26 Agosto 2024
L’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite) si è vista costretta a sospendere le operazioni per la consegna di aiuti umanitari a Gaza. L’organizzazione denuncia che ormai da mesi le restrizioni israeliane, i combattimenti in corso e le strade pesantemente danneggiate stanno ostacolando il lavoro delle agenzie delle Nazioni Unite. Ma adesso non è più possibile effettuarle materialmente, non è più possibile andare avanti, denunciano gli operatori. Un nuovo ordine di evacuazione israeliano su Deir al-Balah, nel centro dell’enclave palestinese, ha costretto l’Onu a bloccare totalmente le operazioni. Dall’inizio del conflitto israelo-palestinese, in ottobre, un alto funzionario dell’organizzazione ha spiegato che l’Onu ha dovuto spesso "ritardare o mettere in pausa" le sue attività, "ma mai fino al punto di dire concretamente che non possiamo più fare nulla" come invece avviene ora. Tuttavia, ha assicurato che l’organizzazione internazionale è intenzionata a riprendere l’attività di consegna il prima possibile.
Le principali autorità internazionali sulle crisi alimentari avevano lanciato l’allarme per un "alto rischio" di carestia a Gaza già nel mese di giugno. Ma negli ultimi due mesi però, la situazione è precipitata: le agenzie Onu riferiscono che sono state in grado di consegnare solo la metà del cibo richiesto dalle 2,3 milioni di persone che vivono nella Striscia di Gaza. In una dichiarazione di oggi, 26 agosto, l’agenzia delle Nazioni Unite per il Programma alimentare mondiale (World Food Program - Wfp) ha affermato che nei mesi di luglio e agosto è stato in grado di consegnare solo circa la metà delle 24mila tonnellate di aiuti alimentari. Le operazioni sono state "gravemente ostacolate dall’intensificarsi del conflitto, dal numero limitato di valichi di frontiera e dalle strade danneggiate", hanno riferito operatori e funzionari del Wfp, avvertendo che le strade, disseminate di crateri e detriti, sono già difficili da percorrere e saranno inutilizzabili tra qualche mese, quando arriveranno le piogge invernali. Anche l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), il principale fornitore di aiuti umanitari a Gaza, ha lanciato un allarme sulla crisi alimentare dichiarando che, a causa dei ripetuti ordini di evacuazione, della mancanza di ordine pubblico e delle strade danneggiate, più di un milione di persone probabilmente non riceverà le razioni di cibo programmate per il mese di agosto.
L’offensiva delle Israel Defence Forces (Idf) in corso nella Striscia, così come i numerosi e ampi ordini di evacuazione emanati da Tel Aviv che, secondo le Nazioni Unite, coprono ora circa l’84% del territorio della Striscia, hanno costretto centinaia di migliaia di persone in tendopoli lungo la costa. L’Idf controlla tutti i valichi di frontiera di Gaza da maggio, quando ha conquistato il valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Dal canto suo, l’Egitto si è rifiutato di aprire il suo lato del confine fino a quando la porzione precedentemente sotto il controllo di Gaza non sarà restituito al controllo palestinese. Israele, che subisce pressioni internazionali, afferma di permettere l’ingresso di quantità illimitate di aiuti e rispedisce le accuse al mittente, affermando che le agenzie delle Nazioni Unite non riescono a consegnarli. Nel frattempo, mentre l’Oms fissa il fabbisogno giornaliero d’acqua per persona a 15 litri per soddisfare le esigenze di base, si stima che la popolazione di Gaza riceva solo 1-3 litri di acqua potabile al giorno. A dieci mesi dall’inizio dell’invasione, gli abitanti di Gaza sono ammassati in uno spazio sempre più stretto, senza servizi igienico-sanitari e ripetutamente sradicati da ordini di evacuazione che compromettono anche i centri di assistenza destinati a supportarli, comprese le distribuzioni di cibo e le cucine comunitarie sostenute da Wfp.
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