27 Luglio 2024
Berlusconi e Putin, fonte: imagoeconomica
Prima di Viktor Orbàn, un altro politico europeo si era schierato contro la guerra russo ucraina. Sinceramente pacifista, Silvio Berlusconi aveva dichiarato:
“Mi sento male quando sento parlare dei morti perché ho sempre ritenuto la guerra la follia delle follie. Al punto di civiltà in cui dovremmo essere arrivati, vedere persone che ammazzano altre persone senza neppure conoscerle è una cosa folle e inimmaginabile.” (Silvio Berlusconi, ospite di Bruno Vespa, 23 settembre 2022).
In quella medesima intervista, non aveva usato mezzi termini: Putin è stato costretto all’Operazione speciale, il suo intento era di sostituire Zelensky e i suoi con persone per bene.
Morto Silvio Berlusconi, in Italia è morto il pacifismo. Nessuno, neppure il più insignificante e inascoltato dei politici, ha il coraggio di condannare la guerra.
L’Italia indipendente e sovrana non è mai esistita. Non sono mai stato un ammiratore di Silvio Berlusconi. Ciò nonostante, ne riconosco i meriti, che sono molti e non soltanto circoscritti alla sua carriera di imprenditore. Quando, più di trent’anni fa (26 gennaio 1994), decise di entrare in politica, Silvio Berlusconi sapeva, grazie alla sua vicinanza con Bettino Craxi, che l’Italia era, come sempre stata e come è tutt’oggi, una nazione a sovranità limitata. Penisola protesa al centro del Mar Mediterraneo, sede di oltre 120 basi americane, l’Italia è sempre stata un protettorato e una colonia prima dell’impero britannico e poi degli Stati Uniti.
Come scrive Lucio Valent nella sua recensione del saggio di Piero Pastorelli, 17 marzo 1861, l’Inghilterra e l’unità d’Italia, il governo inglese aveva appoggiato con ogni mezzo, direttamente e indirettamente, l’impresa di Giuseppe (Joseph Marie) Garibaldi e, tramite questi, il processo di formazione del Regno d’Italia. Il viaggio verso la Sicilia, lo sbarco a Marsala, il passaggio dall’isola sulla terraferma, è risaputo, furono eventi favoriti dalla protezione accordata dalla flotta britannica. L’iniziativa garibaldina era guardata con favore da Londra non per ragioni sentimentali, ma per ben più solidi motivi strategici. Il governo inglese vi vide una preziosa opportunità per spezzare la tradizionale protezione austriaca (di fatto una sorta di egemonia militare) nei confronti dello Stato pontificio e del Regno di Napoli, oltre che una occasione per bloccare le note ambizioni napoleoniche nel continente. Nel suo saggio, Pastorelli documenta in modo convincente come Londra desiderasse un’Italia unita, capace di entrare nel sistema delle potenze europee e di svolgere un ruolo di punta in primo luogo nel Mediterraneo, dove sarebbe dovuta divenire un alleato utile a frenare le pulsioni espansioniste francesi e asburgiche, ponendo, inoltre, fine alla tradizionale amicizia coltivata dal Regno delle Due Sicilie con la Russia zarista. Una scelta strategica, questa, che allargava il concerto europeo allo scopo di difendere la supremazia britannica su di esso.
E proprio il destino di Giuseppe Garibaldi, morto solo a Caprera, dovrebbe farci riflettere.
Italia Nazione a sovranità limitata, dunque, cosa che Silvio Berlusconi sapeva perfettamente.
Noi italiani siamo abituati da sempre alla mistificazione, ma non per questo ci siamo sempre comportati da servi. Emblematico l’episodio di Sigonella, in cui il Presidente del Consiglio Bettino Craxi tenne testa agli americani che volevano portare negli USA i dirottatori della Achille Lauro responsabili della morte di un passeggero.
Nell’ottobre del 1985, l’aereo egiziano con a bordo i dirottatori venne costretto dagli F14 Tomcat americani ad atterrare a Sigonella, per procedere all’arresto e al trasporto negli USA dei colpevoli. Tuttavia, del tutto inaspettatamente, una volta atterrato venne circondato da 30 avieri VAM (il Corpo di vigilanza aeronautica italiano) e 20 carabinieri che impedirono ai militari americani di salire a bordo. Pochi minuti dopo atterrarono – a luci spente e senza permesso della torre di controllo – anche due Lockheed C-141 Starlifter americani della Delta Force. I soldati delle forze speciali si diressero verso il Boeing egiziano per eseguire gli ordini ricevuti da Washington: prelevare i dirottatori e condurli nell’ala dell’aeroporto militare sotto il controllo statunitense. Circondarono i 50 italiani che presidiavano l’aereo invitandoli a deporre le armi, convinti che non vi sarebbe stata alcuna resistenza, ma Bettino Craxi ordinò all’Ammiraglio Fulvio Martini, capo del Sismi (Servizio informazioni e sicurezza militare), di assumere le operazioni militari per il rispetto della sovranità nazionale italiana. Mezz’ora più tardi, sulla pista di Sigonella arrivarono i rinforzi dei carabinieri chiamati dalle vicine caserme di Catania e Siracusa. I carabinieri circondarono a loro volta i militari americani che avevano circondato quelli italiani e puntarono le armi contro i marines.
La situazione di stallo durò diverse ore. L’Italia pretendeva che il caso fosse gestito dal proprio ordinamento giudiziario e che un regolare processo stabilisse eventualmente se estradare i dirottatori negli USA. Gli americani invece consideravano la questione un’operazione di polizia internazionale, disconoscendo la giurisdizione italiana. Il Presidente Ronald Reagan chiamò direttamente Bettino Craxi nel cuore della notte, ma il presidente del Consiglio italiano non si mosse dalle sue posizioni.
Con ogni probabilità, questo atto di coraggio costò a Bettino Craxi l’esilio ad Hammamet, perché ormai anche i più stupidi hanno compreso che Mani Pulite partì da un’operazione di intelligence americana.
Noi italiani siamo ingenui: europeisti anche quando è di tutta evidenza che in Europa siamo sempre stati bistrattati, filoamericani fino al midollo, impregnati di tutta la retorica kitsch hollywoodiana.
Guardando il capolavoro di Florian Henckel von Donnersmarck Le vite degli altri – in cui la Stasi spia in ogni istante i cittadini della DDR – pensiamo a quanto siamo stati fortunati a vivere sotto l’influenza americana, dimenticandoci completamente degli omicidi compiuti dalla CIA, delle stragi compiute con l’esplosivo proveniente dalle basi NATO o, più semplicemente, dell’impossibilità di esercitare una vera sovranità nazionale. E’ evidente: un esercito – il più potente del mondo – che abbia 120 basi militari in una piccola Nazione come la nostra non può non controllarla. La rete di telecomunicazioni, i circuiti delle carte di credito, tutti i sistemi informatici, le fonti di approvvigionamento energetico, l’esercito: tutto è saldamente controllato dagli americani e noi ne andiamo fieri: siamo una stirpe di camerieri, per non dire di cani fedelissimi, contenti se ogni tanto ci viene gettato un osso.
Tutto questo Silvio Berlusconi lo sapeva. Amico di Bettino Craxi, conosceva la lucidissima l’analisi di Aldo Moro: “Questo modo di essere dell'Europa, strettamente legata all'America e da essa condizionata, non varia con il mutare, in generale, degli assetti interni dei vari Paesi, come si riscontra nella fiducia parimenti accordata a governi laburisti e conservatori in Inghilterra come a governi socialdemocratici o democristiani in Germania Occidentale. Anzi qualche volta maggior favore è andato alle formule socialdemocratiche nell'affermarsi di un'idea logica di fondo produttivistica e tecnocratica Mittel-europea. È noto come questo indirizzo e questo spirito siano coltivati da libere organizzazioni paragovernative come la nota Trilateral”.
Morto Silvio Berlusconi, ci resta il nulla antropomorfo, quel tronfio figuro al quale la famiglia ha conferito l’incarico di tenere in vita Forza Italia.
Nessuno più parla di pace. Nessuno più ha a cuore l’interesse nazionale.
C’è stato un tempo in cui noi italiani vivevamo in una colonia americana, beatamente illusi di vivere in una Nazione sovrana. Oggi sappiamo che non ci è consentito vivere da uomini liberi.
Senza dignità, condannati a un declino inarrestabile, sempre più poveri, ci consoliamo con le solite coreografie da straccioni fortunati di abitare nel paese d’ ‘o sole.
Neanche uno dei nostri 600 parlamentari ha avuto il coraggio di sostenere la missione di pace di Viktor Orbàn. Io non riesco neanche più a indignarmi, non so voi.
di Alfredo Tocchi, Il Giornale d’Italia, 25 luglio 2024
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