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Genova, la Dda a caccia degli affari dei clan siciliani all'ombra della Lanterna, estradato il boss

Vetrano è arrivato da pochi giorni nel carcere di Marassi, Castellani già interrogato. Sospetti su maxi-riciclaggio attraverso un giro di false fatture

05 Aprile 2024

Genova, la Dda a caccia degli affari dei clan siciliani all'ombra della Lanterna, estradato il boss

L’uomo che secondo la Procura era l'emissario dei clan siciliani in Liguria è stato estradato dalla Spagna e si trova nel carcere di Marassi, dove potrebbe essere sentito a breve dagli inquirenti. Nel frattempo è stato sottoposto a un interrogatorio fiume il suo braccio destro, basista fisso a Genova. Sono le due novità cruciali emerse nelle ultime ore dall’inchiesta che alla fine di febbraio aveva portato all’arresto di Salvatore Vetrano, 53 anni, titolare di Liguria Surgelati srl; della moglie Anna Bruno, 39 anni, e dell’imprenditore cinquantatreenne Mauro Castellani. Sono accusati in primis d’una maxi-frode finanziaria: a parere dell'accusa, con un più che articolato sistema di fatture fasulle e triangolazioni societarie internazionali, hanno sottratto almeno 3 milioni di Iva, compiendo operazioni sospette per un potenziale imponibile di 32 milioni. E però secondo il pm antimafia Federico Manotti il gruppo era foraggiato dalle cosche di Capaci-Isola delle Femmine.

Vetrano e Bruno erano stati bloccati a Vigo, in Spagna, uno dei luoghi dove dimoravano abitualmente oltre al capoluogo ligure, città in cui nel quartiere della Foce risiede uno dei figli, allo stato a piede libero ancorché sottoposto ad accertamenti. Agli arresti domiciliari erano finiti invece Giuseppe Licata, 55 anni, e Sebastiana Germano, 47 anni, ritenuti collaboratori comunque fondamentali dei tre principali inquisiti. Difficile, al momento, capire se in particolare Vetrano - lo difende l’avvocata Laura Razetto - accetterà di parlare con i pubblici ministeri (davanti al giudice dell’indagine preliminare si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma diversa potrebbe essere la scelta al cospetto di emissari della Procura). Avvolta da un profondo riserbo è invece l’audizione di Castellani, che pure si è protratta a lungo. Uno degli obiettivi degli investigatori è capire quanto fosse vicino all’organizzazione uno dei personaggi nodali della vicenda, sebbene il suo nome non fosse stato iscritto sul registro degli indagati nel filone principale. Si tratta di Pietro Bruno, 78 anni, padre di Anna ovvero la moglie Vetrano. All’inizio degli Anni Novanta era stato individuato personalmente da Totò Riina come capo della consorteria di Capaci-Isola delle Femmine.

Bruno è stato condannato due volte per associazione mafiosa e dopo il blitz che ha portato in cella la figlia, ha a sua volta ricevuto un avviso di garanzia. A lui, dopo il ritrovamento di oltre 120 mila euro in contanti nell’alloggio della Foce dove abitava sebbene fosse intestato a un familiare, i pm contestano il reato di ricettazione aggravata «dall’aver agevolato cosa nostra». I rilievi sono alle battute iniziali, ma gli inquirenti hanno le idee chiare sui possibili sviluppi. L’ipotesi cui lavorano i magistrati è che la somma trovata nascosta nell’abitazione fosse una sorta di vitalizio pagato dalla mafia al medesimo Bruno. Il quale, dopo essere stato scarcerato dal penitenziario di Marassi dove aveva finito di scontare la sua pena, aveva scelto di vivere a Genova.

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