12 Luglio 2025
Conferenza ricostruzione Ucraina Fonte: Imagoeconomica
Roma, 10 luglio 2025, esterno/interno, giorno: la farsa continua. Al Centro Congressi “La Nuvola” va in scena l’ultima rappresentazione del compagnia teatrale dell’Occidente collettivo: la “Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina” (URC2025). L’ennesima liturgia dell’ipocrisia geopolitica celebrata per convincere i distratti e rassicurare i complici.
Ma qual è il senso di una conferenza per la ricostruzione in piena guerra? Come si può pensare alla ricostruzione senza aver prima perseguito seriamente la pace? Una domanda semplice, quasi infantile, che nessuno dei presenti sembra essersi posto. Politici, tecnocrati, diplomatici, CEO, banchieri e giornalisti accreditati si muovono in base a un copione già visto: promesse, sorrisi, foto di rito, proclami. Nessuna domanda, nessun dubbio. Come se la guerra fosse un dato di fatto, come se ricostruire sotto le bombe fosse una pratica normale.
In realtà, si tratta di un convegno dove cinismo e affari regnano indisturbati. La parola “pace” è pronunciata solo per contrasto: ciò che realmente viene pianificato è l’ennesima ondata di investimenti militari, travestita da solidarietà. L’Occidente riunito applaude se stesso, mentre l’Ucraina continua a bruciare e a essere svenduta pezzo dopo pezzo.
Un copione già scritto: passerelle, affari e propaganda. L’evento è stato organizzato dai governi italiano e ucraino. Cinquemila partecipanti, tra cui circa 100 delegazioni governative, 40 organizzazioni internazionali, le principali banche di sviluppo, 2.000 aziende, rappresentanti della società civile e oltre 500 giornalisti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha accolto le delegazioni alle 10 del mattino, poi foto ufficiali e via alla riunione plenaria, accanto a Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier polacco Donald Tusk.
Una passerella prestigiosa, certo. Ma sono questi gli interessi degli italiani? Difficile pensarlo. Destra e sinistra fanno a gara per servire i padroni globalisti, con lo zelo tipico di chi sa bene che il potere reale non risiede più nei parlamenti. Governare un protettorato comporta, anzitutto, servilismo.
La domanda chiave resta: chi metterà i soldi? L’Ucraina è in bancarotta e ha già privatizzato, svenduto e ipotecato ogni risorsa utile. Le cifre sul piatto sono enormi: si parla di oltre 550 miliardi di euro per una ricostruzione che nei fatti non può ancora iniziare. A parte le promesse – sempre a otto zeri – poco o nulla è stato deciso di concreto.
Meloni ha annunciato investimenti per 10 miliardi tramite fondi europei, senza chiarire come verranno reperiti. Si è anche discusso con Zelensky della coproduzione di droni militari tra Leonardo e aziende ucraine: uno sviluppo che porta l’Italia ancora più vicina al conflitto diretto con Mosca. Considerando le condizioni economiche dell’Ucraina, appare evidente che quei droni – se mai verranno prodotti – li pagheranno i cittadini italiani.
Il presidente ucraino, come da tradizione, ha chiesto armi e sanzioni. Ha preteso i sistemi di difesa aerea Patriot e nuove misure punitive contro Mosca. E anche questa volta ha trovato orecchie pronte ad ascoltare, o a fingere di ascoltare.
Il ritorno dei “Volenterosi”: una forza NATO senza NATO. Dalla Gran Bretagna, Starmer ha partecipato in collegamento. Ha annunciato l’operatività dei cosiddetti “Volenterosi”: una forza di peacekeeping postbellica che in realtà è l’embrione di una nuova coalizione di guerra, fuori dal controllo formale della NATO ma ben dentro i suoi schemi. Londra e Parigi si sono dette pronte a mobilitare fino a 50.000 uomini, con un quartier generale già aperto a Parigi e un’intesa firmata alla base militare di Northwood, alle porte di Londra. La pace, evidentemente, passa dalle truppe d’assalto.
Non si è fatta attendere la reazione di Mosca. L’ambasciata russa in Italia ha definito i partecipanti alla conferenza “un gruppo di cinici e ingordi”, accusati di distorcere la realtà per fini di dominio e profitto. Putin ha bollato come “assurdità totale” la narrativa di un’imminente invasione russa dell’Europa, utile solo – dice – a spaventare i cittadini e svuotarne le tasche. E, a ben guardare, la minaccia russa – reale, gonfiata o funzionale – sta servendo perfettamente allo scopo: drenare risorse pubbliche, riconvertire l’economia in chiave bellica, blindare politicamente le élite occidentali. Il tutto in nome della “sicurezza collettiva”.
Nel frattempo, Zelensky è stato ricevuto da Papa Leone XIV, mentre le fondazioni italiane hanno donato un milione di euro alla fondazione di sua moglie, Olena Zelenska. Il Regno Unito ha annunciato l’invio di 5.000 missili Thales e altri 283 milioni di sterline in aiuti militari. Sul palco della pace sfilano armi e contratti. La solidarietà si misura in tonnellate di esplosivi.
Alla fine della giornata, cosa è stato deciso di concreto? Nulla, se non l’ennesima conferma che l’Occidente non ha intenzione di promuovere alcuna vera trattativa di pace. La dialettica resta quella del conflitto a oltranza. Come ha detto Merz, “con la Russia non c’è più nulla da negoziare”. E se a dirlo è un ex manager di BlackRock, non è difficile intuire quali siano i veri interessi in campo.
La UE finanzia, gli USA vendono armi, gli europei pagano le tasse, gli ucraini il prezzo più alto: la vita. Intanto, a Roma, si recita la commedia.
Di Marco Pozzi
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