01 Settembre 2025
È, il parco divertimenti più famoso d’Italia, ama definirsi “un posto per tutti”. Eppure, dal 2018 a oggi, le testimonianze di molte persone con disabilità raccontano una realtà ben diversa. Promesse di inclusione, iniziative annunciate con orgoglio e comunicati pieni di buone intenzioni: tutto bello sulla carta. Ma quando si tratta di vivere davvero l’esperienza, la magia sembra spegnersi troppo in fretta.
L’inizio: le buone intenzioni
Nel 2018 la direzione del parco annunciava grandi passi avanti. Passerelle, attrezzature speciali, welcome desk dedicati e personale formato: un percorso iniziato, si diceva, già dal 2006. Ogni anno, circa 7.000 visitatori con disabilità varcavano i cancelli del parco. Un segnale incoraggiante, che lasciava pensare a un futuro finalmente inclusivo.
Le prime crepe: “Arrivate presto per trovare l’ombra”
Due anni dopo, però, arrivano le prime denunce amare. Una mamma di Pescara racconta di non aver trovato aree ombreggiate o spazi riservati per il figlio disabile. La risposta ufficiale del parco? “Arrivando presto, si trova posto all’ombra”. Una frase che suona più come un consiglio da campeggio che come un servizio per chi ha bisogni specifici. La polemica esplode, e con essa la delusione.
Discriminazioni mai superate
Non mancano episodi ancora più gravi. Diversi visitatori con sindrome di Down vengono esclusi da attrazioni con la motivazione di “problemi mentali o psichici”. Una giustificazione che associazioni e famiglie definiscono subito discriminatoria, chiedendo regole più moderne e rispettose della dignità delle persone.
2022: il caso Nina Rima
Ottobre 2022. L’influencer Nina Rima, amputata a una gamba, si vede negare il pass prioritario perché “non abbastanza disabile”. La notizia fa il giro dei social e dei giornali. Gardaland replica parlando di “questioni di sicurezza” e ricordando che la ragazza aveva comunque diritto al pass come accompagnatrice di un ospite ipovedente. Ma il danno d’immagine è fatto: per molti, la vicenda diventa simbolo di un sistema rigido e poco empatico.
2025: tra privacy violata e giornate da incubo
Quest’anno le segnalazioni si moltiplicano. Ad agosto, un padre riceve una mail che lascia senza parole: per ottenere il pass del figlio disabile, deve inviare la diagnosi clinica completa. Una richiesta percepita come umiliante, oltre che in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Altri racconti parlano di rigidità e scarso ascolto. Un visitatore con disabilità motoria parziale viene trattato come “non autosufficiente”, escluso da attrazioni dove invece sarebbe potuto salire con sicurezza.
E poi le scene più amare: parcheggi riservati occupati, due ore di attesa sotto il sole, un pass “salta-coda” che non vale per i familiari. In un caso, un’operatrice arriva addirittura a minacciare l’intervento della sicurezza contro una famiglia esasperata. Costo della giornata: quasi 200 euro. Ricordo della giornata: amaro
Quanto ancora ci vorrà perche Gardaland migliori verso le persone disabili?
di Marco Macri
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