15 Dicembre 2022
Scoppia lo scandalo UE-Qatar che travolge la sinistra mediterranea e i nostri piddini, a una sola voce: quale questione morale? Non permettetevi, siamo noi le vittime. Curioso modo di sentirsi vittime, che uno se li immagina i Panzeri, le Eva e gli altri dirsi sogghignando: che draghi che siamo, fondiamo le ONG per i diritti umani e con quelle prendiamo i mazzettoni dagli stessi che travolgono i diritti umani. Ma ammettiamo pure, essendo garantisti al limite della coglionaggine, che i mammasantissima del Politburo non ne sapessero niente, come Emma “Tubbante” Bonino delle ONG da lei stessa fondate. Il punto non sono i quattro presunti ladri di polli col milione cash nei borsoni, il punto è il sistema UE che appare sempre più fondato sulla corruzione e sul ladrocinio. L'affaire UE-Qatar è zucchero, è la punta, anche se le prime gole profonde cantano e tirano in ballo europarlamentari da sinistra a destra, lobbisti, intriganti. Ma sono sempre regalie a sessanta o cento pezzenti, da un paio di paesi, un emirato e uno stato del nordafrica non esattamente tra i più facoltosi sulla terra. Le cose grosse, gli affari davvero ingenti, e gravidi di tangenti, stanno altrove. Dicevamo ieri della sola faccenda dei vaccini, un giro di 71 miliardi per 4,6 dosi, quantità spropositata che difatti molti, ancora oggi, cercano di smaltire con ricorrenti appelli a vaccinarsi la quinta, la decima volta. Con la baronessa Ursula che, interpellata, fugge, allo stesso modo del compare Bourla, capo di Pfizer. Quanti denari sono corsi per i canali giusti, finiti negli artigli giusti?
E anche la colossale ruberia dei vaccini impallidisce davanti alla tanto millantata transizione green. Qui possiamo appoggiarci a una fonte non sospettabile, dato che è la prima a cavalcarla questa mitologica transizione: è il WEF, il World Economic Forum, che in un documento di circa un anno fa, gennaio 2022, cita una ricerca da McKinsey, società di consulenza globale (appena indagata in Francia per un giro di consulenze equivoche nelle due campagne elettorali di Macron), secondo la quale “la spesa globale totale da parte di governi, imprese e individui per i sistemi energetici e di utilizzo del suolo dovrà aumentare di 3,5 trilioni di dollari ogni anno, se vogliamo avere qualche possibilità (sic!) di arrivare allo zero netto [di emissioni tossiche] nel 2050. Si tratta di un aumento del 60% rispetto al livello di investimento odierno ed equivale alla metà dei profitti aziendali globali, a un quarto delle entrate fiscali mondiali e al 7% della spesa delle famiglie. Servirebbe inoltre almeno un altro trilione di dollari da assegnare ad altre attività da alte emissioni a attività a basse emissioni di carbonio”. È, né più né meno, la selezione naturale: i poveri moriranno tutti, i ricchi sopravviveranno in un mondo più progressista. O, per dirla con McKinsey, “una trasformazione fondamentale dell'economia globale”.
Cara costa, l'economia verde: “Gli impatti più evidenti sulla vita di tutti i giorni includeranno l'aumento delle bollette energetiche (ci siamo, ndr), la perdita di posti di lavoro, i cambiamenti in ciò che le persone mangiano e l'aumento delle uscite per porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili per riscaldare le case e viaggiare (…) Anche dopo avere apportato le necessarie modifiche, entro il 2050 i prezzi dell'elettricità saranno ancora superiori del 20% (…) ma potrebbero anche essere notevolmente più elevati (sic!). L'allontanamento dai combustibili fossili costerà 185 milioni di posti di lavoro, ma l'economia verde si spera porterà alla creazione di 200 milioni di posti di lavoro entro il 2050 (…). I consumatori dovranno affrontare il costo della sostituzione dei sistemi di riscaldamento domestici e delle auto alimentate a combustibili fossili e dovranno modificare la loro dieta per evitare cibi ad alte emissioni come la carne, tuttavia i costi di un veicolo elettrico saranno inferiori a quelli per un veicolo a benzina o diesel nella maggior parte del mondo (sic!) entro il 2025”. Affermazione questa palesemente sconfessata già oggi, a due anni di distanza: una automobile elettrica costa dai 45 agli 80mila euro, risultando proibitiva per il 99% del mercato. Ma andiamo avanti. “La produzione di carbone sarà quasi interrotta entro il 2050 [anche in Cina e in India?, ndr], mentre la produzione di petrolio e gas sarà dimezzata. Ci sarà anche un aumento del 30% del costo di produzione dell'acciaio, mentre la produzione di cemento diventerà più costosa del 45% entro il 2050”.
Un libro degli incubi, più che dei sogni, uno scenario manicomiale, più che distopico, un disegno che fa impallidire i peggiori propositi di Hitler. Il tutto al modico costo di 4 trilioni di dollari l'anno da qui al 2050, ma senza considerare quelli già sprecati negli ultimi 25-30 anni (ci sono i libri di Franco Battaglia per avere un'idea di quanto denaro sia stato letteralmente bruciato sull'altare di Greta e dei suoi Mangiafuoco demoniaci). In tutto questo, la UE è in prima linea per spingere alla completa spoliazione del pianeta, per cancellare almeno 185 milioni direttamente, il doppio o il triplo per riflesso. A questo punto la domanda: se un affare da poche decine di milioni coinvolge mezzo Parlamento europeo (e aspettiamo ancora il ruolo della Commissione e di altre istituzioni collegate), cosa si nasconde sotto il colossale tappeto verde, la transizione apocalittica, insensata, sulla quale media, politici, lobbisti, trafficanti, guitti sono tutti d'accordo? E quando diciamo tutti, vogliamo dire proprio tutti: la sinistra, mediterranea, nordica, in prima linea, ma anche dall'altra parte non scherzano. Come diceva il ministro economico Giorgetti, leghista, a un convegno un anno fa: “La transizione costerà sangue, ma l'Europa la vuole e noi la faremo”. All'uscita, mi aspettavo lo linciassero: gli hanno chiesto selfie per tre quarti d'ora, l'auto di scorta, a motore acceso, che produceva CO2.
Certe svolte, epocali, sia pure nel male, non avvengono senza un adeguato supporto che le prepara, ne distorce il senso, le impone a cittadini distratti, suggestionabili, ignoranti ed esasperati. Lo abbiamo visto in occasione della pandemia: i lockdown, i greenpass (green, naturalmente), gli slogan imbecilli, “non ti vaccini ti ammali muori”, a prendere il posto dell'informazione, della razionalità, del confronto democratico: è così e basta e chi non si adegua viene multato, infamato, anche pestato. Tanto è successo in quasi tutto il mondo, in Italia specialmente, negli ultimi due anni e mezzo. Cosa fa pensare che con la transizione malthusiana non andrà infinitamente peggio, data la posta in gioco, immensamente più alta?
Poi lo si può chiamare come si vuole, si può definirlo lobbismo, si può scomodare il ghigno di Greta, europellegrina delle false buone intenzioni, si può spingere sulla tutela del pianeta e dei diritti umani, come i farabutti muniti di ONG foraggiati dai qatarini: la sostanza non cambia ed è quella di una immane ruberia a man salva. A questo serve l'Unione Europea, e questo sta facendo dalla nascita: disinteressandosi totalmente delle emergenze reali, per imporre una nuova struttura socioeconomica. Il guaio è che, come dice il rapporto MCKinsey, i costi li paga chi muore, i vantaggi restano ai privilegiati e tra questi molti che la loro personalissima transizione da sommersi a salvati la realizzano proprio in seno all'Unione, a colpi di tangenti. Una scalata sociale su gradini di mazzette. 4,5 trilioni l'anno, fate voi il conto, una cifra inimmaginabile. Ma bisogna stare allegri, che il tanto piangere fa male al re: Giorgia Meloni, la Giovanna d'Arco contro i poteri forti, è tutta felice perché l'Europa le ha promosso la manovra (per forza, gliel'ha scritta Draghi).
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