15 Novembre 2025
Nelle scorse settimane il Sudan ha assistito a uno dei momenti più sanguinosi del conflitto che lo attanaglia da oltre 2 anni. Le Forze di supporto rapido (Rsf) hanno conquistato la capitale del Darfur Settentrionale, El-Fasher, dopo un assedio durato diversi mesi; l'ultima roccaforte dell'esercito regolare nella regione è così caduta, lasciando alle Rsf il controllo sull'area.
In seguito alla conquista della città però, sono molteplici le testimonianze di violenze sugli abitanti, abusi, stupri, torture ed esecuzioni sommarie, ad opera delle Rsf. Alcuni profughi di El-Fashir, fuggiti a Tawila, hanno raccontato a cosa hanno assistito durante la conquista di El-Fasher.
“Mi chiamo Azza Amin Mohammed Salih. Siamo scappati da Al Fashir sabato 25 ottobre alle due di notte. Il viaggio verso Tawila è durato due giorni e mezzo ed è stato pieno di sofferenze. Abbiamo assistito a orrori indescrivibili – arresti, perquisizioni, furti, uccisioni – finché non siamo arrivati a Garni, e da lì a Tawila, dove la gente del posto ci ha accolto con gentilezza. Una delle cose più strazianti del viaggio è stata vedere i cadaveri disseminati lungo la strada, tutte quelle persone uccise sotto i nostri occhi, le munizioni sparse ovunque”.
Azza aggiunge: “Lungo la strada ci fermavano continuamente, con violenza. Ci hanno rubato tutto quello che avevamo. Uccidevano e picchiavano senza pietà. È stato orribile”.
Il giorno dopo la caduta, il governatore del Darfur Minni Minnawi ha chiesto protezione per i civili e un’indagine indipendente su massacri e abusi. Le Rsf hanno annunciato “operazioni a tappeto” in tutti i quartieri.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni stima 70.894 sfollati in una sola settimana; gli operatori Irc ritengono che in città non rimangano più di 250mila persone. Ciò lascia decine di migliaia di dispersi.
Molti resoconti riferiscono che le Rsf hanno ucciso sommariamente 460 persone in un solo luogo. Filmati verificati mostrano corpi abbandonati lungo le vie di fuga. L’Ufficio Onu per i diritti umani ha raccolto “testimonianze raccapriccianti su esecuzioni sommarie, uccisioni di massa, stupri, attacchi a operatori umanitari, saccheggi, sequestri e sfollamenti forzati”. Il suo portavoce, Seif Magango, ha dichiarato che nell’offensiva sono stati uccisi “centinaia di civili e soldati che non erano più in grado di combattere”; almeno 25 donne hanno subìto stupri di gruppo in un rifugio.
Un anziano, unico superstite di un gruppo di 38 persone, racconta: “Ci ho messo due giorni per arrivare qui. Le Forze di supporto rapido avevano bloccato la strada. Dopo numerose richieste finalmente ci hanno fatto passare. Ma abbiamo fatto appena qualche metro, giusto il tempo di voltare le spalle, e sono cominciati gli spari… Sono caduti tutti”. Poi aggiunge: “Non so dove siano. Siamo partiti insieme, ma sono arrivato solo io. Ho perso tutti i contatti con loro. Non so se siano vivi… O se sono l’unico sopravvissuto”.
Suleiman, sfollato arrivato due mesi fa, descrive le tre vie di fuga e racconta soprusi, estorsioni e violenze: “La maggior parte delle persone prende la strada a ovest per Tawila… le donne e le ragazze sono stuprate. Gli ambulatori sono pieni di sopravvissuti che arrivano in condizioni terribili”.
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