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Il meeting ad Anchorage: quello che si può dire e quello che non può essere detto

Perché l'eliminazione di Volodymyr Zelens'kyj è una condizione preliminare che deve essere soddisfatta prima dell'avvio dei negoziati

16 Agosto 2025

Volodymyr Zelens'kyj

Foto Imagoeconomica

Tutti ricordano quali fossero gli scopi dell'operazione militare speciale iniziata nel febbraio 2022: proteggere i residenti della regione del Donbass, smilitarizzare e denazificare l'Ucraina.

A distanza di tre anni e mezzo, il Donbass è sotto il controllo russo, l'intera Europa è militarizzata (e lo sarà sempre di più nel futuro prossimo) e (la vera sorpresa) il neonazismo dilaga nel nostro vecchio Continente: nipoti di noti nazisti riscoprono le radici familiari e assumono posizioni politiche estremistiche (da Ursula von der Leyen a Kaja Kallas alla canadese Chrystia Freeland).

La russofobia ha raggiunto vette inimmaginabili: artisti e opere d'arte russe messe al bando, 18 pacchetti di sanzioni, adozione di misure repressive e discriminatorie vietate dalle Convenzioni Internazionali e dalla nostra Costituzione.

Donald Trump e Vladimir Putin si scambiano sorrisi, ma L'Europa non ci sta: l'Ucraina non può perdere la guerra, costi quel che costi. Inutile ripetere per l'ennesima volta (dal 2013/2014, quando mi trovavo a Kiev a Euromaidan) che la miccia è stata innescata dagli Straussiani, in primis Robert Kagan e sua moglie Victoria Nuland. L'Ucraina è stata usata come spina nel fianco, testa di ponte americana verso la conquista della nuova frontiera, in ossequio alla teoria del Destino Manifesto secondo la quale il destino degli Stati Uniti è reggere le sorti del pianeta.

Oggi, è evidente che la spina si sia infilata nel fianco sbagliato, si sia rivolta a Ovest invece che a Est. E, se non nego che la guerra sia stata e sia un'immane tragedia per tutti, ucraini e russi per primi, è pure evidente che il conto economico e geopolitico lo pagherà l'Unione Europea.

Alla fine, come scrisse Albert Camus (La peste), tutto ciò che resta di una tragedia è la contabilità.

Pacifista, inorridisco davanti all'enorme numero di vite umane sacrificate per la gloria degli imperi (americano e russo). A Kiev, in Piazza Maidan all’interno delle barricate nell’inverno 2013/2014, ho ascoltato le promesse fatte da Victoria Nuland e John McCain ai giovani: “libertà e democrazia”. Oggi centinaia di migliaia di quei giovani sono morti in una guerra oscena, una guerra di prestigio, una “guerra per l’egemonia”, la più esecrabile nell’oscena gerarchia delle guerre, quella più deprecata dal filosofo Bertrand Russell, che resta – almeno per me liberale e pacifista – il filosofo di riferimento.

L'Ucraina è stata nazificata dagli americani e oggi appare chiaro che soltanto Donald Trump potrebbe iniziare il processo di denazificazione. Giulietto Chiesa, l'unico vero profeta dei nostri tempi recenti, aveva previsto tutto. Già nel 2014 paventava il rischio di una guerra mondiale che si sarebbe sviluppata dalla crisi tra Russia e Ucraina (Euromaidan, la fuga del presidente eletto Viktor Janukovyč e la caduta del governo di Mykola Azarov; il ripristino della costituzione del 2004; l’installazione di un nuovo governo provvisorio presieduto da Arsenij Jacenjuk, l’abolizione di una legge che riconosceva il russo come lingua regionale ufficiale; lo svolgimento di elezioni presidenziali anticipate con l’elezione di Porošenko il 25 maggio 2014). Oggi, sono i principali leader europei a fomentare lo scontro. Ursula von der Leyen, Keir Starmer, Friedrich Merz e Emmanuel Macron continuano a garantire pieno appoggio a Volodymyr Zelens'kyj, il quale non fa che ripetere che la Federazione Russa debba accettare i confini territoriali stabiliti addirittura prima dell'annessione della Crimea (annessa, lo rammento, a seguito di un'invasione armata e di un referendum popolare regolare che ha ratificato l'annessione col 95% dei voti favorevoli).

Ma, si sa, il diritto ormai vige unicamente quando fa comodo e del principio di autodeterminazione dei popoli gente come gli Straussiani (e i neonazisti) non sa cosa farsene.

Per una volta, taccio su Sergio Mattarella - il peggiore di sempre, il più ipocrita – e su Giorgia Meloni, che si barcamena come può. Non contano assolutamente nulla, il loro ruolo è del tutto ininfluente.

Ora, dopo l'incontro in Alaska, vedremo se davvero Donald Trump avrà il coraggio e il consenso dello Stato profondo necessari per avviare il processo di pace.

Vladimir Putin non è riuscito a smilitarizzare e denazificare l'Ucraina, ma il compito è alla portata del Presidente americano.

Il summit di Anchorage è stato un primo approccio, adesso Donald Trump deve eliminare il primo ostacolo, che è Volodymyr Zelens'kyj. Credo che gli verrà offerta un'uscita di scena dignitosa, un esilio dorato in un luogo protetto. Ma non ho il minimo dubbio che, se non dovesse accettare, farebbe la fine dei tanti alleati degli americani sacrificati per la gloria dell'impero (una fine tragica, come quella di Saddam Hussein).

di Alfredo Tocchi, 16 agosto 2025

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