30 Settembre 2021
Sono già passati tre anni dalla tragedia di Corinaldo, quando sei persone persero la vita travolti dalla folla in fuga dalla discoteca "Lanterna azzurra". Il caso è tornato alla ribalta della cronaca dopo che il marito di Eleonora Girolimini, una delle vittime, ha denunciato le lungaggini del processo e l'abbandono delle istituzioni. La donna, allora 39enne, ha lasciato 4 figli, che ancora non hanno visto né giustizia, né sostegno dai servizi sociali.
"Sono passati già tre anni e siamo alle primissime fasi. Gli avvocati dicono che è normale, che questi sono i tempi, ma noi che abbiamo passato un trauma del genere vorremmo vedere giustizia fatta", racconta Paolo Curli, marito di Elena Girolimini, morta quella tragica notte mentre accompagnava la figlia al concerto del rapper Sfera Ebbasta.
"Mia figlia grande mi ha detto 'Papà allora avevo 11 anni, ora ne ho 14, riuscirò a vedere la fine del processo prima di diventare maggiorenne?'", continua l'uomo. Da quella notte tra il 7 e l'8 dicembre sono passati tanti anni, ma la macchina giudiziaria avanza al rallentatore. La prossima udienza sarà il 16 dicembre, e non basta la sentenza di 10 e 12 anni per i ragazzi della "banda dello spray", il gruppo che scatenò il panico in mezzo alla folla quella sera. Rimane ancora da chiarire il nodo sulla sicurezza del locale, che Curli spera possa lanciare un segnale forte affinché stragi simili non si ripetano.
"La fiducia rimane, è stato fatto un buon lavoro, ma arrivare alla fine di questo processo significa chiudere il cerchio e lasciarsi tutto indietro. Finché non succede, resta un senso di ingiustizia", denuncia l'uomo. "Le persone che ritengo colpevoli della mancanza dei nostri cari fanno la loro vita, mentre la mia e quella dei miei figli è completamente rovinata. Eleonora non ce la ridà indietro nessuno, ma almeno vogliamo vedere giustizia fatta".
Sono quattro i figli di Eleonora Girolimini e Paolo Curli: il più piccolo ha 14 anni, mentre oltre alla maggiore di 14 ci sono due gemelle di ancora dieci anni. Tutti troppo giovani perché possano vivere senza cure, ma il padre deve lavorare per sostentarli tutti. Un compito di cura enorme, che non può essere rilasciato solo ai parenti e al portafoglio.
"Devo elemosinare l'aiuto due volte a settimana per due ore dei servizi sociali, ho dovuto prendere una baby sitter, mi aiutano in tutto e per tutto i nonni, i genitori di Eleonora, ma si fanno sempre più anziani", denuncia Curli, una storia comune a molte famiglie italiane. "A cosa servono le istituzioni se non ad aiutare le persone? Io e Eleonora non abbiamo mai chiesto aiuto per i nostri bambini. Io non amo lamentarmi, sono sempre stato umile e non è nel mio stile, ma la mia rabbia nasce dal fatto che mi ritrovo così non per mia negligenza ma per colpe altrui. All'inizio l'aiuto c'è stato, anche troppo, ma ora la nostra storia è stata un po' dimenticata".
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