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Centrodestra, il giorno dopo il flop: “Tutto sotto controllo” ma nessuno ci crede. Il governo minimizza la batosta elettorale ma l’alert è scattato - RETROSCENA

Se i prossimi round elettorali alle regionali confermeranno il trend negativo, sarà guerra fredda a cielo aperto. Con Meloni costretta a scegliere: mediare, dettare la linea o andare ad elezioni anticipate

27 Maggio 2025

Centrodestra, il giorno dopo il flop: “Tutto sotto controllo” ma nessuno ci crede. Il governo minimizza la batosta elettorale ma l’alert è scattato - RETROSCENA

Meloni, fonte: imagoeconomica

Il centrodestra incassa il colpo, ma fa finta di niente. Sorrisi tirati, dichiarazioni prudenti, e la solita parola d’ordine: minimizzare. Il mantra è uno solo: “Nessun segnale nazionale”. Ma nei palazzi romani la tensione si taglia col coltello, e Giorgia Meloni – che ufficialmente non si scompone – convoca i vicepremier Salvini e Tajani per un vertice “di routine”. Tradotto: si corre ai ripari.

Il tonfo a Genova – dove si era promesso il trionfo al primo turno – brucia. Eccome se brucia. Non era solo una scommessa: era una passerella annunciata, con tanto di entusiasmo prematuro tra i colonnelli meloniani. Peccato che gli elettori abbiano gelato l’applauso.

E non è finita lì. Perché il bollettino dai capoluoghi suona più rosso che blu. Ravenna? Era prevedibile, dicono. Sì, ma intanto la bandiera della sinistra resta salda. Taranto e Matera? I risultati parziali raccontano una storia diversa da quella sperata: niente effetto traino, niente onda lunga.

Ma il vero nodo è un altro: i rapporti sempre più complicati tra i partiti della maggioranza. La tregua armata regge a fatica. Fratelli d’Italia guarda dall’alto, Lega e Forza Italia mordono il freno. Salvini si sente messo all’angolo e cerca visibilità, anche a costo di stonare col coro. Tajani predica unità, ma sotto sotto sa che Forza Italia non può permettersi altri passi falsi.

Dietro le quinte ci si divide su tutto. “Siamo una coalizione, non un partito unico”, ripetono come scudo. Ma la verità è che ognuno tira l’acqua al proprio mulino e il governo si limita a galleggiare. E Giorgia – pur con il peso del governo sulle spalle – deve fare anche da paciere tra alleati sempre più irrequieti.

Il faccia a faccia a Palazzo Chigi è servito a calmare le acque, almeno per ora. Ma la sensazione nei corridoi è chiara: la pazienza ha un timer. E se i prossimi round elettorali alle regionali confermeranno il trend negativo, sarà guerra fredda a cielo aperto. Con Meloni costretta a scegliere: mediare, dettare la linea o andare ad elezioni anticipate.

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