29 Marzo 2024
Francesco Schiavone nel giorno dell'arresto del 1998
Dopo 26 anni si pente il boss dei Casalesi Francesco Schiavone, detto "Sandokan" per la somiglianza (che lui ha sempre odiato) con l'attore Kabir Bedi. Complice forse un tumore che lo affligge da tempo, il fondatore del clan dei Casalesi che ha provocato una lunga scia di sangue nell'agro aversano tra gli anni '80 e '90 ha deciso di collaborare con la giustizia. I verbali dei primi colloqui sono secretati.
"Sandokan" ha 70 anni ed è detenuto col regime del carcere duro dal 1998, da quando l'11 luglio 1998 fu catturato in un bunker a Casal di Principe, in provincia di Caserta. Ergastolano, detenuto da anni al 41 bis da 26 anni e condannato nel maxi processo Spartacus, che ha visto dal 1998 al 2010 ben 115 condanne, dove era il principale imputato. In tutti questi anni le voci di un suo pentimento sono sempre state smentite. Ora, invece, già da qualche settimana in realtà, Schiavone ha avviato i primi colloqui con l'Antimafia che ha garantito un programma di protezione ai suoi familiari, anche se va ricordato che già godono di tale protezione anche due suoi figli che si sono pentiti negli anni scorsi, Nicola e Walter. La decisione di Sandokan arriva pochi mesi prima della scarcerazione del terzo figlio Emanuele Schiavone, che tornerà in libertà per fine pena entro l'estate.
Il pentimento di Sandokan potrebbe chiarire alcuni misteri che riguardano le attività criminali del clan dei Casalesi dagli anni Ottanta ad oggi. Uno dei casi mai risolti, per esempio, è quello della scomparsa di Antonio Bardellino, il rivale di Sandokan assassinato in Brasile nel 1988. Se ne parlò a lungo nel processo Spartacus ma, ad oggi, il corpo di Bardellino non è mai stato ritrovato: tanto basta a far pensare agli inquirenti che potrebbe ancora essere vivo e nascondersi in qualche parte del mondo all'età di 78 anni. Il contenuto dei primi verbali illustrativi è secretato e il motivo potrebbe essere proprio che, come accade solitamente per i collaboratori di giustizia, nei primi colloqui vengono confessano i delitti eccellenti. In questi giorni Schiavone potrebbe fornire dettagli preziosi ai magistrati in merito alla sua scalata ai vertici del clan e a diversi episodi di cronaca nera riguardanti i Casalesi nonché rivelazioni riguardanti anche i rapporti con la politica e l'imprenditoria di Caserta e provincia.
"Il pentimento di Francesco Schiavone è sicuramente un po' tardivo ma è comunque importante, perché vuol dire che anche queste persone hanno una coscienza". Questo il commento di Marisa Diana, sorella di don Peppe, il sacerdote ucciso dal clan dei Casalesi il 19 marzo del 1994, in merito alla decisione del capoclan dei Casalesi, noto come Sandokan, di collaborare con la giustizia. "Anche loro - ha aggiunto Marisa Diana - come noi, hanno figli, fratelli e nipoti che vivono nelle nostre terre, e che pagano per i loro errori e per i danni fatti alle persone e al territorio". Anche il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, si dice "contento" del pentimento di Schiavone. "Spero che possa fare luce - continua il sindaco - su un periodo oscuro della nostra storia, ma anche a farci individuare quegli angoli ancora nascosti che possano rappresentare un pericolo futuro per la nostra gente, per la nostra economia e nostre istituzioni".
Spero che "Sandokan" possa "parlare dei suoi rapporti con la politica e l'imprenditoria" della provincia di Caserta "in riferimento anche alla Terra dei fuochi". A dirlo all'Adnkronos è Raffaele Cantone, attuale capo della Procura di Perugia, che in passato da pubblico ministero si è occupato di alcune importanti inchieste contro il clan dei Casalesi che, a processo, hanno portato a condanne in via definitiva all'ergastolo proprio per l'ormai ex boss pentito. "Credo che siamo giunti a un risultato importante, che certifica la vittoria dello Stato. Adesso - insiste Cantone - la speranza è che Schiavone possa rendere dichiarazioni che permettano agli inquirenti di far luce su episodi che, ancora oggi, restano oscuri".
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