08 Ottobre 2025
"Questa è stata la nostra terra, per 3500 anni". Netanyahu non pone freni alla sua macchina propagandistica contro il popolo palestinese.
In una recente intervista rilasciata ai microfoni del podcast dell'autore e regista Dinesh D'Souza, il premier israeliano Benjamin Netanyahu è tornato a parlare della legittimità che vincola il popolo d'Israele alla "sua terra". Nel podcast, i due discutono della reazione del leader all'attacco di Hamas del 7 ottobre, ma anche, tra le varie cose, delle origini di Gesù e sull'ontologica appartenenza agli israeliani di quelle regioni del Medio Oriente. Un'apologia - al genocidio perpetrato contro i civili della Striscia - che cerca goffamente di aggrapparsi all'istituzione religiosa, alla "storia" di un popolo dichiarato "eletto" dal Signore. "La nostra identità è stata forgiata qui - ha affermato il leader israeliano -, così come la nostra fede e il nostro stesso essere. Qui abbiamo scritto questo 'Libro dei Libri' che ha cambiato la storia e la percezione, dando valori, non solo al popolo ebraico, ma a tutta l'umanità".
Poi il riferimento a Cristo, leader carismatico di una delle religioni monoteiste più importanti al mondo e di cui Netanyahu rivendica puntualmente le radici ebraiche: "Era un maestro ebreo della Galilea. Non era un maestro palestinese. Era un maestro ebreo con un nome ebreo, Yeshua. È stata la nascita del cristianesimo, che è nato da maestri ebrei che si sono spostati verso il cristianesimo, ma erano ebrei e venivano dalle tradizioni ebraiche". La libera strumentalizzazione della storia delle religioni prosegue e va oltre, tocca, in Netanyahu, le corde della genetica: "Gli ebrei di oggi sono i discendenti degli antichi israeliti descritti nella Bibbia, non c'è dubbio. (...) Se vuoi il DNA e lo confronti con i nostri antenati e alcuni dei siti di sepoltura, lo vedrai. Non c'è alcun dubbio su questo". Negli oltre 50 minuti di conversazione, una parentesi si è aperta anche sulla delicata questione storica della diaspora che ha allontanato gli ebrei dalla loro terra. Netanyahu però rassicura: "Gli ebrei si sono sparsi (...) ma non abbiamo mai, mai dimenticato questa terra. (...) non abbiamo mai abbandonato le nostre speranze, i nostri sogni e le nostre preghiere per tornare qui". Parole che nascondono, in filigrana, il concetto colonialista alla base dei discorsi: la volontà di perseguire verso il progetto del "Grande Israele" (Eretz Yisrael HaShlema). Un'idea in sé vecchia oltre un secolo ma che Netanyahu ha attivato concretamente a partire da quel 7 ottobre di due anni fa.
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