Ddl Delrio per censura dell'informazione, "antisemita chi critica Israele e sionisti", sospensione di 6 mesi anche ai giornalisti; controllo ad Agcom e comunità ebraiche
Il ddl contro l’antisemitismo apre un caso politico: rischio censura per giornalisti, controlli nelle università, poteri ad Agcom e comunità ebraiche. Il provvedimento è lo stesso che ha visto come protagonista il Covid, con una vera e propria limitazione della libertà d'espressione
Undici senatori del Partito Democratico, fra cui Graziano Delrio, Simona Malpezzi e Pier Ferdinando Casini, hanno proposto un disegno di legge per "contrastare l'antisemitismo". Un ddl che ha sollevato molte proteste nella stessa opposizione, con il portavoce di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli che ha spiegato: "Se entrasse in vigore, sarebbe una sorta di censura statale, visto che colpirebbe chiunque critichi Israele e le sue politiche".
Un ddl che prevede una vera e propria censura totale, con conseguenze pesantissime per chiunque critichi Israele e le sue politiche: sospensione fino a 6 mesi per giornalisti, ispettori nelle scuole e università per "lezioni e attività a rischio", Agcom rafforzato per togliere contenuti online e sospendere utenti dalle piattaforme con multe.
Ddl Delrio per censura dell'informazione, "antisemita chi critica Israele e sionisti", sospensione di 6 mesi anche ai giornalisti; controllo ad Agcom e comunità ebraiche
Un disegno di legge per "contrastare l’antisemitismo" sta provocando una frattura sempre più evidente nel centrosinistra. Il provvedimento, composto da sei articoli e firmato da undici senatori tra cui Graziano Delrio, Simona Malpezzi, Antonio Nicita, Alessandro Alfieri, Alfredo Bazoli e Pier Ferdinando Casini, è stato annunciato il 20 novembre e recentemente assegnato alla Commissione Affari costituzionali del Senato. Ma la sua presentazione ha suscitato reazioni durissime, soprattutto da parte di Alleanza Verdi Sinistra.
Al centro del caso non c’è solo la definizione IHRA di antisemitismo – già adottata da Parlamento europeo e governo Conte – ma soprattutto le misure applicative previste dal provvedimento, giudicate da una parte della sinistra come strumenti censori. Il ddl delega il governo Meloni ad approvare uno o più decreti legislativi per “prevenire, segnalare, rimuovere e sanzionare” contenuti considerati antisemiti sulle piattaforme digitali. In pratica, la futura normativa attribuirebbe poteri rafforzati all’Agcom, chiamata a vigilare, ordinare rimozioni immediate e imporre sanzioni economiche alle piattaforme. Uno schema che trasformerebbe l’Authority in un “arbitro del pensiero” su un tema politicamente esplosivo.
Giornalisti e intellettuali che criticano le politiche del governo Netanyahu potrebbero essere perseguiti o censurati, con la sospensione di 6 mesi dall'Ordine, applicabili anche per i professionisti e le testate che rispettano il popolo israeliano, ma che condannano il genocidio che ha messo in atto a Gaza.
Il ddl prevede che ogni università nomini un responsabile interno, una sorta di supervisore con potere di valutare eventi, lezioni o attività considerate “illegittime”, alimentando timori di una sorveglianza ideologica negli atenei.
Da questi elementi c'è il rischio concreto di una "caccia alla streghe", uno scenario in cui chiunque sia sionista o, semplicemente, non la pensi come altri, può segnalare queste persone alle autorità e alle piattaforme per far rimuovere i loro contenuti non allineati alla posizione dominante, esattamente come successo con il Covid e i "fact checkers".
Il co-portavoce di Avs Angelo Bonelli ha definito il testo “sconcertante”, sostenendo che “se diventasse legge, chi contesta radicalmente i comportamenti dello Stato di Israele verrebbe definito antisemita e quindi sanzionato”. Bonelli ha criticato l’adozione della definizione di antisemitismo dell’IHRA, già al centro di altri progetti legislativi di Lega, Gasparri e Scalfarotto: secondo il leader ecologista, molti degli esempi associati alla definizione rischiano di assimilare la critica politica a Israele a un comportamento discriminatorio.
Le critiche hanno spinto il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia a prendere le distanze: “Il gruppo non ha presentato alcun disegno di legge in materia. Quello del senatore Delrio è un deposito personale e non rappresenta la linea del partito”. A loro volta, altri dirigenti dem hanno invitato alla prudenza: il deputato Arturo Scotto ha dichiarato che “non si dovrebbe legiferare su questioni così delicate”, mentre il responsabile Esteri Peppe Provenzano ha parlato di antisemitismo da respingere “con coerenza politica”, senza sbilanciarsi sul ddl.
A difendere il testo è lo stesso Delrio, che ricorda come la definizione IHRA sia stata già assunta dal Parlamento europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020, precisando che “non viene data forza di legge alla definizione, proprio perché molto discussa”. Malpezzi aggiunge che l’obiettivo del ddl è “rafforzare gli strumenti esistenti”.
Il dibattito resta aperto: la proposta dem è solo una delle sei in discussione tra Camera e Senato, ma è quella che, al momento, ha fatto esplodere il caso politico più rilevante nel centrosinistra.