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Siria, "al-Jolani strumento di intelligence israeliano-americano", attivista al-Jajeh sul capo del regime di Damasco: "Fa gli interessi di Tel Aviv"

Secondo l'attivista, al-Jolani è semplicemente una risorsa dell'intelligence americano-israeliana, collocata in Siria per promuovere un programma più ampio

08 Luglio 2025

Siria sull'orlo della guerra civile, il governo terrorista appoggiato dall'occidente mette a ferro e fuoco il paese

Al Jolani, fonte: Lapresse

Abu Mohammed al-Jolani, capo del regime di Damasco guidato da Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), sarebbe soltanto uno "strumento di intelligence" degli Stati Uniti e di Israele, che agisce per promuovere gli interesse dei due Stati. A rivelarlo è l'attivista politico siriano Mohammed al-Jajeh, che ha descritto la situazione in Siria circa sei mesi dopo la caduta del governo di Assad come "catastrofica sotto ogni punto di vista" e ha sottolineato che "nessuno", nemmeno le minoranze etniche e religiose, è al sicuro nel Paese.

Siria, "al-Jolani strumento di intelligence israeliano-americano", attivista al-Jajeh sul capo del regime di Damasco: "Fa gli interessi di Tel Aviv"

Il paese, ha affermato, è precipitato in "una discesa pericolosa nel caos", con "epurazioni etniche e settarie", che colpiscono in particolare minoranze come alawiti, cristiani, ismailiti, sciiti e perfino musulmani sunniti moderati. Al-Jajeh ha osservato che i membri della setta alawita, di cui faceva parte l'ex presidente siriano Assad, sono stati oggetto di una "feroce campagna di vendetta", citando massacri "orribili" nella regione costiera occidentale della Siria.

Tra gli episodi menzionati, c'è l'uccisione di oltre 70 civili nel villaggio di Ain al-Tinah, aggiungendo che migliaia di alawiti sono stati sfollati con la forza e le loro case confiscate nelle province di Tartus e Latakia.

Riferendosi alle promesse fatte dal regime di HTS di difendere i diritti delle minoranze religiose ed etniche, l'attivista politico siriano residente in Svezia ha liquidato tali dichiarazioni come "vuote". "I cristiani sono diventati facili bersagli per le milizie e i gruppi estremisti salafiti", ha dichiarato, citando l'ultimo attacco alla chiesa di Mar Elias a Damasco dove un uomo armato di fucile ha fatto irruzione nella chiesa e ha sparato ai fedeli, uccidendo 25 persone e ferendone molte altre, prima di farsi esplodere.

Commentando la violenza contro i musulmani sciiti, al-Jajeh ha affermato che gli omicidi settari sono diventati routine. Ai posti di blocco, le persone vengono spesso interrogate sulla loro appartenenza religiosa e, in alcuni casi, uccise semplicemente per il loro nome o per come pronunciano alcune parole.

Anche i musulmani sunniti moderati, che costituiscono la maggioranza della popolazione siriana, non sono esenti dalla violenza e dalle intimidazioni. Secondo al-Jajeh, studiosi religiosi e predicatori che si oppongono all'estremismo o all'intervento straniero sono stati "assassinati o costretti ad abbandonare le loro moschee".

Sottolineando che lo Stato "è crollato", al-Jajeh ha affermato che "le istituzioni sono assenti, la legge non viene applicata e il potere è diviso tra fazioni in guerra, alcune delle quali sono fedeli alla Turchia, altre agli Stati del Golfo Persico e ad altri gruppi militanti stranieri".

Nel contesto dell'espansione dell'occupazione israeliana nei territori siriani, oltre alle alture del Golan già occupate, al-Jajeh ha osservato che questo avviene perchè al-Jolani è semplicemente una risorsa dell'intelligence americano-israeliana, collocata in Siria per promuovere un programma più ampio.

Riferendosi alle dichiarazioni pubbliche di al-Jolani, che ha espresso la volontà di normalizzare le relazioni con Israele e ha dichiarato che la sua massima priorità è combattere l'ex governo siriano, al-Jajeh ha affermato: "Questo è il linguaggio di un agente addestrato che sa cosa l'Occidente vuole sentirsi dire e invia messaggi rassicuranti a Tel Aviv".

Al-Jajeh ha anche sottolineato che al-Jolani, un tempo affiliato ad al-Qaeda e Daesh, è in realtà "solo uno strumento" e "un dettaglio minore" in quello che ha descritto come il progetto guidato dagli Stati Uniti per un "nuovo Medio Oriente".

"Abu Mohammed al-Jolani non è né un rivoluzionario, né un ribelle, né un signore della guerra. È uno strumento di intelligence americano-israeliano, accuratamente addestrato, che parla con un linguaggio misurato e agisce entro limiti definiti", ha osservato. Nonostante l'offerta di Jolani di normalizzare i rapporti con Israele, al-Jajeh ha sottolineato che Tel Aviv continua a colpire la Siria perché "conosce le sue reali dimensioni e continua a colpire la Siria semplicemente perché disprezza gli agenti, anche se sono al suo servizio".

Commentando il piano di al-Jolani di incorporare migliaia di militanti takfiri stranieri nel nuovo esercito del paese, al-Jajeh ha dichiarato che questa mossa mira a consolidare il suo potere, descrivendola come "il più pericoloso e non annunciato processo di cambiamento demografico".

L'attivista ha sottolineato che questa decisione arriva perché il nuovo leader "non si fida del popolo siriano" e cerca di reclutare stranieri "che non parlano arabo, non conoscono la geografia [del paese] e non hanno alcun legame con il territorio", per portare armi e "obbedire ai suoi ordini senza fare domande". Ha definito questi militanti come "strumenti pronti per uccidere, in cambio di stipendi, alloggio e assicurazione". "Questo esercito non è stato creato per proteggere la Siria, ma per proteggere il governante dai siriani stessi."

Per rimanere al potere, ha concluso al-Jajeh, al-Jolani vuole creare "un esercito personale che gli debba completa lealtà" e "non esiti ad aprire il fuoco sui siriani semplicemente perché non sono 'uno di loro'". "Chiunque introduca degli stranieri per governare il proprio popolo non governa uno Stato; piuttosto, governa una gang che attende il momento dell'esplosione", ha aggiunto.

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