28 Agosto 2023
Instagram: @nonunadimeno
In seguito allo stupro di gruppo avvenuto a luglio a Palermo, la giovane vittima, che per proteggerne l'identità chiameremo Francesca, ha scelto di rompere il silenzio e alzare la voce sui social media. Tuttavia, la sua decisione ha portato sia a messaggi di affetto che a pesanti accuse. Francesca si è rivolta a coloro che la accusavano, affermando: "Non giudicate una stuprata".
Una volta che i nomi dei sette indagati sono diventati di dominio pubblico, i social media sono diventati un terreno di scontro. Da un lato, ci sono coloro che difendono e sostengono Francesca, cercando di proteggerla dagli insulti e dalle minacce ricevute online. Dall'altro lato, la vittima viene denigrata per i contenuti "osé" pubblicati su TikTok, dove condivide video e foto provocanti.
Nonostante le critiche e le minacce ricevute, i carabinieri di Palermo hanno dato il loro pieno sostegno a Francesca. Secondo alcune fonti, la 19enne viene costantemente contattata e rassicurata. Vive ancora nello stesso quartiere dove si trovano anche le famiglie degli indagati, una scelta consapevole che però ha portato a tensioni e minacce dirette alla vittima da parte di persone vicine ai 7 ragazzi che l'hanno violentata.
I magistrati hanno riportato che Francesca è stata "raggiunta, seppure indirettamente, da espresse minacce di morte da parte di persone vicine agli indagati, che le hanno fatto sapere di essere pronte a gesti violenti nei suoi confronti". Nonostante tutto ciò, la giovane non ha abbandonato il suo domicilio. Gli investigatori hanno spiegato che spesso con le giovani vittime di abusi si instaurano rapporti speciali, e Francesca ha trovato supporto e consigli presso le autorità. La vittima cerca di difendersi sui social, scrivendo che frasi di un certo peso possono portare le persone a suicidarsi in contesti come questi.
Intanto, la compagna che era con Francesca la sera dell'aggressione sembra non condividere la scelta della giovane di rivelare le identità degli aggressori. "Non dovevi fare nomi", scrive forse per difendersi. La ragazza è stata infatti oggetto di critiche online, accusata di non aver impedito che l'amica si allontanasse con gli indagati. Il messaggio, rivolto sia a Francesca che ai carabinieri, sembrerebbe essere intriso di odio e insulti, nonché frasi intimidatorie. La vittima ha risposto a questi attacchi scrivendo "dopo tutto quel che dici torno sempre a piangere per te anche se tu non versi una lacrima", chiedendo quindi alle persone di smettere di attaccare l'amica sui social media.
Un'altra critica di rilievo arriva anche da Massimiliano Orrù, noto per la sua posizione di comando nella Polizia Municipale di San Gavino Monreale, un piccolo comune situato a 50 chilometri da Cagliari. Nel commentare lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo, Orrù ha pubblicato su Facebook un post (poi rimosso) in cui scrive: "Insegnate alle vostre figlie a non scimmiottare i maschi e a non ubriacarsi. A noi maschi fa bene ogni tanto… a voi invece malissimo. Restate donne e non cercate di fare gli uomini… Siete femmine e non maschi".
E mentre qualcuno si limita a scrivere a Francesca attraverso Instagram, TikTok e Facebook, un papà decide di rivolgere alla vittima una lettera per dimostrare la sua vicinanza. L'uomo in questione è in realtà il padre della ragazza della vittima dello stupro di Capodanno a Roma. Qui di seguito il testo del messaggio mandato a La Repubblica:
“Cara ragazza di Palermo, sono il padre della vittima del tristemente noto “stupro di Capodanno” di Roma, e ti scrivo per appoggiarti. Hai fatto bene a reagire contro chi, sui social, ha facilmente concluso che a “una come te” è “normale” che capiti. Ma ti scrivo anche per avvertirti: sei sola, perché gli altri non comprendono.
Il prezzo da pagare a esporsi in un processo per stupro è enormemente superiore a ogni possibile vantaggio personale: si fa per le figlie e i figli di tutti gli altri, in un mondo che consiglia il silenzio perché è una macchia essere vittime. Anche questo è uno stupro collettivo, e tu che ti sei esposta un po’ di più probabilmente già lo sai. Mia figlia aveva 16 anni quando è stata drogata e stuprata da almeno cinque individui. È inequivocabile, il referto ospedaliero certifica gravi lesioni. Ma per noi, come temo sarà anche per te, l’evidenza non basta: il gioco processuale sarà a dimostrare che tu, come lei, volevate esattamente quello che vi è successo. Uno stupro è un puzzle di tradimenti, e dobbiamo raccontare a tutti cosa significano nel quotidiano: il tradimento di chi ti usa come un oggetto e poi il tradimento di chi vede in te, vittima che ha deciso esporsi per tutti, una scocciatura di cui sbarazzarsi così come eri solo un contenitore usa e getta di sperma".
"Pensavi di aver lasciato tua figlia minorenne in un luogo sicuro, dalla famiglia della sua migliore amica. Non immagini che l’adulto a cui l’hai affidata, senza avvisarti, la porta a una “festa” proibita in tempo di covid. Finché piomba una chiamata da una caserma dei carabinieri, prendi la macchina e corri oltre i limiti di velocità — multatemi se volete — e varchi quel portone di ferro per trovare un esserino annichilito, prostrato dall’enormità del sopruso. La abbracci ma senti che non c’è, è in una bolla tutta interna di sofferenza. La lasci alle deposizioni, dolorose ma necessarie. E ringrazio di nuovo l’Arma dei carabinieri — tutti quei militari, ma quanto è stato fondamentale ammettere a servire come Carabinieri anche delle donne! — per la delicatezza mostrata verso un essere spezzato".
Arrivano le fobie: mia figlia, cara ragazza di Palermo, è una tua coetanea normale, ma non riesce a entrare in un centro commerciale e corre di nuovo in casa perché si sente addosso tutti gli sguardi. I suoi amici non capiscono perché non accetta mai di andare a casa di qualcuno, ma si può raccontare cosa le è successo l’ultima volta che l’ha fatto? È una sé stessa che sa benissimo come tutto questo sia irrazionale ma è costretta a venire a patti con una sé stessa condizionata dal trauma. Servono i medici: “Stress post traumatico”, è ovvio, ma in quali fragilità si evolve non è scontato. Ancora meno lo sono le soluzioni: e allora si tenta un tipo di terapia e poi un’altra e una ragazzina deve sperimentare l’Efexor, il Prozac o il litio; la terapia risolutiva per l’ansia di una persona consapevole non è stata trovata. Il disagio dissimulato viene fuori per vie traverse: il profitto scolastico diventa un’altalena, come il suo peso, con oscillazioni fino a 12 chili in pochi mesi, per una ragazzina che ti chiede se sarà mai più capace di avere fiducia in un uomo, amarlo, costruire con lui una famiglia. Si dorme come i cetacei con mezzo emisfero cerebrale sveglio: nei momenti più bui mia figlia aveva evocato il desiderio di farla finita, e la notte si sente più sola".
"Cara ragazza, spero che tu abbia intorno meno cinismo e solitudine. Noi, ora ritentiamo; che il 2023 ci porti bene! A settembre un’altra facoltà, un’altra città, con lo strappo – e le spese – di non poter studiare lì dove ci si sentiva a casa, a Roma; che onta essere vittime! Però ora tutto dipende da un’unica cosa: quale responso restituirà la Giustizia italiana? Quanto vale una sentenza? Quale futuro avrà la ragazzina che ora vuol fare il Procuratore per difendere le altre vittime, quale fiducia, quale significato nella vita? Quale messaggio riceverai tu, dopo esserti esposta sui social a nome di tutte, se invece di una decisione che riconosce il vostro coraggio di denunciare e che invia un messaggio educativo per tutti, avrete una formula che, in raffinato linguaggio giurisprudenziale, significa “facevi meglio a ingoiare tutto e stare zitta, rompicoglioni!”.
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