23 Gennaio 2024
Sabato 27 gennaio 2024 alle ore 18 sarà inaugurata la personale “Heroes” di Massimo Lagrotteria, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, presso Rosso Tiepido Hangar a Modena.
L’esposizione si compone di tre grandi sculture mai esposte dall’artista e dunque realizzate appositamente per gli imponenti spazi di Rosso Tiepido, e otto dipinti installati per l’occasione su cavalletti rivestiti in un elegante velluto colorato: tale originale allestimento si rende necessario in quanto Rosso Tiepido presenta al suo interno diversi murales di alcuni dei più importanti street artist italiani e internazionali quali Tellas, Moneyless, Giorgio Bartocci, Sten&Lex, Aris, Awer, Ciredz, MP5, Martina Merlini e Gola Hundun, i quali a partire dal 2018 hanno reso questo suggestivo spazio industriale una “Cappella degli Scrovegni della street art”.
La mostra di Lagrotteria si propone dunque come una mostra nella mostra, dove lo spettatore che osserva i lavori si trova a notare un’amalgama di linguaggi differenti seppur armonici nel loro insieme.
Le sculture e pitture di Lagrotteria ci parlano dell’alienazione sociale di cui tutti gli individui, almeno una volta, si trovano a soffrire: l’individualità trova il suo comune denominatore in un malessere ampiamente diffuso nella società odierna; dunque, l’esperienza non è da considerare come singolare bensì come parte di una grande addizione esistenziale; gli eroi antieroi di Lagrotteria siamo noi, che sprofondiamo nel grigiore delle nostre vite sebbene cerchiamo di eluderlo.
Così la curatrice Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci scrive nel testo critico della mostra: “Il ragionamento attraverso il quale si realizzano le opere di Lagrotteria è di tipo induttivo, ovvero un ragionamento che procede da più casi particolari per formulare una conclusione generale, al contrario del ragionamento deduttivo, che procede da considerazioni generali per giungere a formulare regole specifiche. Ecco, dunque, che osservando bene quella materia vibrante posta come un agglomerato dalle fattezze incerte su piedistalli stabili solo in apparenza, questa si manifesta come vere e proprie macerie del tempo odierno, un tempo che Lagrotteria vuole raccontare senza orpelli, che vuole forse persino cercare d’ingannare nel vano tentativo di arrestarne il suo tragico scorrere. L’ideale eroico gesto di Lagrotteria ha le fattezze accennate delle sue sculture, i suoi Heroes intrappolati in un immobilismo da cui disperatamente tentano di emergere: sono gli stessi soggetti, gli stessi personaggi che abitano le tele, adagiate sul velluto ora scarlatto ora pervinca, colori che riflettono bellezza e che stridono a confronto della tragica cupezza del mondo di oggi.”
L’esposizione sarà visitabile fino al prossimo 24 febbraio.
Il lavoro di Massimo Lagrotteria incarna da sempre un humus materico che potremmo definire come un personalissimo primordiale Big Bang.
La sua pittura in togliere, stratificata ma essenziale al contempo, è l’ossimorica e al contempo lapalissiana dimostrazione che strati di materia possono convivere finanche in un’estetica scarna.
Tale dettame ha la sua espressione massima nella nuova serie di sculture, realizzate appositamente per Rosso Tiepido, che denunciano una solidità meramente apparente, nascondendo al contrario un’estrema fragilità di fondo, sia concettuale che formale.
In questi monoliti modellati di materia solo ad un primo sguardo informe e rozza, si osservano infatti buchi, fessure, sono persino ben visibili parti della struttura di ferro, spoglia impalcatura, che abita al di sotto di ogni colosso dalle sembianze umane accennate, non ascrivibili ad un individuo in particolare, bensì ad una comunità in generale; ecco l’aspetto squisitamente concettuale di questo ciclo di lavori di Lagrotteria: le sue sculture, seppur prodotto di una genesi concepita singolarmente, raccontano il precario equilibrio dell’esistenza di una comunità tutta, poiché l’individuo senza volto di Lagrotteria (il singolo) racconta la vita della società (la moltitudine).
Il ragionamento attraverso il quale si realizzano le opere di Lagrotteria è di tipo induttivo, ovvero un ragionamento che procede da più casi particolari per formulare una conclusione generale, al contrario del ragionamento deduttivo, che procede da considerazioni generali per giungere a formulare regole specifiche.
Ecco, dunque, che osservando bene quella materia vibrante posta come un agglomerato dalle fattezze incerte su piedistalli stabili solo in apparenza, questa si manifesta come vere e proprie macerie del tempo odierno, un tempo che Lagrotteria vuole raccontare senza orpelli, che vuole forse persino cercare d’ingannare nel vano tentativo di arrestarne il suo tragico scorrere. L’ideale eroico gesto di Lagrotteria ha le fattezze accennate delle sue sculture, i suoi Heroes intrappolati in un immobilismo da cui disperatamente tentano di emergere: sono gli stessi soggetti, gli stessi personaggi che abitano le tele, adagiate sul velluto ora scarlatto ora pervinca, colori che riflettono bellezza e che stridono a confronto della tragica cupezza del mondo di oggi. Che cos’è infatti la pittura se non l’illusione di rendere eterno un attimo fissandolo sulla tela? Non c’è niente di più ossessivo, di magicamente ripetitivo e reiterato dell’atto del dipingere, dipingere è un’urgenza, un monito, un efficace metodo per ingannare il tempo, necessario all’artista tanto quanto allo spettatore. Quest’ultima immagine con facilità ci richiama alla mente una scena del capolavoro del cineasta svedese Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, nella quale lo scudiero Jöns dialoga con un pittore: Che cosa dipingi? La danza della morte E quella è la morte? Si, che prima o poi danza con tutti; Che argomento triste hai scelto; Voglio ricordare alla gente che tutti quanti dobbiamo morire; Non servirà a rallegrarla; E chi ha detto che ho intenzione di rallegrare la gente? Che guardino e piangano; Aaah, invece di guardare chiuderanno gli occhi; Io ti dico che li apriranno… Un teschio, spesso interessa molto di più di una donna nuda; Se li spaventi però; Li fai pensare; E se pensano... Si spaventano ancora di più Il pittore si trova dunque a vivere la perenne dicotomia tra il dipingere una macabra realtà e al tempo stesso tentare d’ingannarla, di fermarla fissandola sulla tela. Il gesto lento, ripetuto e ossessivamente reiterato, aiuta a contrastare, seppur idealmente, il processo che consuma l’esistenza, il senechiano conto alla rovescia verso la morte. Ognuno di noi vive come Antonius Block (il cavaliere che nel film di Bergman gioca a scacchi la sua partita con la morte), come un eroe che è in realtà un antieroe: l’arte ci supporta e ci guida, ferisce con la verità, lenisce con il sogno.
Giuditta Elettra Lavinia Nidiac
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