21 Agosto 2025
Summit Washington, fonte: imagoeconomica
Il gruppo dei "Volenterosi" si è spinto, in queste ore, a pensare a un piano di reazione anti Russia in caso di "attacco" all'Ucraina, nell'ambito delle "garanzie" promesse a Kiev. Varie le proposte sul tavolo, ma quella italiana, ideata dalla premier Giorgia Meloni, sembra quella prevalente: risposta militare collettiva entro massimo 72 ore sotto le direttive di un "articolo 5 light" della Nato.
L’Italia ha messo sul tavolo una proposta anti-russa, che punta a "garantire la sicurezza di Kiev" attraverso un meccanismo automatico di difesa, simile all’articolo 5 della Nato ma meno vincolante. L’iniziativa, firmata da Palazzo Chigi e già condivisa con Washington e le principali capitali europee, prevede che i Paesi aderenti si impegnino a reagire entro 24 ore nel caso in cui "Mosca violi un futuro accordo di pace".
Il piano rappresenta la versione italiana di un piano anti russo, che non contempla l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica – ipotesi esclusa come anticipato da Il Giornale d'Italia, da almeno due anni. I "Volenterosi" vorrebbero far passare questa manovra come un "sistema di garanzie" contro il "nemico russo", ma è una proposta che, in realtà, è destinata a non realizzarsi. Al tavolo dei negoziati, infatti, ci sono solamente Trump e Putin e lo zar ha il coltello dalla parte del manico: le condizioni per uno stop alla guerra le ha poste lui. Tra i sostenitori alcuni Paesi europei, che chiedono una tempistica diversa, oscillando tra una risposta immediata entro 12 ore o più diluita fino a 48-72 ore.
La proposta italiana prevede diversi strumenti: dall’assistenza militare e difensiva alla fornitura di sistemi economici e logistici, fino all’imposizione automatica di nuove sanzioni contro Mosca. Un modello che prende spunto dall’accordo bilaterale firmato da Roma e Kiev nel 2024 e che potrebbe essere esteso anche a partner extra-Nato, come Giappone e Australia.
Non mancano però le incognite. Il Cremlino ha bollato l’iniziativa come una mossa ostile, con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov che ha definito “inutile discutere di sicurezza senza la Russia al tavolo”. Più duro Dmitrij Medvedev, che ha escluso “qualsiasi presenza di truppe Nato in Ucraina sotto le spoglie di forze di pace”.
La diplomazia europea è divisa anche sulla cornice dei futuri colloqui. In rialzo l’ipotesi di Ginevra come sede, mentre perde peso Budapest, vista la posizione ambigua di Viktor Orbán. Sullo sfondo resta la questione più delicata: il nodo territoriale. La formula “land for peace”, cioè la cessione di territori occupati in cambio di garanzie di sicurezza, rimane il punto più controverso e rischia di minare l’intero impianto negoziale.
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