19 Luglio 2023
foto @Lapresse
Sono trascorsi 31 anni, eppure, ogni 19 luglio, si sente forte quella maledetta puzza di bruciato che in una mattinata estiva come tante, in una terra bella quanto difficile come la Sicilia, ha spazzato via ogni presenza dello Stato, quello che cercava negli ideali di legalità e giustizia il riscatto della società civile, dei siciliani brava gente.
31 anni fa, via D’Amelio, a Palermo, è diventato uno dei simboli delle stragi di mafia, una pagina nera della storia del nostro Paese che ha perso sei dei suoi fedeli servitori: il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina, tutti appartenenti alla Polizia di Stato, uccisi dall'esplosione di un'autobomba carica con 50 kg di tritolo.
Emanuela Loi è stata la prima donna impiegata in un servizio di scorta e la prima vittima del dovere donna della Polizia di Stato.
Oggi saranno ricordati a Palermo in una serie di cerimonie ufficiali alle quali prenderà parte il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Alle 8.50 deporrà nella caserma Lungaro una corona d’alloro davanti alla lapide in memoria dei poliziotti uccisi.
Alle 10 presiederà il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura, alla presenza del prefetto Maria Teresa Cucinotta, del capo della procura Maurizio de Lucia e dei vertici delle forze dell'ordine. Con ogni probabilità parteciperà alla messa delle 12.30 officiata dall'arcivescovo Corrado Lorefice nella chiesa di Santa Maria in piazza della Pietà alla Kalsa, dove Falcone e Borsellino giocavano da bambini.
Non sarà presente invece, salvo contrordini dell’ultim’ora, alla tradizionale fiaccolata organizzata nel pomeriggio dalla destra per altri impegni concomitanti, come la stessa premier ha detto in una intervista rilasciata al Corriere.
Paolo Borsellino è morto 57 giorni dopo il suo collega Giovanni Falcone, rimasto ucciso nella strage di Capaci.
Due magistrati lontani dal potere e dalle stanze dei bottoni; soli, quasi emarginati, due sognatori folli che volevano sconfiggere la mafia e sono stati ridotti in brandelli. Brandelli che però hanno contribuito a risvegliare le coscienze e a fare rialzare la testa alla brava gente che in loro nome lotta contro le mafie; hanno contribuito a far rialzare la testa anche allo Stato, con la recente cattura di Matteo Messina Denaro.
Eppure non sarebbe stata solo la mafia, e l’intuizione di Paolo Borsellino lo aveva in parte previsto.
"Mi ucciderà materialmente la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere. La mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno". Questa è la confidenza che il magistrato fece a sua moglie Agnese prima di morire. Confidenza che sembra trovare conferme in quanto scrivono i giudici negli ambiti del processo sul depistaggio tenutosi a Caltanissetta il 12 luglio 2022, secondo i quali c’era: “una partecipazione morale e materiale di altri soggetti (diversi da Cosa nostra) e gruppi di potere interessati all'eliminazione del magistrato”.
Il giorno della strage, Paolo Borsellino aveva nella sua valigetta un’agenda rossa con importanti appunti sulle sue indagini. L’agenda sparì e non fu più ritrovata, per i giudici questo è il segno di “una verità nascosta o meglio non completamente disvelata".
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