23 Ottobre 2020
Milano, prima serata di coprifuoco: città deserta e presidiata dalle forze dell'ordine - Fonte: LaPresse
Continuano a crescere i numeri dell’epidemia causata dal virus Covid-19 in Italia. Oggi record di nuovi positivi, sono 19.143 in più rispetto a ieri, a fronte però di 182.032 tamponi effettuati, il numero più alto di sempre. Il tasso di positività dei tamponi cresce ancora, assestandosi oggi al 10%; un individuo su dieci dei testati risulta essere positivo.
Oltre alla lotta all’emergenza, proseguono anche le discussioni interne su come affrontare l’epidemia. Ieri sera sono andate in scena manifestazioni sotto il palazzo della Regione Lombardia da parte dei ristoratori, infuriatisi dopo l’approvazione dell’ordinanza che impone il coprifuoco a partire dalle 23. Molti anche all’interno della comunità scientifica sostengono che le misure per contenere il Covid-19 andrebbero parzialmente riviste, visto il drammatico impatto che hanno sull’economia. I cosiddetti “negazionisti” cercano di ridimensionare il panico generato da alcuni loro colleghi e dai proclami governativi, dando una visione d’insieme sull’epidemia che vorrebbe indicare nuove vie per contenere il contagio.
Un report pubblicato a inizio ottobre dall’Istituto superiore di sanità analizza un campione dei decessi causati dal nuovo coronavirus. L’età media si colloca sugli 80 anni, con il 63% dei soggetti deceduti risultato essere affetto da tre o più patologie persistenti. Solo il 3,6% dei casi analizzati è morto presentando zero patologie. Proseguendo nell’analisi del report, si nota come solo l’1,1% dei morti avesse meno di cinquant’anni, indicando come il virus non sia letale per tutti, ma quasi esclusivamente per alcune specifiche categorie: gli anziani e i soggetti affetti da gravi patologie.
Lo sforzo del Governo in queste settimane si è concentrato soprattutto sul tracciamento degli infetti, incrementando enormemente il numero di tamponi effettuati rispetto a quello dei mesi estivi. L’aumento sostanziale dei test effettuati porta alla luce anche una miriade di casi asintomatici o paucisintomatici, circa il 94% del totale, che non ha bisogno di cure o ricoveri ospedalieri. Secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, la situazione in termini numerici di oggi sarebbe uguale a quella che avremmo trovato a gennaio o febbraio se anche allora si fossero fatti tamponi a tappeto. "Se avessimo fatto una ricerca sul territorio - continua Caruso - avremmo trovato quello che c'è oggi, ovvero una buona percentuale che tende a salire nel tempo". Il trend nei prossimi giorni sarà in continua crescita, con la curva esponenziale di diffusione sarà destinata a salire. "E da quel momento in poi arriverà a colpire tutti, anche i più deboli".
2500 letti occupati nelle terapie intensive corrispondo al punto di non ritorno secondo fonti governative. Raggiunta quella soglia, non sarà possibile altro che un lockdown, altrimenti il sistema ospedaliero rischia di collassare. Al momento, in Italia sono attive circa 6628 postazioni, poche rispetto alle 5179 a disposizione all’inizio di marzo. L’obiettivo, concordato con le Regioni tramite il piano Arcuri, è quello di portare questo numero a circa 8700 nel minor tempo possibile. "Ad oggi quelli quelli già occupati sono circa il 15%", si legge nel report settimanale del commissario straordinario Domenico Arcuri. "Questa percentuale scende all'11% con gli ulteriori 1.660 posti letto attivabili con i ventilatori già distribuiti alle Regioni".
Si è più volte sottolineato come la situazione di ottobre non sia paragonabile a quella di marzo e aprile. Oggi si fanno moltissimi tamponi in più, dai 30 mila primaverili ai 180 mila di oggi. Nonostante ciò, la possibilità che il Paese, sebbene siano state appena varate misure più restrittive, si prepari a entrare in una fase di lockdown, se non generale, almeno mirato, si fa sempre più insistente. Sul tema è intervenuto il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri. In un’intervista rilasciata alla Stampa, Sileri ha dichiarato che sarebbe meglio aspettare di vedere l’effetto delle misure adottate con i vari Dpcm e ordinanze regionali, prima di invocare lockdown nazionali o altre restrizioni. Secondo il viceministro, non è stato ancora previsto un numero preciso di ricoverati che farebbe scattare il lockdown, ma “se l'R con t sale sopra 2 è poi facile che la capacità di tracciamento e la tenuta della rete ospedaliera siano tali da imporre delle chiusure. Che potrebbero essere necessarie in alcune località. Non credo in tutta Italia».
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