11 Dicembre 2025
Papa Francesco (video adnkronos)
Se la stampa non fosse quello che è, ovvero una sorta di bollettino dei vari poteri massonici e finanziari che la governano, sarebbe probabilmente la donna più cercata del pianeta.
E invece nessuno la cerca. Tutti la ignorano come se questa signora quasi ottuagenaria non dovesse essere disturbata nel timore di far emergere un passato oscuro, pieno di ombre, lontano dalla falsa immagine del papa “francescano” che gli organi di stampa hanno costruito attorno a Jorge Mario Bergoglio.
Si tratta di Maria Elena Bergoglio, l’ultima sorella ancora in vita del defunto papa Francesco, che incredibilmente e clamorosamente nessuno vuole intervistare per avere un suo ricordo del papa argentino che mai ha messo piede nella sua terra.
Roma dopo un ininterrotto dominio di papi italiani durato per più di 500 anni, ha avuto tre papi stranieri consecutivi, quali Karol Wojtyla, Joseph Ratzinger, e Bergoglio, ma l’unico a non fare visita nella propria terra natia, è stato proprio lui: papa Francesco.
Bergoglio non ha mai voluto mettere piede a Buenos Aires. Non ha mai voluto tornare nell’arcidiocesi che lo ha reso il vescovo più importante e potente del suo Paese, perché in quel luogo, l’allora cardinale gesuita è tutt’altro che amato.
Laggiù, alla “fine del mondo”, c’è un deposito di indicibili scandali e orrendi abusi commessi da diversi sacerdoti argentini contro bambini e minorenni argentini.
C’è un faldone di denunce e segnalazioni, richieste di aiuto da parte delle famiglie verso il cardinal Bergoglio che si rifiuta di dare assistenza alle vittime e che invece si schiera con i pedofili, nonostante le prove della loro colpevolezza fossero a dir poco schiaccianti, come nel caso di don Julio Grassi, mai ridotto allo stato laicale da Francesco nemmeno una volta che questi divenne papa.
Bergoglio copre quella rete, la protegge, mentre i mendaci organi di stampa lo fanno passare come un uomo che vuole fare “pulizia”, senza nemmeno mai menzionare la sua strettissima amicizia con un altro uomo alquanto ambiguo, come Gustavo Vera, sedicente filantropo, accusato dall’ex modella argentina, Natacha Jaitt, di gestire un grosso traffico pedofilo nel Paese, nel quale sono coinvolti gli uomini più potenti d’Argentina.
Vera è stato persino denunciato dai genitori di un bambino scomparso nel giugno del 2024, ma queste storie nemmeno sfiorano la carta stampata italiana che si premura di non far cadere nessuna macchia sull’abito di Bergoglio.
Il passato fa paura, atterrisce quei poteri che hanno preparato con meticolosa e diabolica cura un papato concepito come l’ultimo passo verso la fine di una “missione” intrapresa molti anni prima dai nemici della Chiesa, che già verso la metà dell’800 avevano individuato nel Vaticano il nemico supremo da infiltrare e distruggere per giungere verso l’agognata fine della civiltà cattolica e inaugurare una repubblica universale di natura massonica.
Bergoglio è la summa di tali trame, l’apostata degli apostati che è stato aiutato e sostenuto durante tutto il suo cammino ecclesiastico, nonostante già in passato, negli anni’90, i suoi superiori avevano seri dubbi sulla sua permanenza nella Chiesa, visto il suo profilo morale e psicologico a dir poco “problematico”.
Jorge Mario Bergoglio viene descritto come doppio, astuto, ambiguo, un uomo che sembra avere in mente più il desiderio di scalare la gerarchia ecclesiastica per un tornaconto che di cattolico aveva molto poco.
L’ambizioso sacerdote argentino però ce la fa. Riesce a diventare vescovo, e a fare il grande balzo che lo porterà a diventare porporato prima e arcivescovo poi, mentre proprio in quel tempo, tra la fine degli anni’90 e i primi anni 2000, si dà molto da fare per allacciare tutta quella rete di rapporti con gli ambienti della massoneria ebraica del B’nai B’ rith e con la paramassoneria del Rotary, del quale Francesco era ufficialmente membro, una circostanza che fino agli anni pre-conciliari un tempo sarebbe valsa la scomunica automatica, ma la Chiesa del post-concilio è purtroppo molto legata a tali ambienti.
Roma è il fine di un piano iniziato molto prima.
Il papato di Jorge Mario Bergoglio già in cantiere nel conclave del 2005, viene soltanto rimandato nel 2013, quando Ratzinger decide di lasciare e consentire così alla massoneria ecclesiastica di fare il “grande balzo in avanti” che si voleva compiere già ai tempi del Concilio, quando l’apostasia della Chiesa era purtroppo già in fase molta avanzata.
Il percorso bergogliano è stato concepito espressamente per finire una “opera”, ovvero quella di cancellare del tutto la Chiesa Cattolica per arrivare alla sua definitiva fusione con le altre religioni e inaugurare così l’era di una religione unica globale di stampo massonico e new ageano, il culto che tali ambienti vogliono far nascere assieme al governo mondiale.
Il Nuovo Ordine Mondiale penetra a fondo nelle Mura Vaticane e fa di tutto per raggiungere tale “missione”, ma, come si dice spesso e molto a d’uopo, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
Papa Francesco arriva verso la sua fine del papato circondato dalla delusione di molti cattolici che si sono allontanati per via di un papa così dichiaratamente ostile al cattolicesimo e così invece incredibilmente vicino ai nemici storici della Chiesa, quali la massoneria, il protestantesimo, e la religione talmudica.
Gli ultimi 2 mesi della sua vita sono ancora oggi un mistero irrisolto, e sono forse la chiave per comprendere come si è arrivati al pontificato presente di Leone XIV, il cardinal Prevost, che ha scelto un nome davvero carico di significato per la Chiesa e per la missione che il Santo Padre ha.
Si deve tornare però per un istante allo scorso febbraio, quando Jorge Mario Bergoglio era già da tempo malato e sofferente, ufficialmente per varie polmoniti, ma in realtà, secondo diverse fonti vaticane che raggiunsero questo blog, per un tumore intestinale che lo ha afflitto negli ultimi anni della sua vita.
Francesco viene ricoverato il 14 febbraio al policlinico Gemelli, il nosocomio nel quale era stato in segreto, con la solita compiacenza della stampa, nell’aprile del 2024.
Il blackout mediatico inizia pressoché da subito.
Dal policlinico Gemelli escono una serie di comunicati nei quali si afferma che il papa farebbe tutta una serie di attività, quali telefonate, messe nella cappella del suo appartamento al Gemelli, ma non esce una sola prova audio o visiva che confermi quanto dichiarano i medici che lo seguono, in particolare il dottor Alfieri, attualmente rinviato a giudizio per falso.
Si rincorrono indiscrezioni e voci secondo le quali alcuni sacerdoti sarebbero già giunti al decimo piano del Gemelli per impartire il sacramento dell’estrema unzione al papa.
La notte tra il 18 e il 19 febbraio alcuni affermano che Francesco sia morto, e il giorno successivo compare un arcobaleno sopra il policlinico Gemelli.
Quello stesso giorno arriva inaspettatamente la visita di Giorgia Meloni che rilascia delle dichiarazioni a dir poco risibili sul “papa vigile e scherzoso”, che a momenti era pronto anche per fare qualche esercizio ginnico.
Le parole di chi dice di aver visto Francesco “attivo” e “pimpante” non vengono confermate da nessuna immagine del papa assieme alla stessa Meloni o ai sanitari che hanno in cura il pontefice.
Nulla viene fuori, fino a quando il 6 marzo la sala stampa vaticana tira fuori dal cilindro un audio brevissimo e incomprensibile attribuito a Francesco che parla in spagnolo, probabilmente nemmeno rivolgendosi ai fedeli di piazza San Pietro, ma a quelli argentini di plaza Constituciòn a Buenos Aires, che si erano radunati il 25 febbraio in piazza per pregare per il papa argentino.
I misteri si infittiscono, le nebbie non vengono diradate, sempre più persone sono convinte che il papa sia già passato a miglior vita, e allora i vari organi di stampa si adoperano per dare visibilità a depistatori di vario tipo quali il pluripregiudicato Fabrizio Corona, esperto in ricatti a “vip” vari, per screditare coloro che facevano notare che c’era chiaramente qualcosa che non andava nel decorso ospedaliero di Bergoglio e del black-out di immagini e video sulla sua degenza.
I primi giorni dell’ultima settimana di febbraio ha luogo un vero e proprio colpo di scena, anche questo ben censurato dagli organi di stampa.
Secondo quanto riportato a questo blog da diverse fonti dell’aeroporto di Fiumicino, giunge in gran segreto a Roma la sorella di Francesco, Maria Elena Bergoglio, lei, l’unica dei suoi fratelli, che finora in 12 anni di pontificato non aveva mai voluto vedere il suo “illustre” fratello.
Maria Elena viene fatta uscire per delle vie secondarie dell’aeroporto di Fiumicino, viene portata in un appartamento del Vaticano, nel quale sarebbe rimasta soltanto per due giorni, per poi fare immediatamente ritorno in Argentina tramite un volo privato.
Cosa ha spinto la sorella di Francesco a venire proprio in quel momento a Roma e perché sempre in quei giorni sono giunti in incognito nella Capitale un gran numero di cardinali fatti uscire anche loro da uscite secondarie dell’aeroporto?
Sono domande che la stampa nemmeno si pone. Maria Elena non dev’essere disturbata a quanto pare.
C’è una zona di sicurezza mediatica tracciata attorno a lei che la mette al riparo da qualsiasi domanda.
Santa Marta sente nel frattempo che le opinioni dei fedeli e dell’opinione pubblica si fanno sempre più pressanti, e allora tira fuori dopo 33 giorni di ricovero una immagine di Bergoglio girato per tre quarti verso l’altare della cappellina dell’ospedale, ma Francesco sembra ben più corpulento di quello che avrebbe dovuto essere, e non ha con sé nemmeno la maschera di ossigeno con la quale, i medici sostengono respirasse ogni giorno.
Sul volto, dal colorito quasi abbronzato, non ci sono i segni che la mascherina di ossigeno avrebbe dovuto lasciare, e non sono in pochi a pensare che il circolo bergogliano abbia tirato fuori la foto di un ricovero precedente, un’altra conferma che c’è qualcosa che non va dalle parti del Gemelli.
I medici intanto continuano a temporeggiare sulle sue dimissioni, fino a quando, inaspettatamente, il dottor Alfieri, annuncia le sue dimissioni il 23 marzo.
Cresce l’attesa dopo quasi 40 giorni per vedere in quali condizioni sia realmente Francesco, ma quando arrivano le dimissioni, ad accoglierlo non c’è nemmeno un sacerdote o un cardinale.
All’appello mancano persino i suoi fedelissimi come Tucho Fernández ai quali è stato impedito l’accesso al decimo piano nelle settimane di ricovero di Francesco.
La Chiesa è stata presa in mano da qualcuno, ma non chiaramente da religiosi.
Francesco è circondato soltanto da uomini vestiti in abiti civili, dei guardaspalle che sembrano provenire da qualche giro di contractor e servizi di sicurezza esterni, mobilitati per l’occasione.
Il papato sembra chiaramente sospeso, commissariato, o meglio ancora dimesso, perché il papa viene mostrato addirittura senza il suo abito in carrozzina, privato della sua regalità e alla stregua di un paziente da ospizio.
I sacerdoti nelle prime settimane dopo le dimissioni addirittura gli tolgono la papalina dal capo dopo la fine del giro nella papa mobile, un gesto che ha sorpreso i fedeli che attoniti erano venuti quel giorno in San Pietro per salutare Francesco.
Arriva il tempo della Settimana Santa che porta con sé un altro colpo di scena inaspettato.
Giunge a Roma il vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, che il 19 aprile viene ricevuto dal segretario di Stato, il cardinal Parolin, membro del gruppo Bilderberg.
Secondo quanto riferito da fonti vicine all’amministrazione americana, in quell’occasione Vance avrebbe consegnato un messaggio molto semplice e chiaro a Parolin.
“Smettetela di fare ciò che state facendo”.
La domenica di Pasqua, Francesco riceve per un istante il vicepresidente americano, e il giorno dopo, il lunedì dell’Angelo, arriva un altro fulmine a ciel sereno.
Alle 9 e mezza del mattino, il Vaticano annuncia che Francesco è morto nelle prime ore del mattino, e inizia subito il valzer delle contraddizioni.
Kevin Farrell, il cardinale camerlengo, afferma che il papa è morto alle 7:35, mentre il cardinale decano, Giovanni Battista Re, riferisce che è morto alle 7:45.
Nemmeno i medici sono d’accordo sull’ora della sua morte.
Il medico della Santa Sede, il dottor Arcangeli, scrive nel suo rapporto che Francesco è morto alle 7:35, ma il dottor Alfieri invece racconta al Corriere della Sera di essere stato chiamato a Santa Marta alle 5:50 del mattino, di aver riscontrato che Bergoglio era in coma, e infine di aver pronunciato il decesso dopo poco.
C’è una discrepanza di almeno un’ora e mezzo tra quanto detto da Arcangeli e quanto invece affermato da Alfieri.
Chi sta dicendo il vero? Il circolo di Santa Marta continua a mentire, come ha mentito sin dai primi giorni del ricovero di Francesco, ma nei giorni successivi di preparazione al funerale del papa, arrivano altre anomalie.
A Roma, non si fanno vivi i suoi parenti.
Maria Elena Bergoglio che era giunta in gran segreto a febbraio non viene a dare l’ultimo saluto a suo fratello, e non si fanno vivi nemmeno i suoi figli, i nipoti di Francesco.
Gli organi di stampa ancora una volta corrono ai “ripari”.
L’ordine di scuderia è quello di far circolare una storia di copertura sulla mancanza di “risorse economiche” per affrontare il costo dei biglietti, quando il governo argentino avrebbe potuto provvedere senza problemi a pagare il passaggio ai parenti del papa argentino.
Come già accaduto sulle circostanze e l’ora del decesso di Bergoglio, i vari protagonisti di questa vicenda si contraddicono anche qui.
Secondo quanto dichiarato dal segretario delle religioni, Nahuel Sotelo, i nipoti di Francesco avrebbero deciso di restare a casa non per ragioni di carattere economico, ma per “onorare meglio” la memoria del papa.
Il messaggio di Sotelo è a dir poco paradossale, senza senso.
In che modo si può onorare la memoria del pontefice da parte dei suoi stretti parenti disertando le sue esequie?
Maria Elena e i suoi figli non si fanno vivi nemmeno dopo, quando Bergoglio viene tumulato a Santa Maria Maggiore, per porgere omaggio a papa Francesco.
Nessuno va a pregare su quella lapide, sulla quale poi si addensano altri misteri.
Francesco aveva espressamente chiesto nelle sue ultime volontà di usare la pietra di Ardesia di Lavagna per essa, ma i suoi desideri non vengono rispettati.
Viene utilizzata la pietra di Finale Ligure, che secondo il marmista che l’ha preparata, sarebbe stata richiesta da un professore dell’università Gregoriana, tale Sante Guido, che per ragioni poco chiare non avrebbe rispettato le volontà di papa Francesco.
Sulla lapide poi ci sono degli “errori” a dir poco grossolani, riconosciuti persino dagli organi di stampa.
Le lettere non sono distanziate bene.
La lettera “A” di Franciscus è più distanziata dalle altre così come le ultime due lettere, US, sono più staccate dalla altre.
Tre lettere spaziate più delle altre, U, S, A, in una singolare riproposizione dell’acronimo degli Stati Uniti, United States of America.
Viene da chiedersi se sia possibile che marmisti così esperti commettano errori così vistosi nella realizzazione di quella che probabilmente è la lapide più importante della loro carriera.
Non c’è comunque dubbio che gil ultimi mesi di vita di Bergoglio e le tormentate vicende della Chiesa siano stati guardati con particolare attenzione soprattutto dall’amministrazione Trump.
Vance sembra essere stato quasi “propedeutico” nel portare alla fine del papato di Francesco, e durante i giorni del conclave, il presidente Trump ha continuato a mostrare molto interesse per le sorti della Chiesa.
Appena uscito di scena Bergoglio, ha luogo il disgelo tra Roma e Washington.
Trump decide attraverso una sostanziosa donazione di 14 milioni di dollari di correre in soccorso delle disastrate casse della Santa Sede che sotto la gestione del papa argentino sono state saccheggiate non poco, ma il presidente nei giorni precedenti il conclave di maggio ha pubblicato anche un meme di lui vestito da papa.
Trump è un presidente che parla molto attraverso le immagini e i simboli, e nella vignetta di lui vestito da papa, le sue mani sono poste in maniera particolare.
Nella mano destra si vede l’indice destro sollevato verso l’alto, mentre nella sinistra si vedono quatto dita poggiate verso il basso.
Viene ancora una volta fuori il numero 14 come la cifra elargita a favore della Santa Sede, e XIV, “singolarmente” è anche il numero successorio del nome scelto dal cardinal Prevost, divenuto papa l’8 maggio, giorno della festività di San Michele Arcangelo.
A San Michele Arcangelo, il predecessore di Leone XIV, Leone XIII, dedicò una preghiera per chiedere la protezione della Chiesa dopo l’infausta visione del 1884, nella quale vide l’apostasia che avrebbe in futuro tormentato la Chiesa Cattolica.
Leone ha scelto di chiamarsi proprio come quel pontefice.
Il pontefice che sapeva che un giorno i nemici della Chiesa sarebbero penetrati alla sua testa, ma che comunque non ce l’avrebbero fatta, perché questa istituzione appartiene a Cristo, e gli inferi non potranno mai prevalere su di essa.
Si è combattuta un’aspra battaglia dentro e fuori la Chiesa negli ultimi mesi del pontificato bergogliano, fatto di intrighi, bugie, misteri e messaggi in codice, fino a quando non è arrivato in punta di piedi il primo pontefice americano della storia, che ha scelto subito un nome in netta discontinuità con i suoi predecessori post-conciliari.
Leone a poco a poco sta rimettendo a posto le tradizioni smarrite e vilipese, e inizia anche a respingere l’ecumenismo che aveva caratterizzato molto i pontefici degli ultimi 60 anni.
Il falso verbo dell’accoglienza illimitata è stato messo alla porta, accantonato dal pontefice che ha chiaramente detto che uno Stato ha tutto il diritto di difendere i suoi confini.
Sarà un pontificato particolare, di lotte feroci, già in corso, nel segno del messaggio di Fatima, come ricordato pochi mesi fa dal cardinal Burke.
Nel 2026, la battaglia in corso per liberare la Chiesa entrerà forse nella sua fase più intensa e definitiva.
A Washington, però il Santo Padre ha un alleato prezioso.
Soltanto ieri, il presidente Trump ha dichiarato che vuole incontrare presto papa Leone.
In questo scontro per il futuro della Chiesa, gli Stati Uniti hanno fatto capire di essere fedelmente schierati dalla parte di chi vuole difendere questa istituzione, e non dalla parte di coloro che vogliono distruggerla.
Leone XIV non è da solo nel suo cammino.
Di Cesare Sacchetti
Fonte: La Cruna dell'Ago
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