Venerdì, 05 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

A Bruxelles l’opposizione diventa filorussa e a Caserta il direttore Gergiev non può dirigere perché amico di Putin

Hanno vinto loro, i democratici degli appelli, con metodi censori pari a quelli allestiti dai cattivi

22 Luglio 2025

Arte e Politica, il doppio standard che uccide la cultura: il caso Gergiev e l'ipocrisia europea che fa esibire artisti israeliani

Valery Gergiev, fonte: X @NonaMikhelidze

A Caserta in direttore d’orchestra Valerij Gergiev non potrà salire sul podio della Reggia per un concerto che ormai era diventato solo motivo di scontro dopo che Julija Navalnaja, la vedova di Aleksej Navalny, ha attaccato frontalmente gli organizzatori. Hanno vinto loro, i democratici degli appelli, con metodi censori pari a quelli allestiti dai cattivi. Il maestro Gergiev non sarà più un direttore d’orchestra ma l’amico imbarazzante di Putin, il megafono della propaganda e non la bacchetta di Cajkovskij. 

Ora sarebbe interessante vedere se raccoglieranno le firme anche per boicottare le quasi 2300 multinazionali ancora operative in Russia, le quali hanno accresciuto il loro business e quindi anche il gettito fiscale a favore dello stato russo. Si tratta di 808 società americane, 463 tedesche, 294 inglesi, 271 cinesi, 185 francesi, 181 giapponesi, 170 svizzere e 144 imprese italiane. Nomi importanti come Mars, Nestlé, e Procter & Gamble (Ariel, Dash, AZ, Oral-B, Gillette…), oppure come Philip Morris, Japan Tobacco International, PepsiCo , Mondelez e Coca-Cola, il cui fatturato generato in un anno ammontava a oltre 587 miliardi di dollari (1,5 miliardi di dollari di tasse a Mosca). Poi ci sono le banche (Citi, Raffeisen), i gruppi farmaceutici (la svizzera Novartis, gli inglesi di Astra Zeneca, la francese Sanofi). E le italiane Barilla, Ferrero, De Cecco e Parmalat, assieme a Marcegaglia, Mapei, De Longhi, Smeg, Campari, Recordati, Safilo, Benetton e Calzedonia. Altro che il direttore d’orchestra amico di Putin.

Ci sarebbe anche da capire se saremo così inflessibili anche per gli acquisti di gas liquido dalla Russia: nel 2024 l’Unione europea ha importato dalla Russia più 18% di gas (45 miliardi di metri cubi) rispetto al 2023 per un importo di 21,9 miliardi di euro, in barba all’impegno di azzerare l’import entro il 2027. L’Italia è il Paese che ne ha acquistato di più (quindi soldi versati al Cremlino, anche in termini fiscali): +4 miliardi di metri cubi. All’indomani dell’attacco russo all’Ucraina, un signore disse “Volete la pace o l’aria condizionata” e non mi sembra che scegliemmo di morire di caldo. Quel signore si chiamava Mario Draghi. Il quale disse anche che “Chi non si vaccina, si ammala e muore. Chi non si vaccina, si ammala, contagia e fa morire”. Anche lì le cose non andarono esattamente così ma ci consentono di aprire un altro fronte, non dissimile alla russofobia che ha partorito al niet su Gergiev.

La Commissione europea infatti ha rivolto alla Russia l’accusa di essere dietro la recente mozione di sfiducia contro la presidente Von Der Leyen. Forse è bene ricordare le due questioni principali contestate alla signora Ursula: il suo comportamento ostativo nei confronti del Wall Street Journal rispetto allo Pfizergate e la decisione di aggirare il parlamento europeo circa la votazione sul finanziamento del riarmo. Cosa c’entri la Russia, la VDL dovrebbe spiegarlo. Ma non come ha fatto in aula quando, diretta al gruppo Ecr, ha dichiarato: «Ci sono ampie prove che molti sono sostenuti dai nostri nemici e dai loro burattinai in Russia o altrove».

Se questa è la posizione dell’Europa c’è da preoccuparsi: derubricare un attacco politico (è ancora legittimo nella Ue fare politica?) a manovre orchestrate da Putin significa non voler ammettere la discussione su questioni fondamentali. La signora Von Der Leyen già negò un confronto parlamentare sul sabotaggio del gasdotto North Stream indicando - anche lì - nel Cremlino l’autore dell’attacco, quando invece le responsabilità erano state di militari ucraini (resta da accertare con quali complici: il giornalista premio Pulitzer Hersh ricostruì una responsabilità americana). Ora la Von Der Leyen non vuole che si sappia del suo scambio di mail e di messaggi con ceo di Pfizer Albert Bourla. <I messaggi sono stati cancellati>, sostennero Ursula e la sua Commissaria alla Trasparenza. Trasparenza negata ai giornalisti del WSJ i quali avevano chiesto l’accesso agli atti, negato più volte. C’è voluta una decisione di un giudice perché ai giornalisti americani fosse autorizzato tale accesso, che al momento non si è sbloccato.

L’altra questione invece riguardava la scelta della Commissione europea di non portare in aula la votazione sul finanziamento dei piani di riarmo, dandola per “approvata” di imperio. Contro questo atto alcuni eurodeputati si rivolsero ai giudici di Bruxelles ottenendo così l’annullamento della decisione. Ora continuare a insistere che dietro l’opposizione parlamentare ci sia dietro la Russia ridicolizza la Commissione e getta un’ombra di democrazia rispetto alle istituzioni europee. Pertanto i casi sono due: o la VDL ha paura della trasparenza o sta ingigantendo la pericolosità della Russia per autorizzare una escalation militare?

di Gianluigi Paragone

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x