14 Novembre 2025
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, con un brevissimo video, è riuscito a mettere in stato di allarme tutta la comunità cristiana mondiale. Un giornalista, nella clip, ha chiesto cosa stesse leggendo al momento. A quel punto, il premier ha risposto di essere immerso in "Jews vs. Rom: Two Centuries of Rebellion Against the World's Mightiest Empire" dello storico Barry Strauss, un'opera sulla lotta ebraica all'interno dell'Impero Romano per mantenere la propria identità religiosa.
Netanyahu ha però aggiunto: "Allora abbiamo perso quella battaglia, ora dobbiamo vincere la prossima". Molti hanno interpretato questa frase come una dichiarazione di guerra nei confronti di Roma e dei cristiani.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha destato attenzione nei giorni scorsi rivelando di star leggendo il volume "Jews vs. Rome: Two Centuries of Rebellion Against the World’s Mightiest Empire" dello storico Barry Strauss, il quale ricostruisce due secoli di insurrezioni ebraiche contro l’Impero romano. In un breve scambio con un giornalista, Netanyahu ha commentato: "Well, we lost that one. I think we have to win the next one".
La frase "L’abbiamo persa quella, penso che dobbiamo vincere la prossima" ha suscitato reazioni diversificate, sia da osservatori politici che storici, per la forte metafora bellica implicita e per il rilevante riferimento a una battaglia storica sconfitta. Il libro racconta come, nonostante l’ultima grande rivolta ebraica sia stata sedata da Roma, la comunità ebraica abbia mantenuto la propria identità culturale e religiosa nel tempo.
La scelta di questo passaggio e la lettura dichiarata da Netanyahu si inseriscono in un contesto di sensibilità elevata: il confronto geopolitico in Medio Oriente è acceso, e il premier sembra proporre un parallelo tra l’antica sconfitta e la necessità di un riscatto contemporaneo.
L’identificazione del "prossimo" fronte da vincere non è esplicitata, lasciando ampio spazio alle interpretazioni: alcuni analisti vi leggono un riferimento implicito alle sfide attuali d’Israele, altri un richiamo più generale alla resilienza nazionale. In ogni caso, l’intervento genera domande: chi sia il "nuovo impero" da battere, qual è la natura della "prossima battaglia" e quali conseguenze politiche e simboliche questa lettura possa avere in un momento tanto delicato.
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