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Javier Milei a Davos: per il secondo anno consecutivo il Presidente argentino tesse l’elogio dell’ideologia anarco liberale

Un’invettiva contro il socialismo, la woke culture e l’ipertrofia degli Stati

26 Gennaio 2025

Javier Milei a Davos: per il secondo anno consecutivo il Presidente argentino tesse l’elogio dell’ideologia anarco liberale

Javier Milei, fonte: imagoeconomica

Seguo con grande interesse l’esperimento anarco capitalista di Javier Milei. Anche quest’anno, il Presidente argentino ha tenuto un discorso a Davos, al World Economic Forum. I temi trattati, tuttavia, sono stati in parte diversi e più ampi rispetto a quelli oggetto del discorso dello scorso anno. Da un’apologia del capitalismo (memorabile), Milei è passato a un attacco frontale all’ideologia dominante nella sinistra occidentale: woke, gender e cancel culture sono cancri da estirpare, ha detto con la consueta vis pugnandi, per proseguire denunciando le derive ideologiche (in verità cascami di pensiero debole nordamericano) che hanno reso l’Europa un continente in declino.
Chi sottovaluta il professore di economia argentino sbaglia, non soltanto per i risultati che la ricetta anarco capitalista sta ottenendo in Argentina. Personalmente continuo a pensare che la demolizione di parte dell’apparato statale, il licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici, la privatizzazione di tutti i servizi e la svendita ai soliti fondi americani - Vanguard, BlackRock, State Street eccetera - possa essere una terapia d’urto che funziona a condizione che giungano massicci investimenti esteri a compensare la crescente disoccupazione.
Il punto è che Milei è certamente un personaggio sopra le righe, ma a volte – a modo suo – sa essere profondamente innovativo. In un passaggio significativo del suo discorso, ha criticato l’introduzione del reato di femminicidio. Da giurista, non posso che confermare che distinguere e punire identici reati diversamente a seconda del sesso della vittima è aberrante, del tutto in contrasto col principio di uguaglianza che è un caposaldo di tutte le Costituzioni.
Chi, prima del Presidente argentino, aveva osato dirlo?
Milei è così: osa e a volte coglie nel segno. Mentre una parte importante degli interventi ascoltati a Davos si concentrava sulla necessità di reprimere le fake news (e nessun giurista italiano – a parte il Professor Augusto Sinagra, more solito – ha scritto una riga contro il Digital Services Act), lui ha stigmatizzato la crescente imposizione di censura da parte dell’UE. Per me, liberale, è importante che ci sia qualcuno che abbia il coraggio di difendere la libertà di parola. Cosa dire delle molteplici censure tuttora in atto in nostro danno? Cosa dire della mistificazione, della propaganda che dilaga sui media mainstream?
Il pensiero liberale non può tollerare nessuna forma di censura. Come recita l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”
I casi di Facebook, Twitter, TikTok eccetera sono la punta dell’iceberg: il potere non tollera la dissidenza e non si vergogna di varare norme liberticide.
Straordinario l’esempio dell’Stato di Israele che ha emanato una legge che punisce severamente i “negazionisti” del 7 ottobre 2023.
Nel nostro presente è più evidente che mai la veridicità dell’affermazione di Yuval Noah Harari: “L’essere umano è un animale hackerabile”. L’esperienza del lockdown ha dimostrato che diffondere la paura serve (tra l’altro) a limitare le libertà individuali senza alcuna significativa reazione. Le voci dei dissenzienti (già di gran lunga minoritari) sono state silenziate dai social media, ridicolizzate dai media mainstream e emarginate con ogni mezzo, dalla risoluzione dei contratti di lavoro alla sospensione (e in qualche caso persino radiazione) da parte degli Ordini professionali. Nessuno ha protestato, eccetto i diretti interessati e qualche pubblicista come il sottoscritto (grazie all’ospitalità concessa dal Direttore di questo giornale).
Sarebbe il caso che qualche volta anche qui da noi – come a Davos ad opera di Javier Milei – si levasse qualche voce a ricordare, nel Paese che è stata la culla del diritto moderno, che ““Il diritto, fino a che nessuno lo turba e lo contrasta, ci attornia invisibile e impalpabile come l'aria che respiriamo: inavvertito come la salute, di cui si intende il pregio solo quando ci accorgiamo di averla perduta.” (Piero Calamandrei).

di Alfredo Tocchi, Il Giornale d’Italia, 27 gennaio 2025

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