26 Settembre 2025
Una nuova ricerca suggerisce che il materiale genetico contenuto nei vaccini Covid a mRNA potrebbe integrarsi nel genoma umano, potenzialmente contribuendo allo sviluppo di tumori particolarmente aggressivi. Lo studio, intitolato "Genomic Integration and Molecular Dysregulation in Aggressive Stage IV Bladder Cancer Following COVID-19 mRNA Vaccination", è stato pubblicato in pre-print lunedì su Zenodo, piattaforma di archiviazione scientifica gestita dal CERN.
“Riteniamo che questo sia un segnale di allarme che il mondo non può permettersi di ignorare”, ha dichiarato l’epidemiologo Nicolas Hulscher, tra i coautori dello studio.
I ricercatori sostengono che i risultati ottenuti smentiscono le affermazioni dei produttori di vaccini e delle agenzie sanitarie, che hanno sempre negato la possibilità che i vaccini mRNA possano alterare il DNA umano o contenere frammenti di DNA contaminanti.
Il lavoro si basa sul caso clinico di una donna di 31 anni, in precedenza sana, che ha sviluppato un “carcinoma della vescica in stadio IV rapidamente progressivo” entro un anno dalla terza dose del vaccino mRNA di Moderna. La presentazione del caso è stata definita “una presentazione insolita e aggressiva per questa età”.
Secondo Hulscher, la vaccinazione della paziente avrebbe scatenato una serie di eventi biologici avversi: “Abbiamo assistito a una tempesta perfetta: i geni che normalmente causano il cancro sono stati attivati, i geni che normalmente riparano il DNA sono stati danneggiati e in tutti i campioni biologici che abbiamo testato erano presenti ampie interruzioni nella segnalazione cellulare. Tutto questo è emerso entro un anno dalla sua serie di vaccinazioni a mRNA”.
L’analisi ha rilevato in un frammento tumorale una sequenza genetica identica al 100% a una porzione della proteina spike presente nel vaccino Pfizer-BioNTech. Sebbene la paziente abbia ricevuto solo il vaccino di Moderna, gli autori sottolineano che i due vaccini “condividono tratti identici di sequenza nucleotidica” nella regione della spike.
La sequenza plasmidica di Moderna, precisano gli studiosi, non è disponibile nel database NCBI, quindi il confronto è stato effettuato con quella Pfizer, risultata la più simile. Le probabilità che si verifichi una corrispondenza del 100% con un frammento tumorale sono state stimate in “1 su un trilione”.
“Il fatto che questa corrispondenza si sia verificata in un tumore così raro e aggressivo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme”, ha avvertito Hulscher.
Lo studio sottolinea che la contaminazione da DNA plasmidico nei vaccini può avere gravi conseguenze sanitarie: tumori multipli, infiammazioni croniche, rischio aumentato di coaguli, ictus e morte improvvisa. Inoltre, i contaminanti potrebbero essere trasmissibili alle generazioni future.
“Per anni, le autorità di regolamentazione hanno insistito sul fatto che l’integrazione fosse impossibile. Il nostro studio è la prima prova molecolare diretta della presenza di DNA derivato dal vaccino incorporato nel genoma umano. E non si è trattato di un evento casuale: si è verificato insieme a prove di mutazioni che causano il cancro e caos genetico”, ha dichiarato Hulscher. “Questo modello è biologicamente plausibile per accelerare la progressione del cancro”, si legge nello studio.
Il coautore John A. Catanzaro, Ph.D., naturopata e CEO di Neo7Bioscience, ha spiegato che il cancro alla vescica colpisce principalmente pazienti anziani, con un’età media di diagnosi pari a 73 anni. Solo il 2% dei casi riguarda persone sotto i 40 anni, mentre tra le donne sotto i 35 anni è “stimato ben al di sotto dello 0,5% di tutte le diagnosi”.
“Data la rarità del cancro alla vescica in stadio avanzato in questa fascia demografica, il suo caso ha richiesto un’indagine molecolare approfondita”, ha affermato Catanzaro.
La paziente, ancora in vita e in cura con una terapia personalizzata, non presentava precedenti familiari di cancro. L’analisi è stata condotta da Neo7Bioscience con una “scansione molecolare a quattro livelli”, comprendente esami su DNA, RNA, proteine ed escrezioni.
“Abbiamo trovato un’impronta genetica del vaccino all’interno del suo DNA… in una regione genica densa e instabile”, ha ribadito Hulscher, aggiungendo che tale integrazione può avere “potenziale oncogenico” e favorire una “malignità aggressiva”.
Lo studio ipotizza diversi meccanismi per spiegare questa integrazione: trasferimento di frammenti di DNA plasmidico durante la produzione, trascrizione inversa dell’mRNA da parte di enzimi cellulari, o instabilità genomica indotta dalla proteina spike.
“L’umanità non può giocare d’azzardo con la distruzione genomica”, ha dichiarato Hulscher, citando anche altri studi recenti che evidenziano contaminazione da DNA nei vaccini a livelli ben superiori ai limiti normativi.
“Fino ad ora, l’integrazione era stata considerata impossibile. I nostri risultati dimostrano che può verificarsi, in una regione pericolosa del genoma, con chiare conseguenze funzionali. Ciò richiede un immediato ritiro dal mercato. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per quantificare la frequenza e il rischio, la sospensione precauzionale è giustificata”.
Infine, lo studio conclude: “Il cancro allo stadio 4 è ora una reazione avversa documentata spiegabile solo con la vaccinazione, ed è necessario includere l’oncogenesi nell’ottenimento del consenso informato”.
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