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Urbani Grecchi (Analista Geopolitico): "Trump pronto a chiudere i rubinetti all'Ucraina; per Medio Oriente soluzione a due Stati"

Il Giornale d'Italia ha intervistato Simone Urbani Grecchi, Analista Geopolitco: "Trump è la 'Wake up call' per l'Europa che deve rivedere il proprio ruolo geopolitico"

06 Novembre 2024

Urbani Grecchi (Analista Geopolitico): "Trump pronto a chiudere i rubinetti all'Ucraina; per Medio Oriente soluzione a due Stati"

Simone Urbani Grecchi, Analista Geopolitico, in occasione delle elezioni 2024 negli U.S.A. è stato intervistato da Il Giornale d'Italia.

Al netto dell'elezione di Trump, cosa pensa che cambierà per il nostro Paese, per l'Europa e per il mondo?

"Per il nostro Paese credo che credo che cambi poco, gli americani sanno bene che siamo un paese amico, è un paese che ha molti valori in comune e credo che queste cose non verranno disconosciute da Trump, anzi saranno valorizzate anche perché abbiamo un ruolo, grazie anche a questo attuale governo, molto importante a livello europeo, al punto che anche cancellerie come quella britannica e quella tedesca a governo socialdemocratico in questo momento stanno guardando con grande interesse alla politica estera che sta attuando il presidente Meloni. Per l'Europa io spero che sia la più classica delle sveglie, la famosa "Wake up call" perché noi ambiamo a giocare un ruolo geopolitico per il quale, però, ho dei forti dubbi che abbiamo tutti mezzi. Per il mondo è un'America probabilmente meno intenzionata, meno interessata a essere internazionalista e un pochino più interessata a ricostruire se stessa. Donald Trump non è il primo presidente che fa campagna elettorale dicendo "America first", lo diceva anche una persona di grandissimo spessore e un democratico come Woodrow Wilson. Quindi credo che al di là dei toni da campagna elettorale che abbiamo sentito in questi mesi, sì sicuramente ci saranno interazioni più abrasive rispetto a quelle che ci sarebbero state con Kamala Harris, però non credo sia l'inizio della fine come molti hanno dipinto l'arrivo di Trump."

Per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente e la situazione in Russia, come pensa che possa influenzare questa elezione? Finiranno le guerre? Trump cercherà di mediare?

"In Medio Oriente credo che Trump riprenderà dal grandissimo successo che ha avuto con gli Accordi di Abramo, che permetteranno e hanno già permesso una stabilizzazione dei rapporti tra, ad esempio, Emirati e Israele. Credo che spingerà il più possibile per una negoziazione: Trump si è già detto favorevole a una soluzione a due Stati, spero non quella che è stata propinata negli ultimi 40 anni perché non è una soluzione a due Stati, quella, se mai una soluzione a tre stati, visto che prevede Israele più Hamas a Gaza e Fatah a in Cisgiordania, quindi quella non è mai stata una soluzione a tre stati. Per quanto riguarda la Russia io credo che il piano di Trump sia un pochino debole: che lui sia in grado di chiudere i rubinetti all'Ucraina sono abbastanza sicuro, ho miei forti dubbi che lui abbia leve nei confronti di Putin. Ho letto che lui metterà sul piatto della bilancia il fatto che se Putin non si accorda per un cessate il fuoco, Trump continuerà, anzi aumenterà, la fornitura di armi all'Ucraina. Ho forti dubbi che questo sia un piano, ammesso non concesso che sia veramente il piano di Trump, che possa funzionare. Credo che in questo momento l'America non abbia proprio leve nei confronti della Russia."

In effetti la Russia si è molto isolata.

"Assolutamente, che poi è dimostrazione secondo me che la Russia non ha alcuna intenzione di fare la guerra alla NATO finché la NATO sta lontana da quello che lei considera i suoi territori. Ovviamente l'Ucraina è territorio indipendente democraticamente stabilito con un referendum di 30 anni fa. Il problema è che noi europei ci siamo dimenticati, e gli americani con noi, che oltre a prendere il gas e le materie prime russe avremmo dovuto preoccuparci anche delle loro esigenze delle loro richieste di sicurezza nello scacchiere euroasiatico."

Con le sue politiche interne ed estere, per quanto riguarda la situazione climatica e i diritti civili cosa pensa che Trump potrà realmente mettere in atto di quello che ha già preannunciato?

"Sulle questioni climatiche, la vedo male per gli accordi di Parigi che sono già deboli comunque strutturalmente e hanno scarsissima rilevanza, mio avviso, a livello geopolitico. Quindi che l'America ci sia o no conta relativamente, teniamo presente che l'amministrazione Biden, tanto per citare l'utilizzo delle risorse fossili, ha dato lo stesso numero, cioè 10.000 permessi di trivellazione onshore che aveva dato la precedente amministrazione Trump, quindi le politiche in quel senso lì credo che saranno ulteriormente annacquate. Sui diritti, questo è il punto sicuramente debole della piattaforma Trump, spero tanto che il sistema di "Checks and balances" su cui si poggia la democrazia americana sia in grado di tenere e sono assolutamente convinto che lo sia."

Cosa sarebbe cambiato se avesse vinto Kamala Harris?

"Ci sarebbe stata sicuramente più attenzione ai diritti delle minoranze e probabilmente maggiore attenzione anche a una gestione meno conflittuale dell'immigrazione, però ricordiamoci che si è parlato spesso in campagna elettorale di deportazione degli immigrati, ma la deportazione degli immigrati in America non è una cosa che ha inventato Trump e c'era già stata anche nelle precedenti amministrazioni democratiche tra cui ad esempio l'amministrazione Obama."

Un bilancio dei prossimi anni, quali sono le previsioni anche per quanto riguarda la Cina e la riuscita di questo governo Trump?

"Si sono confermati i numeri del congresso, credo che Trump abbia le carte in regola per governare secondo suoi criteri. Teniamo presente che ci sono le midterm elections tra 2 anni che sono un'ulteriore dimostrazione della forza della democrazia americana e potrebbero completamente scompaginare le carte, quindi diciamo che per i primi due anni Trump può veleggiare abbastanza serenamente se questi dati sono confermati. Con la Cina si legge spesso del desiderio da parte degli americani di fare decoupling, ma in questo momento la vedo difficile perché l'economia americana e quella cinese sono fortemente interrelate e sganciare le due locomotive del mondo dal punto di vista economico sarà veramente difficile. Un dato su tutti è che ci sono 250 compagnie cinesi quotate nel mercato americano, a ieri per un valore di capitalizzazione di circa 860 miliardi di dollari e in più in Cina ci sono registrate circa un milione ad oggi di aziende straniere di cui svariate migliaia americane. Sarà veramente difficile, che è il motivo per cui chi parla di una nuova guerra fredda, secondo me prende una grande cantonata, perché non lo è: i rapporti tra Stati Uniti e Cina sono completamente diversi tra di quelli che c'erano tra Stati Uniti e Unione Sovietica qualche decennio fa."

Si è visto dai primi scrutini che tanti voti per Trump sono arrivati da persone under 30. Le chiedo, perché ha vinto Trump e perché non ha vinto Kamala Harris?

"Ha vinto Trump perché flyover country, cioè la parte centrale degli Stati Uniti che metaforicamente e fisicamente è la parte che spesso si trascura è in realtà il cuore pulsante degli Stati Uniti. Le due coste ricche e evolute, quella occidentale e quella orientale votano prevalentemente democratico, il paese industrializzato e diciamo ancora a vocazione rurale che è il centro poi degli Stati Uniti d'America ha una visione un po' diversa delle cose; tra l'altro il flyover country è proprio la parte che più è stata colpita dalla globalizzazione, quindi essendo essendo Trump il paladino dell'antiglobalizzazione è chiaro che i motivi per cui abbia vinto Trump sono abbastanza chiari. Kamala Harris probabilmente perde perché non ha avuto neanche abbastanza tempo per preparare una campagna elettorale con tutti i crismi. Insomma, è entrata ufficialmente nei giochi a metà agosto e obiettivamente il tempo era limitato. Chiaro che comunque anche lei sconta qualche piccolo problema che ha avuto durante l'amministrazione Biden, perché la politica immigrazione dell'amministrazione Biden non è stata proprio il fiore all'occhiello del Presidente, che è stato bravissimo dal punto di vista economico, bravissimo dal punto di vista geopolitico, secondo me molto meno dal punto di vista della politica dell'immigrazione."

Quindi la sconfitta di Harris potrebbe essere anche solo una questione di tempo? Trump ha vinto di molti voti, però insomma non è stato un 100-0 è stato abbastanza combattuto.

"Assolutamente, ci sarà possibilità anche per lei. Ci si dimentica spesso che in realtà il paese rimane diviso, a prescindere da Trump, non è Trump che l'ha diviso: come dicevo prima, il paese è diviso per questioni strutturali sue interne e il trumpismo è la conseguenza delle divisioni strutturali che ha quella società. Kamala Harris secondo me non ha avuto la visibilità, i mezzi, forse quelli finanziari sì, ma è dimostrazione che i soldi non comprano i voti, con buona pace di Elon Musk. Quindi credo che i democratici adesso avranno un periodo di soul searching, di analisi della sconfitta; credo che Kamala Harris non abbia avuto la possibilità di strutturare una piattaforma elettorale adeguata."

Con l'elezione di Trump le sue aspettative sono state deluse o confermate?

"Non mi facevo illusioni, quello che mi lascia molto perplesso è che uno schieramento abbia pensato che la vittoria di Trump sarebbe stata praticamente la fine del mondo, mentre la vittoria di Kamala Harris sarebbe stata invece la vittoria della democrazia: la democrazia vince comunque perché il voto è un voto libero, democratico e indipendente e che vinca uno che vinca l'altro, dobbiamo in generale, non solo gli Stati Uniti, uscire dalla logica che se vince il proprio schieramento è un sussulto democratico, se vince lo schieramento opposto è un giorno triste per il mondo."

Chi è Simone Urbani Grecchi

Simone Urbani Grecchi è responsabile delle analisi geopolitiche per Intesa Sanpaolo. Laureato all’Università di Milano in Scienze Politiche, ha conseguito un Master in Environmental Management presso il Joint Research Centre della Commissione Europea. Dirigente d’azienda dall’età di 34 anni, prima del settore dei servizi finanziari ha lavorato in consulenza strategica (Accenture) e nel settore dell'energia (Saipem). Studi e incarichi professionali gli hanno permesso di maturare una lunga esperienza estera in Belgio, Regno Unito, Stati Uniti e Australia. Esperto di public speaking, è autore di diverse pubblicazioni, fra cui il volume "Geopolitics and Us".

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