02 Agosto 2023
Si conclude il 13 agosto p.v. After Impressionism: Inventing Modern Art, allestita alla National Gallery di Londra. Con oltre 100 opere su Impressionisti e antesignani delle avanguardie, tramite l’esposizione di opere databili fra il 1886 e il 1914 di Cézanne, Van Gogh, Rodin, Picasso, Matisse, Klimt, Kollwitz, Delaunay, Kandinsky, Mondrian e altri. Sono stati esposti anche quadri famosi come: La Danza di André Derain, Le ballerine nel foyer di Edgar Degas, Le grandi bagnanti di Paul Cézanne. E poi Il letto di morte di Edvard Munch o il Nudo femminile di Lovis Corinth. Così come quella avvenuta a Torino “Impressionisti tra sogno e colore” con opere di Monet, Degas, Renoir, Cézanne dall’11 marzo al 4 giugno 2023, quella degli Impressionisti è una vera e propria febbre. Ma perché oggi vanno tanto di moda gli Impressionisti o per così dire i maestri a loro affini a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo? Un cronista londinese scrive: "Quindi cosa potrebbe mai dirti la National Gallery sull'arte europea dal 1890 in poi che non sia già stata scritta e mostrata fino alla morte? Bene, la risposta è assolutamente niente. Questa è una mostra piena di grandi successi familiari di grandi nomi noti. Cezanne, Gauguin, Van Gogh, Seurat, Toulouse-Lautrec e Bonnard sono tutti qui, così come Klimt, Matisse e Picasso. Conosci questi artisti; sai come hanno modellato l'arte moderna, diavolo, probabilmente conosci anche tutti questi dipinti. Questo spettacolo non ha ragione di esistere. È noioso, poco creativo, stanco, sicuro e inutile. Ma, dannazione, è bellissimo" (Eddy Frankel, Time out 22/03/23).
La realtá va approndita e analizzata meglio. In primis il valore d'asta dei maestri si è ormai attestato sui milioni di euro, ad esempio I giocatori di carte (1892-92) di Cézanne, ancora in mano a privati (tra le cinque versioni esistenti) è quella acquistata nel 2011 dalla famiglia reale del Qatar tramite trattativa privata e costata -secondo comunicati- a 250 milioni di dollari (!) dal precedente proprietario George Embiricos, magnate greco e appassionato collezionista di arte moderna. Quindi le mostre degli Impressionisti e c. rappresentano un potenziale stellare per le opere esposte. Oltre all'aspetto speculativo le mostre degli Impressionisti, come quelle dei grandi maestri, vengono allestite in location prestigiose, di solito in una capitale europea, anche se in Italia si tengono diffusamente nel nord, come avvenuto a Rovigo lo scorso maggio; spesso occupano la dimora storica più centrale di una di una città, dove appunto l'amministrazione é in grado di sostenere un impegno del genere: dalle assicurazioni, agli sponsor e al personale impiegato il dispiego dei mezzi ammonta anche in questo caso a milioni di euro. Per quanto riguarda il loro ‘senso’, mostre tipo ‘Impressionisti etc...’ potrebbero voler attingere a quel desiderio inconscio della massa -e del turismo di massa- per un tenore di vita agiato, spesso immerso nel verde o in una realtá urbana romantica; l'ambizione per uno ‘status quo’ attualmente messo in pericolo da crisi economiche, politiche e sociali. In alternativa, i musei tornano a vivere sui mass-media solo per le performance di stampo anarco-surrealista degli imbrattatori ambientalisti, gli eco vandali di Palazzo vecchio o proprio contro i quadri impressionisti; happenings che si ripetono in maniera compulsiva fin dai tempi dei Futuristi - anch’essi in principio proprio contro questo sentimento nostalgico antiquariale di estrazione borghese - e che trovano senso nell'ennesima disputa sull’occupazione di questi spazi pubblici. Le mostre per i grandi maestri, Leonardo, Michelangelo, Caravaggio -alla stregua di maestri impressionisti- anch’esse talvolta allestite senza ‘opere’ ma con filmati o proiezioni multimediali, (come quella che si tiene a Napoli su Van Gogh) nascondono l’aspirazione dell’uomo contemporaneo ad essere più libero, forse come sintomo di frustrazione per la condizione sociale dalla quale non riesce a uscire, l’impossibilità di emancipazione che si pensa accantonata dai modelli liberali e che invece, è tuttora presente in maniera inquietante e il cui epifenomeno è rappresentato dall'ecatombe umanitaria che si consuma nel mar Mediterraneo: possibile che se nei palazzi delle città storiche europee l’idillio impressionista continui a consumarsi con l’emergenza umanitaria di quella portata? L’avventore ha una condizione lavorativa che se da una parte accetta il successo di pochi rappresentato da un tenore di vita eccezionale dall’altra assiste allo spettacolo di masse sottopagate e che ricorrono ad ammortizzatori sociali per prassi. Affianco a modelli di successo come quello dei ‘ceo’ delle multinazionali il grosso della popolazione è subordinata alle dipendenze sia nel settore pubblico che in quello privato e può solo ambire ad uno stipendio quasi dignitoso, se non addirittura impiegato alla stregua di un nuovo tipo di schiavitù che può solo contare su una retribuzione che non gli permette nient’altro che di sopravvivere.
Mostre che non insegnano alcunchè di nuovo agli studenti di storia e che non incidono affatto nell'immaginario degli attuali artisti, impegnati in un coinvolgimento dello spettatore molto più accanito del semplice spettacolo della cosmogonia impressionista. Qui sorge il paradosso dell’Impressionismo, svelato anche dal marxista Hauser nel secolo scorso: il rifiuto del realismo sociale o di una pittura di impegno, propone al contempo soggetti alla moda e pittura superficiale, l’abbandono al transitorio come in Monet, significati sociali che di meno impegnati non se ne trovano nel mondo dell’arte, forse appendici di un melenso Romanticismo -inteso non come celebrazione o critica dell’idealismo d’inizio Ottocento, memore di rivoluzioni sociali e legislative- ma esclusivamente come effimera e passiva partecipazione alle mode del tempo: un abito nuovo, una stazione di treni, un campo di fiori dove villeggiare, qualche barca da condurre in un weekend fuori porta, una carrozza nel boulevard. Mostre che nascondono un aspetto speculativo, attirano per la suggestiva storia della Belle Epoque e trasformano l’Impressionismo in un prodotto di consumo che non ha molto più da proporre come argomento artistico e culturale.
Di Davide Tedeschini.
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