04 Gennaio 2021
Col referendum dello scorso settembre, in una situazione di apparente “tranquillità pandemica” (in quel caso l’ortodossia dei virologi è stata momentaneamente accantonata), si è dato corso al dimezzamento dei parlamentari. La scelta (giusta o sbagliata) è stata compiuta e con la prossima legislatura avremo – per come ci è stato rappresentato – un Parlamento più agile.
In teoria, dunque, non si dovrà più assistere alla decretazione d’urgenza, quella che ha contraddistinto ogni legislatura ed ha guidato l’operare dei governi politici ed anche di quelli tecnici. Sebbene a prevederlo sia la Costituzione (art. 99) solo “in casi straordinari di necessità ed urgenza il Governo può adottare sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge, recanti misure di carattere specifico, di contenuto omogeneo e di immediata applicazione, concernenti sicurezza nazionale, pubbliche calamità, norme finanziarie, al di fuori delle materie riservate alle leggi che devono essere approvate dalle due Camere”.
La straordinarietà, tuttavia, è divenuta la regola, sicchè lo strumento del Decreto Legge (e del Decreto Legislativo) si sono sostituite alla legiferazione parlamentare. Secondo i dati offerti dal servizio studi della Camera dei deputati anche il 2020 ha confermato questo assunto. Infatti, delle 160 leggi approvate, solo il 18% proviene dall’iniziativa parlamentare, il resto (escludendo il richiamato Referendum, la legge di bilancio e ratifiche di norme comunitarie), il 74% si divide tra leggi di conversione di decreti legge (52) e di ratifica di iniziativa governativa (72). Numeri che rendono il Parlamento sempre più trasparente, anche oggi che conta (ancora) tutti i suoi numerosi componenti.
Il Governo – anche quello in carica, a cui è stato forzatamente cambiato colore, in corsa – dovrebbe essere espressione della maggioranza parlamentare, oggi viene attaccato sia dall’opposizione, la quale vorrebbe sfiduciarlo (invocando l’art. 94 della Costituzione), sia (a torto o a ragione) da alcuni suoi componenti. Le nobili iniziative di cui si ammanta la critica sollevata da alcuni esponenti della maggioranza, in particolare da ItaliaViva, nasconderebbero, per i malpensanti, strategie opportunistiche, aspirate al noto principio archimedeo (quello della leva).
L’opposizione, pronta ad avvicendare il Governo – in evidente affanno, anche per gli scarsi risultati ottenuti sia nel contenimento della diffusione del virus, sia nella reazione economica – si divide sull’opportunità di sollevare la mozione di sfiducia, caldeggiata da Giorgia Meloni; la verifica parlamentare che, col voto nominale, da un lato, potrebbe mettere definitivamente in luce chi sia effettivamente contrario alla prosecuzione dell’esperienza giallo-rossa, ma dall’altro, come avverte Matteo Salvini ed i portavoce di Forza Italia (non sempre univoci nei loro messaggi), dall’altro, potrebbe rivelarsi un doloroso boomerang.
Considerato che la sfiducia diretta potrebbe evidenziare l’egoismo dei singoli, la prova potrebbe essere sollecitata – oliando gli arrugginiti ingranaggi dei regolamenti parlamentari – con la conversione in legge del D.L. 172 del 18/12/2020, noto come Decreto Natale. Non è necessario attendere lo spirare dei 60 giorni per verificare se le disposizioni assunte notte tempo, per dichiarare l’Italia zona rossa fino al 6 Gennaio, e/o per intraprendere iniziative di natura economica, fossero (o meno) idonee. Si potrebbe affrontare una prima verifica premendo vigorosamente su questo tasto. Una prova tecnica alla quale la mozione di sfiducia potrebbe essere il conseguente logico.
Ora, infatti, dovranno essere assunte decisioni importanti, che condizioneranno il futuro di molti italiani, per i prossimi anni.
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