24 Marzo 2025
Oggi in Tv spuntano per ogni dove: da Lolita Lobosco a Imma Tataranni delle omonime serie, da Valeria Ferro di “Non uccidere” a Elena Zonin di “Non mi lasciare”, e indagano sempre ingrugnate, problematiche, impegolate nelle pieghe più angosciose dell’animo umano, roba da scombussolare anche Jung e Freud…Con loro c’è poco da stare allegri…E pensare che la capostipite assoluta di tutte queste cupe superfemmine era invece scanzonata, solare, frizzante, e perfettamente a suo agio in una cornice giallo-rosa dove, al posto dell’ansia, c’erano solo humour e ironia. Di chi stiamo parlando?! Ma dell’inarrestabile Laura Storm, naturalmente!
Andate in onda tra l’11 agosto 1965 e il 18 settembre 1966 in due stagioni di 4 episodi ciascuna - oggi reperibili su Raiplay, Sezione Teche Rai Sceneggiati - “Le avventure di Laura Storm” gravitano intorno all’intraprendente giornalista Laura Perrucchetti: attillato trench nero per strizzare l’occhio a quello bianco del glorioso Tenente Sheridan, eleganti tacchi a spillo, acconciatura bionda inappuntabile, senza un capello fuori posto anche nelle scene più movimentate, e un nom de plume decisamente allusivo - Storm, tempesta, appunto.
Con la sceneggiatura accattivante di Leo Chiosso, Andrea Camilleri e Camillo Mastrocinque, che curò anche la regia, le puntate si dipanavano piacevolmente tra raffinate soirée, sfilate di alta moda, belle dame in gran toilette, alteri gentiluomini in smoking e dialoghi vivaci innaffiati di champagne.
Da “Una bionda di troppo” a “Un cappotto di mogano per Joe” le storie ammiccavano a certe atmosfere di Raymond Chandler con il suo Philip Marlowe o di Van Dine con il suo Philo Vance, ma così, con bonomia, con toni caserecci. Ci scappava, sì, il morto. C’era, sì, l’inevitabile furto di diamanti. Spuntavano, sì, il solito boss italo-americano con i suoi “ragazzi” dalle facce patibolari o il solito barone tedesco dai modi melliflui e il passato scabroso…ma sullo sfondo, improbabili, come gustose parodie, come pretesti per avviare la vicenda, e subito dimenticati, si direbbe, per fare largo alla piacevolezza dei personaggi.
Carlo Steni, direttore del giornale “L’eco della notte”, è innamorato di una scatenata e rompiscatole giornalista della sua redazione, Laura Storm, appunto, e vorrebbe “addomesticarla” sposandola - ma verrà abbandonato per ben due volte sull’altare stramazzando svenuto a terra tra le grida degli invitati - o almeno vorrebbe arginarne in qualche modo l’esuberanza relegandola nel settore innocuo (e più femminile) della cronaca mondana.
Ma Laura non sa che farsene di ricevimenti, pettegolezzi, cocktail e matrimoni del bel mondo. Anticonformista e indipendente, ama l’azione, l’imprevisto, l’emozione. E finisce sempre per incappare in casi di cronaca nera che risolve brillantemente con intuito, audacia, travestimenti e, all’occorrenza, abili mosse di arti marziali.
Infatti, pratica con disinvoltura judo e karate, e per lei è un gioco da ragazzi mettere ko i lestofanti scaraventandoli sul pavimento, pur mantenendosi impeccabile, con gli occhi bistrati, ingioiellata e in abito da sera di Balmain - indossato perfino sotto la muta da sub che le serve per raggiungere a nuoto lo yacht del sospettato di turno, in perfetto stile James Bond.
Stessa sbrigativa noncuranza anche con i corteggiatori indesiderati come il fotografo Michelino che tenta sempre di rubarle un bacio e rimedia invariabilmente una sberla.
Petulante, importuna e invadente, Laura è peraltro un valido aiuto per il bonario commissario Ernesto Ferretti. Egli vorrebbe vivere tranquillo, sbrigare presto presto le pratiche d’ufficio e dedicarsi anima e corpo alla sua smania per la pesca delle trote… quando la Storm compare all’orizzonte, sempre foriera di guai, gli vengono i brividi e cerca di fuggirla come la peste, salvo riconoscerne l’abilità e il fiuto investigativo che, in tutte le indagini, alla fine si rivelano risolutivi.
Interpretando Laura Storm, l’avvenente e poliedrica attrice-soubrette-ballerina Lauretta Masiero fornì una delle prove più felici della sua fortunata carriera. Arguta, chic e straripante di vis comica, “una specie di farfalla matta, capace delle cose più straordinarie, di farti rotolar dal ridere, quando tira fuori la voce all'americana, o di farti piangere, quando tira fuori il sentimento”, come scriveva giustamente il giornalista e critico Giovanni Testori.
E la sigla di chiusura della serie la descriveva a perfezione: deliziosa canzoncina orecchiabile e buffissima (“Ancora una volta/ pericolosamente/ cerchi l’amore di Laura Storm/ però se ti illudi che accada facilmente/ non conosci Laura Storm”), scritta da Johnny Dorelli con il quale, in quegli anni, la Masiero viveva un’importante relazione sentimentale.
Nelle sue burlesche peripezie televisive, l’attrice era affiancata e valorizzata da grandi nomi di solida provenienza teatrale. Aldo Giuffré impersonava l’eterno fidanzato Carlo Steni, tiranneggiato e frastornato da questa donna irrefrenabile che lo riduce un pizzico e non esita a cacciarlo nelle situazioni più pericolose - in un episodio rischia addirittura di farlo saltare in aria con la dinamite…
Stefano Sibaldi prestava al commissario Ferretti la pastosa sonorità della sua voce, che ne fece un doppiatore eccezionale nel secondo dopoguerra, e la sua inimitabile mimica - sempre nel 1965 fu grandissimo nel ruolo dello stralunato Signor Dick nel “David Copperfield” di Anton Giulio Majano. Un giovanissimo Oreste Lionello era poi il fotografo Michelino, sempre bistrattato in redazione e sfortunato in amore. E per i co-protagonisti, di volta in volta, si attingeva a piene mani tra star come Silvano Tranquilli, Franco Volpi, Ernesto Calindri, e anche Carlo Giuffré, fratello di Aldo, che tratteggia scherzosamente l’ambiguo e seduttivo Ramòn nella puntata “Il tredicesimo coltello”, con tanto di basettoni, sguardo assassino e pantaloni da bailaor di flamenco.
Ingenui e rassicuranti polizieschi degli Anni ’60…Aggressività: da operetta. Inquietudine: zero. Volgarità: non pervenuta. Imperavano soltanto lieto fine e buonumore. Una “tempesta” di buonumore. Ci pensava Laura Storm. Ah, se le sue discendenti di adesso se l’andassero a riguardare…
Di Carla Di Domenico
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