pensa ancora di ricondurre l'esemplare di sinistra alle sue responsabilità morali, è un patetico illuso: le conoscono benissimo e si piacciono per quello, la loro grande bellezza si riflette nella loro immensa bassezza. Come quei compagni di scuola di più di 40 anni fa che, avendo ora figli e perfino nipoti allo stesso liceo Carducci della nostra adolescenza, nelle chat dicono: “Sono fierissimo di mio figlio che vuole uccidere la Meloni, lotta armata sempre”. Testuale.

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