09 Settembre 2025
Katmandu, 9 set. (askanews) - Caos in Nepal, con la capitale Katmandu messa a ferro e fuoco dalle violente manifestazioni e gli scontri con le forze dell'ordine, che hanno portato alla morte di 22 persone e a centinaia di feriti; il governo oggi ha fatto marcia indietro, sbloccando l'accesso alle piattaforme social, annullando quindi il provvedimento deciso alcuni giorni fa, ma le proteste non si sono fermate.
I manifestanti, principalmente giovani, scesi in piazza con la richiesta di revocare il divieto sui social e di combattere la corruzione, hanno dato fuoco al Parlamento, alla Corte suprema, altri palazzi governativi e alla residenza del primo ministro K.P. Sharma Oli che si è dimesso.
Prese d'assalto anche le abitazioni di vari politici. È morta la moglie dell'ex primo ministro nepalese Jhalanath Khanal, dopo aver riportato ustioni gravissime dopo che la sua residenza è stata incendiata.
Molti voli presso l'aeroporto internazionale di Katmandu sono stati cancellati, per problemi di visibilità sui cieli della capitale a causa delle colonne di fumo.
L'esercito nepalese ha esortato i manifestanti a mantenere la calma e a difendere l'unità nazionale, ribadendo il proprio impegno a salvaguardare l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale del Paese.
Sono state già ribattezzate le "proteste della GenZ": tanti i ragazzi che hanno protestato non solo per il divieto di usare i social, ormai riattivati, ma contro una politica che hanno definito "corrotta", adducendo la decisione di bloccare le piattaforme a un voler occultare scomode verità.
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