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Lettera a Michela Murgia sul caso Saviano, sul fair play, sull’arroganza del potere costituito e sull’uso elettorale dell’odio più pecoreccio

IL CAFFE' SCORRETTO di Montel

16 Novembre 2022

Lettera a Michela Murgia sul caso Saviano, sul fair play, sull’arroganza del potere costituito e sull’uso elettorale dell’odio più pecoreccio

Cara Signora, ho ascoltato con interesse le Sue argomentazioni sul caso Saviano. Premesso che La encomio per il tono misurato, civilissimo, dei Suoi toni, mi permetto alcune contro-argomentazioni.

Lei afferma: Meloni è potente, Saviano no. CONFUTO: quando Saviano chiamava Meloni “bastarda” era lui a essere Il Potente (colui che può), a insultarla protetto dagli sgherri plaudenti, i suoi amichetti bulli riuniti nel quartier generale di guerra di La7; c’è da credere che forse abbia trasceso coi termini proprio perché si sentiva al sicuro. Insomma…gli è uscita male, capita. Ma poi, Signora, lo chiedo a Lei che si sembra attenta a ogni vocabolo che usa (e fa bene! Le parole sono chiavi che aprono porte su mondi molto diversi), Le pare quella una parola adeguata e pertinente al confronto politico? “Bastardo” dice nulla delle opinioni di un uomo, fossero anche sbagliate; “bastardo” è una parola da ceffo, da villanzone ignorante, a meno che a pronunciarla non sia un allevatore di bestiame.

Lei afferma: Saviano non è potente, le sue parole lo sono. CONFUTO: una volta stabilito che “bastardo”, nel caso di specie e in qualunque caso, non ha un portato allegorico di significati politici, ne consegue che Saviano ha usato un vocabolario da teppista di 16 anni; da ciò, si deduce che Saviano non ha manovrato la sua professione di scrittore ad arte ma nemmeno in modo appena professionale. Al contrario, proprio forte dello spalleggiamento dell’audience di odiatori, si è abbandonato a un insulto triviale, da bettola, per prendere l’applauso, per compiacere i suoi ospiti sornioni e intestarsi il merito di dileggiare la sola personalità politica che, da un’opposizione al 4%, contestava l’operato di un Governo del quale Lui, Saviano, sposava le istanze.

Lui, Saviano, afferma che è diritto e obbligo dell’intellettuale USARE LE PAROLE COME STRUMENTO DI LOTTA. Dunque, interpreto io, come ARMA. Sono d’accordo con lui, naturalmente. Altroché! Però va precisato che esiste un fair play anche negli armamenti: una lama da 13 cm nel corpo a corpo col nemico, sul campo di battaglia, fanno di te un eroe, sia che tu abbia la meglio sia che tu soccomba; i gas asfissianti nelle trincee altrui fanno di te un criminale di guerra, un vile, sia che li ammazzi tutti sia che loro riescano fortunosamente a salvare la pelle. Questo perché, cara signora Murgia, come io so che Lei sa, LE PAROLE SONO IMPORTANTI, e hanno una “portata di fuoco” che può essere legittima o illegittima. Non per nulla, un perito delle parole molto benemerito ha coniato l’espressione “armi non convenzionali” per definire quelle armi che hanno l’intento di fare moltissimo danno con pochissimo sforzo, quelle da vigliacchi insomma, ed è stabilito dalla Convenzione di Ginevra che esse non possano trovare spazio nemmeno in un confronto orribilissimo come quello bellico.

Da ultimo, signora Murgia, dal momento che Lei è sua amica e gli vuol bene, oltre che un’attenta osservatrice della realtà, potrebbe ricordargli che la Forma è sempre Sostanza. Di Cosa sto parlando? Del fatto che Saviano, purtroppo per lui, fa sfoggio di una tale spocchia, sia formale che di contenuti, una tracotanza morale che sembra scendergli da un’investitura divina, una condiscendenza presuntuosa e urticante miscelate alla megalomania tipica di chi abbia guadagnato miliardi con i prodotti del suo intelletto.

Glielo dica Lei, Signora Murgia, che gli è amica: quell’allure da Martire Gesuita della contemporaneità non lo mette nella posizione di invocare rispetto per gli insulti volgari e impertinenti che gli escono dalla bocca (laddove impertinente, che significa anche “fuori contesto”, “inadeguato”, dovrebbe farlo molto riflettere sulla sua professionalità di artista della parola).

Glielo dica Lei, Signora Murgia, Lei che gli vuol bene e lo guarda come una donna che ama, un’Andromaca, un’Elettra; glielo dica Lei, che a mio avviso incarna la parte migliore dell’uomo Saviano giacché insomma, inutile negarlo, ciascuno di noi vorrebbe un’amica come Lei, una che si batte per noi anche quando abbiamo torto marcio…glielo dica, insomma, quell’espressione da prigioniero di guerra non gli si attaglia un granché.

Stabilito dunque che Saviano non è Pier Paolo Pasolini, che egli non lotta per un Idea contro il potere ma al servizio di un potere mondiale che lo coccola come fosse il suo Delfino, sfruttandolo, anche, mandando avanti lui perché a loro fa comodo rimanere un passo indietro…tutto ciò asseverato, Signora Murgia, gli consigli di chiedere scusa alla Signora Meloni, non per la sua legittima avversione politica ma per l’uso villano e impertinente di un insulto tra i più feroci. Gli consigli di chiedere scusa, La prego!, perché è dagli intellettuali che devono partire i messaggi importanti per i giovani sulle regole del convivere e del dibattere civile. Gli consigli di chiedere scusa, La imploro, perché solo i veri gentiluomini (gli uomini gentili) sanno farlo e perché vogliamo tutti, Lei, lui, io, un futuro più onorevole per i nostri figli e anche perché la forza di un’ammissione di errore è dirompente, palingenetica, illuminante.

Non posso esserne certo, ma immagino che la Signora Meloni (non in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri ma di Donna offesa in modo tanto irrituale e volgare) immagino che la Signora Meloni ritirerà le accuse: per come la vedo io, non le sta a cuore soffocare alcun dissenso politico quanto stabilire il principio civico che deve essere posto un limite alle contumelie che si utilizzano nei salotti della tv i quali, da molti anni, non sono più né cenacoli né arene di confronto ma vere e proprie macellerie.

P.s.: Non posso nemmeno nominarlo, Pier Paolo Pasolini, senza che mi salgano le lacrime agli occhi. Anche ora, qui, adesso. Ricordiamolo sempre, Pier Paolo! Ricordiamo il suo aplomb aristocratico nel trattare la materia incandescente. Ricordiamo il suo coraggio indomito (quando parlava in tv era circondato da nemici veri, lui, mica da Formigli e pubblico adorante). Ricordiamo la sua fine da Cristo in croce, adorabile ragazzo che non alzava mai la voce né usava insulti fuori luogo. La terra ti sia leggera, uomo dolce e immortale!

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