25 Gennaio 2024
Hanno fatto credere a una cinquantina di stranieri, soprattutto di origine sudamericana, di poter ottenere la cittadinanza italiana in tempi rapidi, saltando a piè pari i passaggi burocratici che altrimenti avrebbero richiesto un’attesa del certificato di almeno un anno. In cambio le due donne - una si fingeva avvocatessa, l’altra si spacciava per dottoressa commercialista - volevano soldi, somme che cambiavano a seconda della disponibilità economica di chi si trovavano davanti. La forbice delle immeritate parcelle oscillava tra i 400 e i 1500 euro. Un giochetto che è andato avanti dalla fine del 2021 a quasi tutto il 2023, fruttando alla coppia circa settantamila euro. Fino a quando la squadra mobile non ha raccolto le prove che, ieri mattina, hanno fatto scattare le misure cautelari: arresti domiciliari per Martina Giudici, 30 anni; obbligo di dimora e di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria per Stefania Lady Castro, 32 anni.
A tirare i fili della truffa era Giudici, che aveva fatto entrare nelle squadra la complice dopo averla a sua volta raggirata (era la fine del 2021, secondo quanto ricostruito dagli investigatori). Quando Castro era andata a chiederle conto di quello che le aveva fatto, la finta avvocatessa le aveva proposto un accordo. Doveva occuparsi di procacciare i clienti. I proventi li avrebbero divisi, non in parti uguali ma in misura sufficiente per dare un tenore di vita soddisfacente alla nuova socia.
E così la coppia è diventata una vera e propria macchina da guerra, stile Totò e Nino Taranto nella scena del film in cui vendono la fontana di Trevi (Totòtruffa 62, ndr) a un italo-americano che aveva fatto fortuna negli Stati Uniti. Legale e commercialista farlocche invitavano i clienti per colloqui in diversi bar del centro città, in particolare quelli che si trovano nei pressi della Prefettura e del Tribunale di Genova, dove fingevano di avere degli impegni di lavoro. E tra un caffè e un cornetto imbastivano trattative con le vittime stabilendo le somme che occorrevano per ottenere rapidamente il certificato di cittadinanza. Quando volevano fare le cose in grande, però, affittavano studi extralusso in quartieri prestigiosi. Il più gettonato dalle due era nella zona di Albaro, in cui davano sfogo alla vera messinscena. Nei locali dotati di reali postazioni di lavoro gli addetti alla reception annunciavano con tono professionale chi si trovava in sala d’attesa. Nel fantomatico studio legale e tributario associato, Giudici e Castro firmavano decine di atti che consegnavano alle ignare vittime, identificandosi come avvocato una e come dottoressa commercialista l’altra.
False attestazioni e comunicazioni collegate venivano redatte su carte intestate a uffici ministeriali che sono risultate assolutamente genuine, e questo aspetto è ancora oggetto di accertamenti da parte degli agenti diretti da Gianfranco Minissale per scoprire come le due false professioniste se le siano procurate. Il sospetto è che le due avessero un complice interno alle strutture che millantavano di frequentare. I timbri, invece, hanno accertato i periti, erano perfettamente riprodotti ma opera di abili falsari.
Nonostante fossero identici agli originali, i certificati firmati Giudici e Castro hanno attirato l’attenzione delle forze di polizia: la squadra mobile ha chiesto la collaborazione dei titolari dei documenti, che prima hanno indicato chi glieli aveva forniti e poi hanno raccontato perché si erano rivolti a loro. Gli inquirenti hanno ricostruito che ad attirare la clientela era Castro, molto conosciuta nella comunità sudamericana che risiede all’ombra della Lanterna. Spacciava quelle pratiche accelerate come un favore. Il resto lo faceva Giudici, con le sue doti di affabulatrice. Del resto già in passato la trentenne si era finta avvocatessa, combinando guai che le sono costati più di un problema con la giustizia.
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